«Dopo l’11 maggio si torni nelle aule a celebrare i processi garantendo il diritto alla salute, ma senza inammissibili privilegi per magistrati ed avvocati. Nessuno pensi di poter usare la paura ed il bisogno di lavorare per distruggere il giusto processo ed il diritto di difesa». È quanto chiede la Giunta dell’Unione camere penali. «I due documenti licenziati ieri da due importanti correnti della Magistratura italiana, coni quali si chiede ufficialmente che la smaterializzazione del processo penale, ancora nemmeno approvata "in via eccezionale" fino al 30 giugno 2020, diventi per quanto più possibile modello normativo per il futuro, servono meglio di ogni nostra parola a confermare la vergognosa partita che, con il pretesto della pandemia, si sta giocando sulle sorti del processo penale, e dunque sui diritti e sulle libertà di tutti noi», si legge sul documento. Per i penalisti, «occorre soprattutto denunciare senza riserve questa odiosa pretesa che si va costruendo intorno alla emergenza sanitaria, e cioè che si possa e si debba riaprire, gradualmente e con prudenza, la vita del Paese nelle aziende, negli uffici pubblici, nei negozi, magari nel turismo in tempo per le nostre agognate vacanze, ma non l’attività processuale nelle aule giudiziarie», prosegue la Giunta dell'Unione delle camere penali , prima di chiedere «in nome di quale argomento seriamente spendibile, che non sia una percezione privilegiata della funzione giudiziaria? Per quale ragione mascherine, guanti, disinfettanti, distanziamento e gradualità della ripresa dovrebbero funzionare ovunque, ma non nelle aule di giustizia?». I penalisti italiani, «dopo avere con senso di responsabilità sottoscritto protocolli emergenziali nella fase uno della pandemia, hanno ora articolato una proposta, corredata anche delle minime coperture normative necessarie, che consentirebbe con certezza, e senza rischi diversi di quelli cui va incontro qualunque ripresa di attività post epidemica, la ripartenza graduale ma da subito rilevante dei processi penali nell’unico luogo ove sia possibile celebrarli senza umiliarne ruolo e funzione sociale: nelle aule di giustizia. L’abbiamo consegnata al Ministro Bonafede ed alla Associazione Nazionale Magistrati, senza ancora un cenno di risposta», insiste la Giunta dell'Ucpi. «Chiediamo che vengano trattati - oltre i processi con detenuti mediante un generalizzato uso del già previsto sistema di videoconferenza - fra i processi con imputati liberi, tutti quelli che abbiano già terminato la istruttoria dibattimentale, tutti i processi con rito abbreviato non condizionato, tutti i patteggiamenti, tutte le udienze preliminari e le prime udienze dibattimentali con non più di due imputati - mediante meccanismi di semplificazione basata su comunicazioni scritte delle parti al giudice - e dallo stesso modo le udienze in Corte di Appello ed in Corte di Cassazione e tutte le udienze in camera di consiglio. Attendiamo risposte e se del caso critiche convincenti e plausibili, non cinici calcoli ideologici alimentati da paure irrazionali o peggio da ingiustificabili pretese di tutela privilegiata di fronte a questa autentica sciagura nazionale». Infine, «i penalisti italiani respingono con forza e con sdegno il ricatto della paura sanitaria ed economica, usato come grimaldello per portare questo nemmeno più mascherato assalto finale alle fondamenta costituzionali e convenzionali del processo penale, al diritto di difesa dei cittadini, al ruolo sociale ed alla stessa dignità della funzione difensiva».