Dovrebbe essere finalmente arrivato il momento della nascita del nuovo governo israeliano, il più travagliato forse da sempre. Tanto travagliato da aver incontrato ostacoli e rinvii anche quando tutto era ormai nella fase della pura formalizzazione. Il governo infatti avrebbe dovuto giurare giovedì scorso, ma forti dissidi interni al partito del Likud in merito all’assegnazione dei posti di governo hanno costretto a rinviare tutto di qualche giorno. E non che fino a lì il cammino fosse stato tranquillo. Questo governo infatti non è il frutto di una tornata elettorale, ma di ben tre successivi ricorsi anticipati alle urne che non avevano portato alla formazione di alcun governo. E così era andata anche nelle ultime elezioni parlamentari. Il blocco di destra coalizzato intorno al Likud dell’inossidabile premier Bibi Netanyahu aveva sempre pareggiato il risultato con lo sfidante, il neonato partito di centro-centrosinistra Blu e Bianco guidato dal generale Benny Gantz. Nessuna delle due coalizioni è mai riuscita a raccogliere sufficienti consensi per avere la maggioranza alla Knesset, il Parlamento israeliano. Gantz alla fine aveva raccolto un risicatissimo e molto composito consenso per un governo di centro-sinistra che includesse i partiti arabi, ma poi di fatto non è riuscito a concretizzare quella ipotesi proprio per l’eccessiva differenza tra le troppe parti in causa. Così alla fine dopo una prolungata contrapposizione frontale con Netanyahu è proprio con un governo di emergenza tra i due rivali che si è andata a concludersi la faccenda. Un governo che prevede una staffetta fra i due leader, e consente di iniziare al primo ministro in carica Benjamin Netanyahu. Che non a caso è soprannominato il mago, e infatti è riuscito a realizzare un nuovo miracolo sulla scena politica israeliana. Dopo cinquecento giorni alla guida di un governo di transizione e tre elezioni, Netanyahu ottiene il quarto mandato consecutivo (il quinto in totale). Dato più volte per spacciato, sarà invece il primo ministro più longevo in assoluto nella storia di Israele, e siederà da premier quando si ritroverà davanti ai giudici per discutere le cause per corruzione che avrebbero dovuto azzopparlo definitivamente. Netanyahu sarà dunque premier per altri 18 mesi, poi passerà il campanello a Benny Gantz, al momento vicepremier e ministro della Difesa. Visto che il governo nasce per fronteggiare l’emergenza Covid, peserà molto il ministero della Sanità, e Netanyahu l’ha assegnato a un suo fedelissimo, Yuli Edelstein. Agli Esteri andrà l'ex capo di stato maggiore Gabi Askenazi dello stesso partito di Gantz. In un governo che avrà numeri record le Finanze andranno al Likud, e in quota Blu e Bianco c’è invece posto per la prima volta per una donna originaria dell’Etiopia: Pnina Tamano-Shata è destinata a diventare il nuovo ministro dell'Immigrazione e dell'assorbimento (aliyah), lei che a tre anni fu portata in Israele dall’Etiopia con una operazione speciale per il trasferimento dei falasha, gli ebrei etiopi. Uno dei temi più caldi per il nuovo governo è quello dell’annessione formale delle colonie che si trovano in Cisgiordania. È una delle promesse di Netanyahu e fa parte del piano di pace dell’Amministrazione Trump. Secondo l’accordo di coalizione, il processo di annessione può iniziare dal 1° luglio. Gantz ha detto che si potrà procedere ma solo in accordo con la comunità internazionale. La Giordania e la Turchia sono state tra le prime a reagire condannando i piani di annessione e arrivando a sostenere che «Tutte le opzioni sono aperte».