«In carcere non vediamo i nostri figli piccoli da mesi, aiutateci!». A scriverlo, con una lettera indirizzata a Rita Bernardini del Partito Radicale, sono gli studenti universitari del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. Mentre il mondo libero ha riaperto tutte le attività, riportando i cittadini a una vita normale, rispettando ovviamente la sicurezza per evitare di essere contagiati dal coronavirus, gli istituti penitenziari ancora hanno fortissime limitazioni. Oggi, infatti, è possibile fare solo un colloquio al mese con una persona adulta. «Carissima Rita, siamo un gruppo di studenti universitari del reparto di Rebibbia. Vorremmo portarti a conoscenza – scrivono rivolgendosi alla Bernardini – della problematica relativa ai nostri figli, moltissimi in tenera età, che non vedono i propri genitori detenuti da molti mesi in quanto impossibilitati a fare ingresso in istituto, causa emergenza Covid 19». I detenuti scrivono, appunto, che possono entrare solo gli adulti per un ora al mese e sottolineano che tutto questo accade mentre fuori tutti hanno riaperto e i bambini possono andare al parco, in spiaggia e al ristornate. Ma nello stesso tempo «non possono incontrare i propri genitori – scrivono i detenuti di Rebibbia alla dirigente radicale – e quindi con gravi ripercussioni…Ti sembra giusto?». Per questo, ora, hanno deciso di lanciare una iniziativa per sensibilizzare le istituzioni di questo problema. Un problema ben conosciuto da chi si occupa in prima fila dei bambini che hanno i genitori in carcere.

La conferenza sull'affettività in carcere

Proprio ieri c’è stata una conferenza europea sul tema dell’affettività dove sono intervenuti, tra gli altri, il Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia, la Garante nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, Filomena Albano, il Capo del Dipartimento della giustizia minorile e comunità Gemma Tuccillo, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Mauro Palma, la Past President della rete Cope (Children of Prisoners Europe), Lucy Gampell e la Presidente di Bambinisenzasbarre, Lia Sacerdote.La domanda chiave parte dalla Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti e dalla Raccomandazione Europea Cm/Rec (2018) per riflettere sul carcere, diffondere le esperienze positive in atto e contribuire a costruire un sistema penitenziario più umano, giusto e resiliente. Ogni anno l'associazione Bambinisenzasbarre Onlus, all'interno della Campagna europea “Non è un mio crimine ma una mia condanna”, promossa dal network europeo Cope (Children of Prisoners Europe) di cui Bambinisenzasbarre è membro per l'Italia e nel board, promuove la campagna italiana “Carceri aperte”, in collaborazione con il Dap per portare all'attenzione il tema della relazione figli-genitori detenuti e organizza in ogni istituto penitenziario dei momenti speciali per le famiglie durante tutto il mese di giugno.Il tema guida della Campagna è il mantenimento della relazione figli-genitori detenuti, diritto rappresentato dalla Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti e la sua applicazione in questi anni nel sistema penitenziario.

La campagna carceri aperte

Quest'anno la Campagna di giugno "Carceri Aperte", a causa dell'emergenza Covid-19, è diventata "In attesa di Carceri Aperte, figli-genitori connessi". È partita il 26 maggio con la Videoconferenza europea di apertura.«L'emergenza Covid-19 ha imposto un blocco anche nel percorso di buone pratiche e procedure aderenti alla Carta attuate nelle carceri italiane. È un blocco - ha affermato Lia Sacerdote, presidente di Bambinisenzasbarre - che ci auguriamo rimanga temporaneo, per non disperdere tutto il lavoro di questi ultimi vent'anni. Il lavoro di monitoraggio previsto dalla Carta ci consentirà di presidiare il dopo Covid e contribuire a mantenere ciò che di positivo l'emergenza ha reso necessario, come l'aumento di contatti con le videochiamate, e le iniziative a distanza introdotte a sostegno integrando e potenziando le buone pratiche consolidate. Nell'emergenza del "distanziamento sociale" la linea guida è stata quindi, non "distanza sociale" ma "socializzazione della distanza"». Durante la Campagna europea, in particolare in giugno, nel periodo di blocco e post-blocco causato dal Covid-19, Bambinisenzasbarre ha attivato e portato avanti varie iniziative per sostenere, a distanza, le famiglie colpite dai genitori detenuti.