La giornata di venerdì è passata con la maggioranza compatta sulle linee guida sulla scuola, ma il faro è sempre puntato sulla ministra pentastellata Lucia Azzolina. Laccordo è stato trovato, come gli ulteriori fondi da stanziare, grazie a un intervento diretto della Presidenza del Consiglio, ma le debolezze al ministero di viale Trastevere sono apparse sempre più evidenti a tutti, grillini compresi. Tanto da renderla il primo nome traballante in un possibile rimpasto settembrino di governo. Che lei sia lanello debole dellesecutivo è ormai noto anche alle opposizioni: la gestione delle scuole nellemergenza coronavirus ha attirato contro la ministra le ire di buona parte della società civile - dai presidi agli insegnanti agli stessi studenti - ma anche del governo. In particolare i dem, Nicola Zingaretti in testa, nei giorni scorsi sono intervenuti in modo deciso per chiedere che Azzolina si assumesse la responsabilità di fissare la data della ripartenza. Addirittura, il flemmatico Graziano Delrio ha commentato con insolita durezza: «Cosa avrei fatto se fossi stato ministro dellIstruzione? Avrei riaperto le scuole subito. Le avrei riaperte già a luglio con turni. Questa mancanza della scuola vale forse più della mancanza delle fabbriche e dei posti di lavoro. Senza scuola non cè futuro in questo Paese». Ora, se le linee guida dovessero rivelarsi un flop (come in molti già alla vigilia ipotizzano), la ragione per chiedere le dimissioni della grillina sarebbe automatica e plausibile. E allora si innescherebbe ciò a cui il ministro Dario Franceschini sta lavorando da mesi: un rimpasto di governo che dia nuovo ossigeno allesecutivo, per farlo durare fino alla fine della legislatura. Tra i nomi in bilico ci sarebbero anche quello della dem Paola de Micheli, ministra delle Infrastrutture impantanata nel dossier bollente di Autostrade e nel piano per le opere pubbliche. Anche la titolare del Lavoro, Nunzia Catalfo sarebbe in affanno: tentennante sulla cassa integrazione e sugli ammortizzatori che stentano a partire. Per ora e per i prossimi mesi, tuttavia, il diktat di Palazzo Chigi è di chiudersi a riccio, difendendo tutti i ministri. A settembre, mese delle regionali, potrà invece aprirsi lo spiraglio giusto. Le regionali su cui Pd, Iv e 5 Stelle si stanno scontrando per cercare lunità - saranno lago della bilancia per il rimpasto. Grazie a quel voto, ragiona Conte, si ridisegneranno ulteriormente i rapporti di forza nella maggioranza, dando la spinta per eventuali cambi ai vertici dei dicasteri. Settembre, tuttavia, è lontano. Sulla strada dellEsecutivo ci sono ancora il voto sul Mes a luglio e il decreto Rilancio e allora sarà il Parlamento a dover dar prova di compattezza, soprattutto al Senato.