L’interesse preminente è sempre quello del figlio, anche nel caso del genitore autore del reato di sottrazione di minore all’estero. Di conseguenza, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la pena accessoria prevista dall’articolo 574 bis del codice penale, che prevede la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale per il genitore condannato. Di conseguenza, spetterà ora al giudice penale valutare caso per caso se tale sospensione corrisponda all’interesse del figlio.

Nella sentenza n. 102 depositata ieri, la Consulta ha osservato come l’articolo del codice penale « precludeva al giudice la possibilità di valutare l’interesse del minorenne nel caso concreto, con conseguente violazione dell’art. 3 Cost.; e ciò anche in considerazione dell’impossibilità per il giudice, creata dalla medesima disposizione allora censurata, di assumere una determinazione che gli consentisse di tenere nel debito conto il preminente interesse morale e materiale del minore nel caso concreto».

Pur senza voler dimenticare che «il reato di sottrazione di minore all’estero sia particolarmente odioso e leda pesantemente i diritti del figlio, oltre che quelli dell’altro genitore, che ne è anch’esso vittima», tuttavia, «dal momento che la pena accessoria in questione incide in modo marcato sul diritto del figlio a mantenere un rapporto con entrambi i genitori», la Corte ha escluso che sia ragionevole considerarla «sempre e necessariamente la soluzione ottimale per il minore». Di conseguenza, l’applicazione della pena accessoria potrà avvenire solo qualora risponda nel concreto, secondo la valutazione del giudice e anche alla luce dei fatti successivi al reato, all’interessi del minore. I giudici costituzionali, infatti, hanno osservato che, nel caso concreto, è ben possibile che «il mantenimento del rapporto con il genitore autore della sottrazione o trattenimento all’estero non risulti pregiudizievole per il minore, e anzi corrisponda a un suo preciso interesse, che lo Stato avrebbe allora il dovere di salvaguardare in via preminente rispetto alle stesse esigenze punitive nei confronti di chi abbia violato la legge penale». Anche perchè, osserva la Corte, la pena accessoria diventa effettiva solo al momento del passaggio in giudicato della sentenza penale e questo spesso significa molti anni dopo i fatti. Tale valutazione di carattere generale, per altro, collima proprio con il caso che ha generato il giudizio di costituzionalità. Nella fattispecie, l’autrice del reato di sottrazione di minore all’estero era una madre che aveva portato con sè i figli in Austria, senza l’autorizzazione del padre dei ragazzi. Tuttavia, le stesse autorità italiane competenti nei procedimenti civili paralleli a quello penale analizzato dalla Consulta avevano stabilito che il figlio minorenne continuasse a vivere in Austria con la madre. I giudici, infine, hanno sottolineato come spetterà eventualmente al Parlamento riconsiderare, nel quadro di una sempre possibile riforma della disciplina vigente, se il giudice penale sia davvero il più idoneo ad assumere una tale decisione, nel preminente interesse del minore.