Si è aperto un dibattito sulla Costituzione e sui poteri di emergenza nella gestione della crisi Covid- 19. La Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia ha detto che “la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali”. Il Dubbio ha pubblicato ieri una intervista a Elena Boschi che parla di “scandalo costituzionale”, Matteo Renzi chiede che si smetta di governare con Dpcm. Nel Pd è cauto Zingaretti, ma Stefano Ceccanti presenta un emendamento per introdurre il parere preventivo del Parlamento sui Dpcm. Insomma, a più voci si chiede di ripristinare la pratica parlamentare e la Costituzione. Ce n’è abbastanza per provare a interrogarsi su due questioni. A cosa serve una Costituzione? I poteri eccezionali sono compatibili con la pratica costituzionale? Cominciamo con la prima questione. Già Giovanni Sartori sosteneva il valore garantista di una Costituzione. La Costituzione mette i paletti ai poteri del governo, l’emergenza li rispetti
Si è aperto un dibattito sulla Costituzione e sui poteri di emergenza nella gestione della crisi Covid- 19. La Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia ha detto che “la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali”. Il Dubbio ha pubblicato ieri una intervista a Elena Boschi che parla di “scandalo costituzionale”, Matteo Renzi chiede che si smetta di governare con DPCM. Nel PD, cauto Zingaretti, ma Stefano Ceccanti presenta un emendamento per introdurre il parere preventivo del parlamento sui DPCM. Insomma, a più voci si chiede di ripristinare la pratica parlamentare e la Costituzione.
Ce n’è abbastanza per provare a interrogarsi su due questioni. A cosa serve una costituzione? I poteri eccezionali sono compatibili con la pratica costituzionale? Cominciamo con la prima questione. Già Giovanni Sartori sosteneva il valore garantista di una costituzione. Le costituzioni sono importanti nella lotta per il potere, perché i costi della competizione democratica, quelli di inclusione e di esclusione dal governo, sono fissati proprio dalle costituzioni. Queste limitano il raggio dell’azione del governo ( cosa può fare) e fissano pro tempore il suo esercizio ( per quanto si può governare). Sono questi i due vincoli principali che le costituzioni pongono ai governi, senza di essi è impossibile il calcolo delle conseguenze politiche della sconfitta. In democrazia, dunque, il controllo su coloro che detengono il potere è semplicemente negativo, consiste nella limitazione del raggio d’azione dell’autorità politica e nella minaccia della revoca del mandato di governo. L’essenza del costituzionalismo, come chiariva bene Carl J. Friedrich decenni fa, è quindi esplicitata: una limitazione del potere e dell’azione governativa, attraverso regole, che responsabilizzano il governo.
Questa premessa risolve già la seconda questione. In democrazia non si può ( non si dovrebbe) governare al di fuori dei limiti fissati dalla costituzione. Il problema è che l’emergenza è una situazione nella quale il potere pretende di essere legittimato a non rispettare più le limitazioni costituzionali. Attenzione: questa pretesa può riguardare tanto il rispetto del raggio dell’azione di governo ( cosa ordina di fare il governo) che la “tempistica” del mandato a governare ( il regolare timing elettorale). Non so se qualcuno ci ha pensato, ma che ne sarà delle prossime scadenze elettorali, se dovessero essere mantenuti le attuali restrizioni alle libertà individuali? I comizi elettorali – come si chiamavano una volta – sono assembramenti abbastanza caotici di persone, i seggi elettorali sono luoghi di promiscuità e vicinanza fisica. I poteri d’emergenza e l’eccezionalità saranno invocati come giustificazione per l’eventuale rinvio delle scadenze elettorali?
Tremano i cuori a pensarci e sicuramente non succederà. Ma soffermiamoci sulla prima “violazione” costituzionale dell’esercizio dei poteri di emergenza, quella che comporta il mancato rispetto del raggio dell’azione del governo. Vi sono due aspetti che si possono richiamare. Il primo riguarda la definizione stessa di emergenza, che naturalmente sfugge a qualsiasi rigore terminologico. Da un lato, l’emergenza è una percezione psicologica, una reazione suscitata dall’osservazione di un fenomeno e dal valore ( positivo/ negativo) che l’osservatore gli attribuisce. Siamo in presenza di un ragionare circolare e auto- confermatorio: chi osserva dichiara un’emergenza, in base a valori da egli stesso selezionati. Non sfugge a questa contraddizione Carl Schmitt, che definiva “sovrano” colui che decide in condizioni d’eccezionalità, quando la comparsa di un nemico porta gli amici ad unirsi. Chi individua il nemico?, e in base a quali valori? Gli italiani, un po’ pateticamente, si sono convinti che Covid- 19 è il nemico e si consolano cantando Bella ciao dai balconi. Un discreto esempio di manipolazione di massa.
L’altro aspetto riguarda le previsioni costituzionali dei poteri d’eccezionalità. La forma costituzionalizzata di questi poteri, come è noto, è il decreto con valore esecutivo. La Costituzione italiana ammette la decretazione ( art. 77), ma impone la presentazione immediata al parlamento per la conversione legislativa e – a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale nel 1996 – non ne consente la reiterazione. Facile richiamare casi storici. L’art. 48 della Costituzione di Weimar ( un caso moderno di “dittatura commissariata”) fu utilizzato dai presidenti, perfino dal socialdemocratico Friedrich Ebert, per governare la crisi economica e la gestione ordinaria degli affari politici. L’art. 16 della Costituzione della V Repubblica francese consente al presidente di avocare a sé tutte le funzioni esecutive, ma non ha avuto ad oggi rilevante applicazione.
Dal 1970 al 1973, Salvador Allende governa in Cile a forza di decreti, e sappiamo come andò a finire. In genere, nelle democradure latino- americane e ora asiatiche i presidenti decretano, con le conseguenze che conosciamo quanto a stabilità della democrazia. L’uso dei poteri d’eccezionalità sospende la democrazia, questo uso è proclamato dal potere in base a valori imposti o presentati in modo manipolatorio come universali. Non è questo il senso del funzionamento costituzionalmente garantito della democrazia.
* professore ordinario di Scienza della Politica presso l’Università di Trieste
Costituzione e strappi d’emergenza
Si è aperto un dibattito sulla Costituzione e sui poteri di emergenza nella gestione della crisi Covid- 19. La Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia ha detto che “la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali”. Il Dubbio ha pubblicato ieri una intervista a Elena Boschi che parla di “scandalo costituzionale”, Matteo Renzi chiede che si smetta di governare con Dpcm. Nel Pd è cauto Zingaretti, ma Stefano Ceccanti presenta un emendamento per introdurre il parere preventivo del Parlamento sui Dpcm. Insomma, a più voci si chiede di ripristinare la pratica parlamentare e la Costituzione. Ce n’è abbastanza per provare a interrogarsi su due questioni. A cosa serve una Costituzione? I poteri eccezionali sono compatibili con la pratica costituzionale? Cominciamo con la prima questione. Già Giovanni Sartori sosteneva il valore garantista di una Costituzione. La Costituzione mette i paletti ai poteri del governo, l’emergenza li rispetti
Si è aperto un dibattito sulla Costituzione e sui poteri di emergenza nella gestione della crisi Covid- 19. La Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia ha detto che “la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali”. Il Dubbio ha pubblicato ieri una intervista a Elena Boschi che parla di “scandalo costituzionale”, Matteo Renzi chiede che si smetta di governare con DPCM. Nel PD, cauto Zingaretti, ma Stefano Ceccanti presenta un emendamento per introdurre il parere preventivo del parlamento sui DPCM. Insomma, a più voci si chiede di ripristinare la pratica parlamentare e la Costituzione.
Ce n’è abbastanza per provare a interrogarsi su due questioni. A cosa serve una costituzione? I poteri eccezionali sono compatibili con la pratica costituzionale? Cominciamo con la prima questione. Già Giovanni Sartori sosteneva il valore garantista di una costituzione. Le costituzioni sono importanti nella lotta per il potere, perché i costi della competizione democratica, quelli di inclusione e di esclusione dal governo, sono fissati proprio dalle costituzioni. Queste limitano il raggio dell’azione del governo ( cosa può fare) e fissano pro tempore il suo esercizio ( per quanto si può governare). Sono questi i due vincoli principali che le costituzioni pongono ai governi, senza di essi è impossibile il calcolo delle conseguenze politiche della sconfitta. In democrazia, dunque, il controllo su coloro che detengono il potere è semplicemente negativo, consiste nella limitazione del raggio d’azione dell’autorità politica e nella minaccia della revoca del mandato di governo. L’essenza del costituzionalismo, come chiariva bene Carl J. Friedrich decenni fa, è quindi esplicitata: una limitazione del potere e dell’azione governativa, attraverso regole, che responsabilizzano il governo.
Questa premessa risolve già la seconda questione. In democrazia non si può ( non si dovrebbe) governare al di fuori dei limiti fissati dalla costituzione. Il problema è che l’emergenza è una situazione nella quale il potere pretende di essere legittimato a non rispettare più le limitazioni costituzionali. Attenzione: questa pretesa può riguardare tanto il rispetto del raggio dell’azione di governo ( cosa ordina di fare il governo) che la “tempistica” del mandato a governare ( il regolare timing elettorale). Non so se qualcuno ci ha pensato, ma che ne sarà delle prossime scadenze elettorali, se dovessero essere mantenuti le attuali restrizioni alle libertà individuali? I comizi elettorali – come si chiamavano una volta – sono assembramenti abbastanza caotici di persone, i seggi elettorali sono luoghi di promiscuità e vicinanza fisica. I poteri d’emergenza e l’eccezionalità saranno invocati come giustificazione per l’eventuale rinvio delle scadenze elettorali?
Tremano i cuori a pensarci e sicuramente non succederà. Ma soffermiamoci sulla prima “violazione” costituzionale dell’esercizio dei poteri di emergenza, quella che comporta il mancato rispetto del raggio dell’azione del governo. Vi sono due aspetti che si possono richiamare. Il primo riguarda la definizione stessa di emergenza, che naturalmente sfugge a qualsiasi rigore terminologico. Da un lato, l’emergenza è una percezione psicologica, una reazione suscitata dall’osservazione di un fenomeno e dal valore ( positivo/ negativo) che l’osservatore gli attribuisce. Siamo in presenza di un ragionare circolare e auto- confermatorio: chi osserva dichiara un’emergenza, in base a valori da egli stesso selezionati. Non sfugge a questa contraddizione Carl Schmitt, che definiva “sovrano” colui che decide in condizioni d’eccezionalità, quando la comparsa di un nemico porta gli amici ad unirsi. Chi individua il nemico?, e in base a quali valori? Gli italiani, un po’ pateticamente, si sono convinti che Covid- 19 è il nemico e si consolano cantando Bella ciao dai balconi. Un discreto esempio di manipolazione di massa.
L’altro aspetto riguarda le previsioni costituzionali dei poteri d’eccezionalità. La forma costituzionalizzata di questi poteri, come è noto, è il decreto con valore esecutivo. La Costituzione italiana ammette la decretazione ( art. 77), ma impone la presentazione immediata al parlamento per la conversione legislativa e – a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale nel 1996 – non ne consente la reiterazione. Facile richiamare casi storici. L’art. 48 della Costituzione di Weimar ( un caso moderno di “dittatura commissariata”) fu utilizzato dai presidenti, perfino dal socialdemocratico Friedrich Ebert, per governare la crisi economica e la gestione ordinaria degli affari politici. L’art. 16 della Costituzione della V Repubblica francese consente al presidente di avocare a sé tutte le funzioni esecutive, ma non ha avuto ad oggi rilevante applicazione.
Dal 1970 al 1973, Salvador Allende governa in Cile a forza di decreti, e sappiamo come andò a finire. In genere, nelle democradure latino- americane e ora asiatiche i presidenti decretano, con le conseguenze che conosciamo quanto a stabilità della democrazia. L’uso dei poteri d’eccezionalità sospende la democrazia, questo uso è proclamato dal potere in base a valori imposti o presentati in modo manipolatorio come universali. Non è questo il senso del funzionamento costituzionalmente garantito della democrazia.
* professore ordinario di Scienza della Politica presso l’Università di Trieste
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