Circola un moderato ottimismo in ordine all’esito del Consiglio europeo di domani con il probabile accordo circa un importante arsenale di strumenti variamente strutturati e finalizzati, anche se sono ancora da definire con precisione la provenienza delle risorse, le modalità di distribuzione, le destinazioni.
Proviamo a cercare di capire come si è arrivati ad esito che qualche settimana fa non sembrava scontato. In primo luogo, è evidente che la crisi epidemica, che pur ha assunto dimensioni mondiali, ha colpito in primo luogo l’Europa. Per quanto i dati debbano essere maneggiati con cura e prudenza e con tutti i caveat ( i dati russi e cinesi, così come quelli africani e indiani, non sono per ragioni diverse totalmente credibili), nei 27 paesi membri c’è più di un terzo dei contagiati e quasi la metà dei decessi a livello mondiale. Ue, alla fine i finanziamenti arriveranno Il problema è evitare che si disperdano
Circola un moderato ottimismo in ordine all’esito del Consiglio europeo di domani con il probabile accordo circa un importante arsenale di strumenti variamente strutturati e finalizzati, anche se sono ancora da definire con precisione la provenienza delle risorse, le modalità di distribuzione, le destinazioni.
Proviamo a cercare di capire come si è arrivati ad esito che qualche settimana fa non sembrava scontato. In primo luogo, è evidente che la crisi epidemica, che pur ha assunto dimensioni mondiali, ha colpito in primo luogo l’Europa. Per quanto i dati debbano essere maneggiati con cura e prudenza e con tutti i caveat ( i dati russi e cinesi, così come quelli africani e indiani, non sono per ragioni diverse totalmente credibili), nei 27 paesi membri c’è più di un terzo dei contagiati e quasi la metà dei decessi a livello mondiale. Le economie UE sono totalmente interconnesse ( per tutti gli Stati membri l’interscambio merci intra Ue è ampiamente superiore a quello extra ue, che assommavano in totale nel 2018 a 3.518 miliardi di Euro, ossia superiori dell’ 80% al livello delle esportazioni dell’EU- 28 verso paesi terzi, pari a 1.956 miliardi di euro). La crisi, infine, ci dice il FMI, colpirà in maniera quasi omogenea tutti i paesi europei, con una riduzione media del PIL di oltre 7,5 punti.
In secondo luogo, è evidente che in questi ultimi mesi si è creata una sfera pubblica, una Öffentlichkeit europea, che ha superato le sfere di discussioni strettamente nazionali: prese di posizioni trasversali di leader politici, di intellettuali, di rappresentanti dei settori produttivi, interviste incrociate del leader di uno Stato su quotidiani di altri paesi, attenzione continua al dibattito interno di ogni paese. Il voto del Parlamento europeo del 17 aprile ha infine approvato a larghissima maggioranza misure per svariati miliardi di euro del bilancio 2020, auspicando interventi ulteriori da parte della Commissione e del Consiglio europeo.
A questo risultato non si sarebbe riusciti ad arrivare attraverso il solo intervento della Commissione e delle altre strutture istituzionali europee comuni, in primo luogo la BCE. E ciò per la semplice ragione che le decisioni da assumere in questa fase sono rigorosamente politiche, e non burocratiche: e la politica è, e non può che essere, dove c’è la rappresentanza popolare, del popolo europeo, e quindi nel Parlamento, e dei popoli degli Stati membri, e quindi – ancorché ambiguamente – nel Consiglio europeo. Occorreva, e ancora dobbiamo sperare che ciò avvenga, mettere tutta la forza e l’abilità di ogni governo nazionale ( e finora l’Italia, grazie ad una squadra europea di alto livello, si sta comportando bene) per giungere ad una sintesi capace di superare gli egoismi nazionali.
D’altra parte, quello che succede nell’Unione non è molto diverso da quello che sta succedendo in Italia, dove un governo, fondato su di una alleanza innaturale ( sarà pur l’unica possibile, ma a forza di evocare il principio di realtà si rischia di legittimare ogni incertezza e ogni sbandamento), e costretto continuamente a mediare fra quelli che oggi appaiono i veri titolari dell’indirizzo politico, vale a dire i Presidenti delle Regioni legittimati direttamente ( e spesso alla ricerca di conferma), rappresentativi delle due forze che oggi costituiscono rispettivamente l’asse della maggioranza ( i Presidenti Pd, uno dei quali segretario del partito) e della opposizione ( i Presidenti leghisti, insediati nel Nord del Paese), nella debolezza culturale e prospettica della forza che ancora è maggioranza relativa in Parlamento.
Arriverà una massiccia iniezione di risorse finanziarie, dell’ordine di migliaia di miliardi di euro, questa volta destinate in larga misura all’economia reale, e all’Italia ne spetterà una parte importante.
Poi toccherà a noi, con una direzione politica che dovrà essere forte e autorevole, combattere i rischi di povertà, evitando però distribuzioni a pioggia, finalizzare le risorse alla crescita, semplificare al massimo il sistema burocratico e dei controlli.
I soldi della Ue arriveranno. Il punto è come li spenderemo
Circola un moderato ottimismo in ordine all’esito del Consiglio europeo di domani con il probabile accordo circa un importante arsenale di strumenti variamente strutturati e finalizzati, anche se sono ancora da definire con precisione la provenienza delle risorse, le modalità di distribuzione, le destinazioni.
Proviamo a cercare di capire come si è arrivati ad esito che qualche settimana fa non sembrava scontato. In primo luogo, è evidente che la crisi epidemica, che pur ha assunto dimensioni mondiali, ha colpito in primo luogo l’Europa. Per quanto i dati debbano essere maneggiati con cura e prudenza e con tutti i caveat ( i dati russi e cinesi, così come quelli africani e indiani, non sono per ragioni diverse totalmente credibili), nei 27 paesi membri c’è più di un terzo dei contagiati e quasi la metà dei decessi a livello mondiale. Ue, alla fine i finanziamenti arriveranno Il problema è evitare che si disperdano
Circola un moderato ottimismo in ordine all’esito del Consiglio europeo di domani con il probabile accordo circa un importante arsenale di strumenti variamente strutturati e finalizzati, anche se sono ancora da definire con precisione la provenienza delle risorse, le modalità di distribuzione, le destinazioni.
Proviamo a cercare di capire come si è arrivati ad esito che qualche settimana fa non sembrava scontato. In primo luogo, è evidente che la crisi epidemica, che pur ha assunto dimensioni mondiali, ha colpito in primo luogo l’Europa. Per quanto i dati debbano essere maneggiati con cura e prudenza e con tutti i caveat ( i dati russi e cinesi, così come quelli africani e indiani, non sono per ragioni diverse totalmente credibili), nei 27 paesi membri c’è più di un terzo dei contagiati e quasi la metà dei decessi a livello mondiale. Le economie UE sono totalmente interconnesse ( per tutti gli Stati membri l’interscambio merci intra Ue è ampiamente superiore a quello extra ue, che assommavano in totale nel 2018 a 3.518 miliardi di Euro, ossia superiori dell’ 80% al livello delle esportazioni dell’EU- 28 verso paesi terzi, pari a 1.956 miliardi di euro). La crisi, infine, ci dice il FMI, colpirà in maniera quasi omogenea tutti i paesi europei, con una riduzione media del PIL di oltre 7,5 punti.
In secondo luogo, è evidente che in questi ultimi mesi si è creata una sfera pubblica, una Öffentlichkeit europea, che ha superato le sfere di discussioni strettamente nazionali: prese di posizioni trasversali di leader politici, di intellettuali, di rappresentanti dei settori produttivi, interviste incrociate del leader di uno Stato su quotidiani di altri paesi, attenzione continua al dibattito interno di ogni paese. Il voto del Parlamento europeo del 17 aprile ha infine approvato a larghissima maggioranza misure per svariati miliardi di euro del bilancio 2020, auspicando interventi ulteriori da parte della Commissione e del Consiglio europeo.
A questo risultato non si sarebbe riusciti ad arrivare attraverso il solo intervento della Commissione e delle altre strutture istituzionali europee comuni, in primo luogo la BCE. E ciò per la semplice ragione che le decisioni da assumere in questa fase sono rigorosamente politiche, e non burocratiche: e la politica è, e non può che essere, dove c’è la rappresentanza popolare, del popolo europeo, e quindi nel Parlamento, e dei popoli degli Stati membri, e quindi – ancorché ambiguamente – nel Consiglio europeo. Occorreva, e ancora dobbiamo sperare che ciò avvenga, mettere tutta la forza e l’abilità di ogni governo nazionale ( e finora l’Italia, grazie ad una squadra europea di alto livello, si sta comportando bene) per giungere ad una sintesi capace di superare gli egoismi nazionali.
D’altra parte, quello che succede nell’Unione non è molto diverso da quello che sta succedendo in Italia, dove un governo, fondato su di una alleanza innaturale ( sarà pur l’unica possibile, ma a forza di evocare il principio di realtà si rischia di legittimare ogni incertezza e ogni sbandamento), e costretto continuamente a mediare fra quelli che oggi appaiono i veri titolari dell’indirizzo politico, vale a dire i Presidenti delle Regioni legittimati direttamente ( e spesso alla ricerca di conferma), rappresentativi delle due forze che oggi costituiscono rispettivamente l’asse della maggioranza ( i Presidenti Pd, uno dei quali segretario del partito) e della opposizione ( i Presidenti leghisti, insediati nel Nord del Paese), nella debolezza culturale e prospettica della forza che ancora è maggioranza relativa in Parlamento.
Arriverà una massiccia iniezione di risorse finanziarie, dell’ordine di migliaia di miliardi di euro, questa volta destinate in larga misura all’economia reale, e all’Italia ne spetterà una parte importante.
Poi toccherà a noi, con una direzione politica che dovrà essere forte e autorevole, combattere i rischi di povertà, evitando però distribuzioni a pioggia, finalizzare le risorse alla crescita, semplificare al massimo il sistema burocratico e dei controlli.
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