Quando si toccano diritti costituzionali il Parlamento dovrebbe sempre poter dire la sua
Anche in piena emergenza coronavirus il Presidente del Consiglio dovrebbe ricorrere sempre allo strumento del decreto- legge in modo che il provvedimento possa essere immediatamente sottoposto al controllo parlamentare per la sua conversione in legge.
Nell’impossibilità di presentare la Relazione sull’attività della Corte costituzionale nella tradizionale riunione alla presenza del Capo dello Stato, la Presidente Marta Cartabia ne ha portato i contenuti a conoscenza dell’opinione pubblica attraverso il ricorso ai canali multimediali. Filo conduttore della Relazione è il principio costituzionale di leale collaborazione tra le istituzioni interessate: magistratura, parlamento,governo, regioni. Nella Relazione si legge non solo come dovrebbe funzionare in maniera ottimale il principio di leale collaborazione tra queste istituzioni, ma tra le righe è facile individuare le situazioni – direttamente o indirettamente collegate al contagio da Coronavirus – in cui il principio non ha funzionato o comunque non è stato correttamente interpretato.
Il principio ha certamente funzionato in maniera ottimale tra la Corte e i giudici ordinari: dopo le resistenze della Cassazione, inizialmente addirittura contraria all’istituzione della Corte costituzionale, si è instaurato un proficuo e continuo dialogo tra i giudici ordinari e la Corte, che si sono dati la mano per depurare l’ordinamento dalle norme di legge incostituzionali in tutti i casi – purtroppo assai numerosi – in cui il legislatore ha omesso di sostituire di sua iniziativa le norme illegittime.
Al riguardo, Marta Cartabia ha opportunamente segnalato che, da una parte, anche le più alte giurisdizioni – Corte di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti – hanno sempre più spesso sollevato questioni di legittimità costituzionale; dall’altro che la Corte stessa ha assunto un atteggiamento meno formalistico circa il controllo dei requisiti di ammissibilità delle questioni sollevate dai giudici. Meno felici sono state le relazioni tra la Corte e il Legislatore.
Per evitare di invadere competenze proprie del Parlamento, Marta Cartabia ci ricorda che talvolta la Corte prima di dichiarare l’illegittimità di una norma che avrebbe poi comportato la sua sostituzione con varie soluzioni alternative rimesse alla discrezionalità del legislatore, è ricorsa alle c. d. “sentenze monito”. Con esse la Corte ha sollecitato il legislatore a dettare una disciplina costituzionalmente legittima, e solo dopo avere constatato la persistente inerzia del legislatore e la mancata attuazione del principio di leale collaborazione ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma, creando così un vuoto legislativo che ha costretto il Parlamento a intervenire in situazione di urgenza.
Per quanto concerne il principio di leale collaborazione tra governo e potere legislativo il Coronavirus ci offre un esempio di scottante attualità. Di fronte alle situazioni di emergenza provocate dal contagio, il Presidente del Consiglio dei Ministri sta intervenendo con frequenti ordinanze ( DPCM) che incidono anche profondamente su diritti costituzionali, ad esempio il diritto alla libera circolazione.
Ebbene, nel rispetto del principio di leale collaborazione il Presidente del Consiglio dovrebbe ricorrere sempre, originariamente e non solo successivamente, allo strumento del decreto- legge, in modo che il provvedimento possa essere immediatamente sottoposto al controllo parlamentare per la sua conversione in legge.
Anche in relazione ai rapporti tra regioni e governo centrale le risposte al Coronavirus non hanno sempre rispettato il principio di leale collaborazione. Alcune regioni stanno intervenendo a briglia sciolta per stringere o allargare le maglie del contrasto al contagio, contravvenendo all’esigenza che, di fronte alla gravità di una pandemia che è fenomeno nazionale, i provvedimenti a livello regionale siano sempre coordinati con l’amministrazione centrale e adottati con decreti del governo.
Mi piace concludere queste considerazioni richiamandomi alle espressioni di rimpianto con cui si apre la Relazione della Presidente della Corte. Marta Cartabia ricorda che il 2019 è stato l’anno in cui – sulla scia delle iniziative del precedente Presidente Giorgio Lattanzi la Corte non solo ha “aperto il Palazzo” al pubblico, ma è “uscita” per raggiungere i giovani nelle scuole e incontrare i detenuti nelle carceri, dando così inizio alla nuova stagione del “Viaggio in Italia” della Corte. La Presidente della Corte e tutti noi ci auguriamo che la Corte possa presto riprendere il suo il “Viaggio in Italia”.
Quando si toccano diritti costituzionali il Parlamento dovrebbe sempre poter dire la sua
Nell’impossibilità di presentare la Relazione sull’attività della Corte costituzionale nella tradizionale riunione alla presenza del Capo dello Stato, la Presidente Marta Cartabia ne ha portato i contenuti a conoscenza dell’opinione pubblica attraverso il ricorso ai canali multimediali. Filo conduttore della Relazione è il principio costituzionale di leale collaborazione tra le istituzioni interessate: magistratura, parlamento,governo, regioni. Nella Relazione si legge non solo come dovrebbe funzionare in maniera ottimale il principio di leale collaborazione tra queste istituzioni, ma tra le righe è facile individuare le situazioni – direttamente o indirettamente collegate al contagio da Coronavirus – in cui il principio non ha funzionato o comunque non è stato correttamente interpretato.
Il principio ha certamente funzionato in maniera ottimale tra la Corte e i giudici ordinari: dopo le resistenze della Cassazione, inizialmente addirittura contraria all’istituzione della Corte costituzionale, si è instaurato un proficuo e continuo dialogo tra i giudici ordinari e la Corte, che si sono dati la mano per depurare l’ordinamento dalle norme di legge incostituzionali in tutti i casi – purtroppo assai numerosi – in cui il legislatore ha omesso di sostituire di sua iniziativa le norme illegittime.
Al riguardo, Marta Cartabia ha opportunamente segnalato che, da una parte, anche le più alte giurisdizioni – Corte di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti – hanno sempre più spesso sollevato questioni di legittimità costituzionale; dall’altro che la Corte stessa ha assunto un atteggiamento meno formalistico circa il controllo dei requisiti di ammissibilità delle questioni sollevate dai giudici. Meno felici sono state le relazioni tra la Corte e il Legislatore.
Per evitare di invadere competenze proprie del Parlamento, Marta Cartabia ci ricorda che talvolta la Corte prima di dichiarare l’illegittimità di una norma che avrebbe poi comportato la sua sostituzione con varie soluzioni alternative rimesse alla discrezionalità del legislatore, è ricorsa alle c. d. “sentenze monito”. Con esse la Corte ha sollecitato il legislatore a dettare una disciplina costituzionalmente legittima, e solo dopo avere constatato la persistente inerzia del legislatore e la mancata attuazione del principio di leale collaborazione ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma, creando così un vuoto legislativo che ha costretto il Parlamento a intervenire in situazione di urgenza.
Per quanto concerne il principio di leale collaborazione tra governo e potere legislativo il Coronavirus ci offre un esempio di scottante attualità. Di fronte alle situazioni di emergenza provocate dal contagio, il Presidente del Consiglio dei Ministri sta intervenendo con frequenti ordinanze ( DPCM) che incidono anche profondamente su diritti costituzionali, ad esempio il diritto alla libera circolazione.
Ebbene, nel rispetto del principio di leale collaborazione il Presidente del Consiglio dovrebbe ricorrere sempre, originariamente e non solo successivamente, allo strumento del decreto- legge, in modo che il provvedimento possa essere immediatamente sottoposto al controllo parlamentare per la sua conversione in legge.
Anche in relazione ai rapporti tra regioni e governo centrale le risposte al Coronavirus non hanno sempre rispettato il principio di leale collaborazione. Alcune regioni stanno intervenendo a briglia sciolta per stringere o allargare le maglie del contrasto al contagio, contravvenendo all’esigenza che, di fronte alla gravità di una pandemia che è fenomeno nazionale, i provvedimenti a livello regionale siano sempre coordinati con l’amministrazione centrale e adottati con decreti del governo.
Mi piace concludere queste considerazioni richiamandomi alle espressioni di rimpianto con cui si apre la Relazione della Presidente della Corte. Marta Cartabia ricorda che il 2019 è stato l’anno in cui – sulla scia delle iniziative del precedente Presidente Giorgio Lattanzi la Corte non solo ha “aperto il Palazzo” al pubblico, ma è “uscita” per raggiungere i giovani nelle scuole e incontrare i detenuti nelle carceri, dando così inizio alla nuova stagione del “Viaggio in Italia” della Corte. La Presidente della Corte e tutti noi ci auguriamo che la Corte possa presto riprendere il suo il “Viaggio in Italia”.
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