A due settimane dalla liberazione la gestione e le reazioni alla vicenda di Silvia Romano offrono uno spettacolo desolante.
Tutti, dal governo alle forze politiche alla società civile hanno mostrato il loro peggio, l’incapacità di trattare questa storia in termini razionali al di fuori dei pregiudizi ideologici e della propria convenienza immediata. Per primo ha cominciato il governo con lo show pubblicitario del Presidente del Consiglio all’aeroporto, in una vicenda che andava invece trattata con basso profilo e con stile senza esporre la giovanissima vittima e senza cercare di ottenere dal rilascio uno score politico. Il caso avrebbe dovuto essere trattato con understatement esattamente come il rilascio, in vari momenti in questi ultimi anni, di alcuni tecnici italiani a lungo sequestrati in paesi dell’Africa: ma quei poveretti, alcuni dei quali in Libia sono stati anche uccisi, non erano utilizzabili e ideologicamente appetitosi e il potenziale fatturato politico del loro arrivo era troppo basso. In sostanza il Presidente del Consiglio e le altre autorità presenti a pochi metri dalla scaletta dell’aereo hanno organizzato uno spettacolo di cattivo gusto non meno di quello inscenato da Matteo Salvini il giorno dell’arrivo di Battisti in Italia.
Non di meglio ha fatto Di Maio, titolare della delega ai Servizi, al quale, intervistato, “non risulta” il pagamento di un riscatto come se ai terroristi di Al Shabaab potesse essere sufficiente che la loro vittima imparasse a leggere il Corano. La legge che vieta al pagamento dei riscatti in caso di sequestro è ovviamente cosa diversa ed è diretta soprattutto ai familiari mentre è evidente che il pagamento di un riscatto all’estero è un atto politico e come tale di Governo, finalizzato a salvare connazionali in pericolo. E’ giusto che sia così, recuperare i nostri connazionali è un dovere, ma è ipocrisia politica negare che questo ha un prezzo e tutti sappiamo come quel denaro sarà impiegato. Anche la ONLUS di Fano a gestione familiare che ha mandato allo sbaraglio la sua volontaria ha fatto del suo peggio. La fame di amore se non governata dall’intelletto, dall’esperienza, dall’organizzazione può provocare, lo insegna la storia, danni enormi. Dalla ragazza caduta in un meccanismo più grande di lei si sarebbe di certo potuto aspettare immediati e più calorosi ringraziamenti alle nostre istituzioni che l’hanno salvata più che messaggi agli amici e ai Musulmani d’Italia. La vicenda della sua conversione è d’altra parte una triste storia di subornazione, molto frequente nell’Islam e speriamo che in futuro ella si renda conto di aver voluto presentarsi in Italia nel vestito sacco che, come hanno ricordato esule somale come Maryan Ismail, è il simbolo di quel anche poco di libertà che le donne hanno perso negli ultimi anni da quando in Somalia si è diffuso l’islamismo politico.
Quanto alle forze di sinistra e al mondo della società civile da sempre islamofile non meno di quanto siano antiisraeliane, hanno acclamato Silvia come un’eroina, senza essere capaci di riflettere sulla vicenda, che è una vittoria di chi odia ogni forma di progresso. Vittima di certo Silvia lo è ma forse non un’eroina.
Aisha, così si fa chiamare con il nome della sposa di nove anni del profeta – guerriero Maometto, non è Asia una donna pakistana con un nome simile ma che ben pochi ricordano. Asia Bibi condannata a morte per blasfemia per aver bevuto ad una fonte riservata alle donne musulmane è stata sequestrata per quasi 10 anni nelle buie celle pakistane in attesa dell’esecuzione. Non si è mai convertita e non ha mai tradito la sua fede per salvarsi. È stata fortunatamente sottratto alla morte nel 2019 grazie ad una campagna in suo favore del governo del Canada che l’ha accolta in quel paese dopo la sua liberazione. Per Asia nessuno in Italia ha protestato, sfilato o acclamato per la sua liberazione, nessun “progressista” soprattutto. Per lei assoluta indifferenza.
Quanto alla destra populista, quella che dice “aiutiamoli a casa loro” ma personalmente credo che non voglia aiutare nessuno nè qui ne là, le parole di alcuni deputati sono tra il peggio si possa sentire in un’aula, espressione, della politica volgare e malata di oggi che ha per fine solo colpire immediatamente il presunto avversario. Non vi è da stupirsi che intorno a questo degrado della politica proliferino specularmente gli haters con i loro messaggi, più insulti in verità che minacce, frutto dell’ipercomunicazione di oggi in cui scemenze che sino a poco tempo fa venivano solo sentite da quattro persone davanti al banco di un bar raggiungono in tempo reale migliaia di altri soggetti simili in tutta Italia.
Vi sarebbe solo da sperare che questa fiera del peggio non si ripeta in futuro moltiplicando di nuovo il danno politico- culturale di eventuali casi analoghi. Ma vi è da dubitarne. Ideologie, convenienze ed emozioni prevalgono quasi sempre sulla ragione e sulla laicità del pensiero.
Silvia, il governo, la Onlus, l’opposizione. Che sequela di errori alla fiera del peggio
A due settimane dalla liberazione la gestione e le reazioni alla vicenda di Silvia Romano offrono uno spettacolo desolante.
Tutti, dal governo alle forze politiche alla società civile hanno mostrato il loro peggio, l’incapacità di trattare questa storia in termini razionali al di fuori dei pregiudizi ideologici e della propria convenienza immediata. Per primo ha cominciato il governo con lo show pubblicitario del Presidente del Consiglio all’aeroporto, in una vicenda che andava invece trattata con basso profilo e con stile senza esporre la giovanissima vittima e senza cercare di ottenere dal rilascio uno score politico. Il caso avrebbe dovuto essere trattato con understatement esattamente come il rilascio, in vari momenti in questi ultimi anni, di alcuni tecnici italiani a lungo sequestrati in paesi dell’Africa: ma quei poveretti, alcuni dei quali in Libia sono stati anche uccisi, non erano utilizzabili e ideologicamente appetitosi e il potenziale fatturato politico del loro arrivo era troppo basso. In sostanza il Presidente del Consiglio e le altre autorità presenti a pochi metri dalla scaletta dell’aereo hanno organizzato uno spettacolo di cattivo gusto non meno di quello inscenato da Matteo Salvini il giorno dell’arrivo di Battisti in Italia.
Non di meglio ha fatto Di Maio, titolare della delega ai Servizi, al quale, intervistato, “non risulta” il pagamento di un riscatto come se ai terroristi di Al Shabaab potesse essere sufficiente che la loro vittima imparasse a leggere il Corano. La legge che vieta al pagamento dei riscatti in caso di sequestro è ovviamente cosa diversa ed è diretta soprattutto ai familiari mentre è evidente che il pagamento di un riscatto all’estero è un atto politico e come tale di Governo, finalizzato a salvare connazionali in pericolo. E’ giusto che sia così, recuperare i nostri connazionali è un dovere, ma è ipocrisia politica negare che questo ha un prezzo e tutti sappiamo come quel denaro sarà impiegato. Anche la ONLUS di Fano a gestione familiare che ha mandato allo sbaraglio la sua volontaria ha fatto del suo peggio. La fame di amore se non governata dall’intelletto, dall’esperienza, dall’organizzazione può provocare, lo insegna la storia, danni enormi. Dalla ragazza caduta in un meccanismo più grande di lei si sarebbe di certo potuto aspettare immediati e più calorosi ringraziamenti alle nostre istituzioni che l’hanno salvata più che messaggi agli amici e ai Musulmani d’Italia. La vicenda della sua conversione è d’altra parte una triste storia di subornazione, molto frequente nell’Islam e speriamo che in futuro ella si renda conto di aver voluto presentarsi in Italia nel vestito sacco che, come hanno ricordato esule somale come Maryan Ismail, è il simbolo di quel anche poco di libertà che le donne hanno perso negli ultimi anni da quando in Somalia si è diffuso l’islamismo politico.
Quanto alle forze di sinistra e al mondo della società civile da sempre islamofile non meno di quanto siano antiisraeliane, hanno acclamato Silvia come un’eroina, senza essere capaci di riflettere sulla vicenda, che è una vittoria di chi odia ogni forma di progresso. Vittima di certo Silvia lo è ma forse non un’eroina.
Aisha, così si fa chiamare con il nome della sposa di nove anni del profeta – guerriero Maometto, non è Asia una donna pakistana con un nome simile ma che ben pochi ricordano. Asia Bibi condannata a morte per blasfemia per aver bevuto ad una fonte riservata alle donne musulmane è stata sequestrata per quasi 10 anni nelle buie celle pakistane in attesa dell’esecuzione. Non si è mai convertita e non ha mai tradito la sua fede per salvarsi. È stata fortunatamente sottratto alla morte nel 2019 grazie ad una campagna in suo favore del governo del Canada che l’ha accolta in quel paese dopo la sua liberazione. Per Asia nessuno in Italia ha protestato, sfilato o acclamato per la sua liberazione, nessun “progressista” soprattutto. Per lei assoluta indifferenza.
Quanto alla destra populista, quella che dice “aiutiamoli a casa loro” ma personalmente credo che non voglia aiutare nessuno nè qui ne là, le parole di alcuni deputati sono tra il peggio si possa sentire in un’aula, espressione, della politica volgare e malata di oggi che ha per fine solo colpire immediatamente il presunto avversario. Non vi è da stupirsi che intorno a questo degrado della politica proliferino specularmente gli haters con i loro messaggi, più insulti in verità che minacce, frutto dell’ipercomunicazione di oggi in cui scemenze che sino a poco tempo fa venivano solo sentite da quattro persone davanti al banco di un bar raggiungono in tempo reale migliaia di altri soggetti simili in tutta Italia.
Vi sarebbe solo da sperare che questa fiera del peggio non si ripeta in futuro moltiplicando di nuovo il danno politico- culturale di eventuali casi analoghi. Ma vi è da dubitarne. Ideologie, convenienze ed emozioni prevalgono quasi sempre sulla ragione e sulla laicità del pensiero.
* magistrato
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