La partita è durissima. Vede in conflitto avvocati e magistrati. E vede schierati, cosa non ordinaria, civilisti e penalisti in una nota congiunta. Un appello alla mobilitazione, firmato insieme da Gian Domenico Caiazza e Antonio de Notaristefani, presidenti, rispettivamente, dell’Unione Camere penali e dell’Unione nazionale Camere civili: «L’Avvocatura è chiamata a contrastare con la forza delle proprie iniziative l’intervento a gamba tesa di Anm», favorevole all’ulteriore adozione del processo da remoto fino a fine emergenza. L’intervento del “sindacato” delle toghe è, per Caiazza e de Notaristefani, «palesemente volto a sollecitare le spinte giustizialiste presenti nella maggioranza governativa». Il quadro è semplice. Venerdì alla Camera il governo ha accolto un ordine del giorno che chiede di limitare le udienze virtuali, e di escluderle per ogni attività istruttoria, nel civile e nel penale. Chiarissimo, come è chiara l’intenzione del ministro da cui dipende la partita, il guardasigilli Alfonso Bonafede: i suoi uffici sono già al lavoro per modificare le norme su udienze e indagini a distanza, in modo da recepire le indicazioni di Montecitorio. Saranno corrette dunque le disposizioni del decreto Cura Italia appena convertito in legge. Ed è proprio mentre il treno pareva in viaggio verso la stazione di arrivo, ossia una giustizia telematica attenuata, che l’Anm ha diffuso, domenica sera, un comunicato in cui chiede invece di mantenere in vigore quell’impianto, perché «è l’unica risposta adeguata» alla ripresa dell’attività negli uffici giudiziari». Secondo Unione Camere penali e Unione nazionale Camere civili, la giunta dell’Associazione magistrati si inserisce - «a gamba tesa» appunto - nella speranza di far cambiare idea al legislatore, e al governo, e di indurli a rinnegare l’ordine del giorno passato venerdì scorso alla Camera. A uno sguardo veloce, il tentativo attribuito alla Anm da Caiazza e de Notaristefani parrebbe non avere chances di successo. Il governo ha detto sì alla virata sul processo da remoto e Bonafede ha già chiesto ai tecnici di via Arenula di lavorare alle modifiche. Secondo alcuni parlamentari di maggioranza, le norme potrebbero essere introdotte anche prima del previsto, «in un prossimo ddl di conversione di uno dei decreti emanati per l’emergenza coronavirus. Anche perché», fa notare la fonte parlamentare, «se non lo facessimo noi lo farebbe sicuramente l’opposizione, per esempio Forza Italia che, con Costa, è molto vigile sul punto». Quindi tempi veloci, magari abbastanza da far entrare in vigore la virata sull’udienza virtuale in tempo per il 12 maggio, quando inizirà la fase 2 della giustizia. Ma allora, verrebbe da chiedrsi, perché Caiazza e de Notaristefani sono in allarme? Il motivo è semplice. Perché dopo l’ordine del giorno di Montecitorio, e pochi minuti dopo il comunicato di Anm, domenica c’è stato il discorso con cui Giuseppe Conte ha spento gli entusiasmi sulle “riaperture”. Il premier ha spiegato e illustrato un dpcm, in vigore dal 4 maggio, assai prudente rispetto all’emergenza covid. Distanziamento sociale confermato, cautele rigorose in tutte le attività pubbliche e private. In un simile quadro, assai lontano dalle aspettative generali coltivate solo fino a poche ore prima, si teme che l’esecutivo assecondi le richieste di Anm e si rifugi di nuovo nella scorciatoia del processo da remoto. Forse non finirà così. Ma Ucpi e Uncc vogliono scongiurare sorprese. La Anm, notano Caiazza e de Nortaristefani, «interviene in un momento delicato, nel quale gli operatori sono in attesa che il governo, che ha fatto proprie le richieste parlamentari, mantenga rapidamente gli impegni assunti almeno per la drastica limitazione del processo da remoto, escludendo da tale modalità – come richiesto dall’Avvocatura e da tanti autorevoli esponenti della Magistratura – qualsiasi attività di istruttoria dibattimentale e di discussione». Oltretutto sono tanti i capi degli uffici che, ricorda la nota, «in moltissime sedi giudiziarie» hanno già avviato «procedure per guidare la progressiva ripresa dell’attività secondo le ragionevoli proposte avanzate», appunto, «da Unione Camere Penali e Unione Camere Civili al tavolo ministeriale, che prevedono una articolata selezione del numero delle cause da trattare e la loro chiamata scaglionata per evitare inutili assembramenti, e la trattazione scritta per i processi civili, nei casi in cui essa sia possibile». Le udienze virtuali, incalzano Caiazza e de Notaristefani, comportano invece «implicazioni devastanti». E i «diritti processuali» non possono «essere compressi in modo così determinante in nome della pandemia», tanto più se tale ipotesi «proviene da chi è titolare dell’azione penale e della potestà statuale, per la corretta operatività delle quali le garanzie sono nate». Passaggio, l’ultimo, non di poco rilievo. Penalisti e civilisti sperano basti a dissuadere Anm dall’insistere con le udienze smart.