Milano è considerata la città più “smart” d’Italia con ottime performance in ogni ambito: dalla vivibilità e vitalità urbana alla qualità del capitale umano e sociale, dall’accessibilità e mobilità alla produttività brevettuale, dalla qualificazione degli occupati e concentrazione delle attività di ricerca e sviluppo al dinamismo del credito, dall'impiego diffuso delle nuove tecnologie di comunicazione all’intensità del flusso di visitatori stranieri per motivi di lavoro.

Tutto questo prima che l’emergenza Covid- 19 sparigliasse le carte con il blocco totale della città e il triste primato di morti e contagiati della regione Lombardia. A due mesi dallo scoppio dell’epidemia Milano presenta ancora l’unica curva ascendente nel numero di contagi e non si intravede la significativa inversione di rotta che caratterizza positivamente gli altri capoluoghi italiani. Il rischio che venga messa pericolosamente in ginocchio la locomotiva d’Italia e venga compromesso il brand consolidato della città dell’Expo, della post- industrializzazione e della rivoluzione dell’attrattività urbana è prominente.

La città ha impostato da subito restrizioni maggiori di altri contesti, come la chiusura dei mercati rionali all’aperto e dei parchi pubblici e secondo una classifica dell'Economist i cittadini milanesi sono quelli che a livello mondiale hanno ridotto di più gli spostamenti: data 100 la quantità di trasferimenti in un periodo normale, Milano in questi giorni risulta pari a 3, con una riduzione complessiva che si attesta al 97%.

Ma se i cittadini milanesi risultano campioni del mondo di “lockdown” e la città è la più virtuosa al mondo nel rispetto delle restrizioni, come si giustifica la continua diffusione del virus? Gli esperti lasciano intendere che la grande metropoli è infestata di focolai domestici difficili da individuare e circoscrivere proprio a causa delle dimensioni e della densità abitativa. Come New York e Londra, città ricche ma pesantemente contaminate. Il rinvio al 2021 del Salone del Mobile è stata una decisione sofferta e un durissimo colpo visto l’enorme business e indotto che la fiera dell’arredo più importante al mondo porta a Milano ogni anno. Parliamo di 120 milioni di euro per il solo Salone del Mobile. E di altri 250 milioni se si aggiungono i proventi per lo spostamento, accoglienza e sostentamento dei visitatori che, nel 2019, sono stati oltre 380mila, senza contare tutto quello che ruota intorno al Fuorisalone.

Milano è il principale centro finanziario del Paese nonché sede della Borsa valori italiana ed è riconosciuta come uno dei più importanti poli economici d'Europa appartenendo al cosiddetto “Pentagono Industriale” insieme a Londra, Parigi, Amburgo e Monaco di Baviera. Vanta inoltre il reddito pro- capite nazionale più alto e contribuisce al 10,3% del PIL nazionale.

E’ beninteso che se Milano resta indietro a rimetterci sarà l’Italia intera. Secondo un rapporto dell'Institute for Economic Research ( Ifo) con una chiusura prolungata delle attività produttive il nostro Paese arriverà a perdere tra i 143 e i 240 miliardi di euro che sfioreranno i 350 se lo shutdown dovesse estendersi fino al terzo mese.

Equivarrebbe ad una perdita complessiva di circa il 20% del pil nazionale. Ogni proroga aggiuntiva di una settimana, secondo l’Ifo, avrebbe effetti in termini di perdite che variano in una forbice tra 14 e 27 miliardi di euro. Milano e la Lombardia si avviano alla riapertura graduale il 4 maggio avvalendosi del cosiddetto Piano Marshall che punta su operosità, sviluppo e sicurezza lavorando all'insegna delle 5 D ( Distanza, Dispositivi, Digitale, Diagnosi, Diritti). Atm farà in modo che l’accesso alla metropolitana sia contingentato, informando quando si giungerà al livello di saturazione e poi sulle carrozze e sui bus sarà segnalata sul pavimento e sui sedili la distanza da tenere e possibilmente anche nelle stazioni della metropolitana e alle fermate in strada.

Il sindaco Sala favorirà con incentivi la mobilità intelligente fatta di bicilette e monopattini e spingerà sulle aperture serali dei negozi per evitare affollamenti. E’ la risposta con i fatti della città di Milano che sente urgente l’esigenza di ripartire.

L'infettivologo Massimo Galli, docente della Statale di Milano e del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sacco, è convinto che la riapertura scaglionata e differenziata sia l'unica via prudente da percorrere dato che, secondo gli ultimi dati ufficiali, la Lombardia sarà molto probabilmente il fanalino di coda delle regioni italiane a registrare l’azzeramento dei contagi che si stima avverrà il 28 giugno preceduta, di un giorno, soltanto dalle Marche.