Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento del segretario dell’Associazione nazionale forense.

Nessuno parla della riforma della professione di avvocato. In queste due ultime settimane, il presidente del Consiglio ha annunciato l’avvio degli Stati generali per far ripartire il Paese. Il ministro della Giustizia ha annunciato le riforme dell'ordinamento giudiziario, del processo civile e di quello penale e, da ultimo, economisti, giudici e avvocati insieme, hanno proposto misure d’impatto per ridurre i tempi della giustizia civile. Di tutto questo sicuramente si discuterà, ma del futuro degli avvocati nulla è dato sapere.

La nostra professione deve essere ridisegnata con un intervento del legislatore immediato, serio, di largo respiro.

Nessuno parla della riforma della nostra professione. In queste due ultime settimane, il presidente del Consiglio ha annunciato l’avvio degli “stati generali” per far ripartire il paese Italia, il ministro della Giustizia ha annunciato le riforme dell’ordinamento giudiziario, del processo civile e di quello penale e, da ultimo, economisti, giudici e avvocati insieme, sulle pagine di un quotidiano nazionale, hanno proposto misure d’impatto per ridurre i tempi della giustizia civile. Di tutto questo sicuramente si discuterà, ma del futuro degli avvocati nulla è dato sapere.

Certo, è stato riproposto il tema dell’Avvocato in Costituzione, ma più per rispondere alla crisi della magistratura e del Csm che per una reale volontà di riformare strutturalmente la professione. Riconoscere agli avvocati, sia pure tra mille discussioni e superate ipocrisie ( su tutte, la nozione europea di “professione” quale “servizio”), il reddito di ultima istanza e le altre misure contenute nella legislazione emergenziale del Covid- 19 ha significato unicamente alleviare gli effetti della mancanza di un assetto e di un’organizzazione moderna della professione, per i quali la legge ordinamentale del 2012 - anche nel periodo dell’emergenza - si è rivelata ancora una volta inadeguata.

Il presente ed il futuro necessitano di prospettive e di una visione della professione che tenga conto di quanto accaduto nel recente passato e che non si esaurisca nelle ricette dell’equo compenso e dei minimi tariffari. In altre parole, la nostra professione deve essere ridisegnata con un intervento del legislatore immediato, serio, di largo respiro.

Inoltre, le difficoltà che sono emerse nel periodo di lockdown, i numeri dell’Avvocatura al 31.12.2019, i dati sugli oneri dichiarativi e contributivi e quelli delle domande per il reddito da ultima istanza evidenziano la necessità che la riforma strutturale della professione investa anche l’aspetto previdenziale. Non si può più far finta di niente rispetto ai 19.800 “colleghi” che nel 2019, per l’anno 2018, non hanno nemmeno inviato il Mod. 5 e ai 15.600 “colleghi” che hanno dichiarato reddito zero: è una questione che, come tante altre, va affrontata di petto e senza timori.

E allora, oggi più che mai occorre: 1. disciplinare la figura dell’avvocato dipendente da altro avvocato e le collaborazioni tra un avvocato e altro avvocato ( per questi ultimi, anche con un “Accordo Collettivo Nazionale Forense sulla disciplina del lavoro Autonomo”, da allegarsi al Ccnl per gli Studi Professionali, che ne disciplini il trattamento economico, i requisiti di forma e le fattispecie ritenute di maggiore rilevanza), con garanzie minime per tutti; 2. armonizzare tutte le norme oggi esistenti, dal punto di vista sostanziale ( L. 4/ 2013, L. 247/ 12, L. 183/ 11) e fiscale ( qualificare i redditi prodotti dalle società quali redditi di lavoro autonomo, estendere il regime forfettario alle aggregazioni), per agevolare le aggregazioni multidisciplinari professionali; 3. riconoscere rilevanza esterna alle “reti pure” tra professionisti con un adeguato sistema di pubblicità presso le Camere di Commercio; 4. riformare il sistema di accesso alla professione ( università, pratica ed esame di abilitazione); 5. introdurre un’idea di specializzazione realmente rispondente alle esigenze della società e degli avvocati e che si caratterizzi per la libertà di formazione e aggiornamento; 6. rivedere integralmente il regime delle incompatibilità con l’esercizio della professione; 7. incentivare i modelli di organizzazione e innovazione tecnologica degli studi; 8. ripensare il modello previdenziale forense interrogandoci se ancora convenga mantenere quello attuale o se sia opportuno ricorrere al modello contributivo o a modelli differenti per tipologie diverse di avvocatura; 9. ripensare l’obbligatorietà dell’iscrizione a Cassa Forense e le modalità di iscrizione all’albo e agli albi; 10. interrogarsi sulla possibilità che possano coesistere, come avviene per esempio in Inghilterra, diverse “figure” di avvocato; 11. riformare la legge ordinamentale del 31.12.2012, n. 247.

Molti di questi sono temi a noi cari e di essi si è discusso e si discute troppo poco, altri si sono imposti per le contraddizioni non più sostenibili; la novità oggi consiste nell’urgenza di approfondirli tutti e di intervenire con coraggio per evitare che la professione rimanga a lungo impantanata in limiti, lacci e lacciuoli che non le permettono di crescere in termini di autorevolezza, credibilità, prestazioni e redditi e di reagire efficacemente nei momenti di crisi e difficoltà.

* Segretario generale Anf - Associazione Nazionale Forense