“Immaginiamo dei marinai che, in mare aperto, stiano modificando la loro goffa imbarcazione da una forma circolare a una più affusolata. Per trasformare lo scafo della loro nave essi fanno uso di travi alla deriva assieme a travi della vecchia struttura. Ma non possono mettere la nave in bacino per ricostruirla da capo. Durante il loro lavoro stanno sulla vecchia struttura e lottano contro violenti fortunali e onde tempestose. Questo è il destino degli scienziati”.
La metafora è molto suggestiva e si deve Otto Neurath, economista e sociologo che fu, negli anni ’20 del secolo scorso, uno dei fondatori del Circolo di Vienna. Tale Circolo è la fucina del neopositivismo logico, e cioè di quella corrente di pensiero che considera la riflessione sul metodo scientifico il compito principale – per non dire l’unico – della filosofia.Partendo dal presupposto che la scienza, grazie agli enormi successi conseguiti negli ultimi secoli, è ormai diventata il paradigma del sapere, i neopositivisti rovesciarono i termini del dibattito filosofico tradizionale tacciando di “insensatezza” tutti gli asserti che non sono, in forma immediata o mediata, riconducibili all’ambito delle scienze empiriche e naturali.
Neurath, pur essendo uno dei fondatori del movimento, rappresenta anche l’esempio più significativo di trasgressione della “ortodossia” dell’empirismo logico. Proveniva infatti, a differenza degli altri membri del Circolo (tutti matematici o fisici, oltreché filosofi) dal filone delle scienze storico-sociali. Il fatto non è di poco conto. Il neopositivismo si caratterizza in primo luogo per il tentativo di “ridurre” ogni modello di spiegazione a quello vigente nelle scienze empirico-naturali, e in particolare nella fisica. Di conseguenza tutte le altre discipline, e soprattutto quelle storico-sociali, a esso debbono uniformarsi se davvero intendono porsi come scienze a tutti gli effetti.
Il fatto è che Neurath, pur facendo parte a pieno titolo del movimento, riuscì ben presto a intravedere con chiarezza tutti i presupposti che avrebbero poi condotto alla sua crisi. Si rese conto, infatti, che i problemi epistemologici delle scienze naturali e di quelle sociali devono sì essere inquadrati in una prospettiva unitaria che faccia ampio ricorso a tesi di carattere convenzionale e tralasci qualsiasi tentazione di assolutezza. La scienza, adottando un simile punto di vista, è certamente una costruzione unitaria, ma non nel senso voluto dal Manifesto del Circolo di Vienna. La riduzione del metodo scientifico a quello della fisica non può fornire risultati positivi perché trascura del tutto la dimensione storico-sociologica dell’impresa scientifica.Simili considerazioni sono molto utili anche oggi, in tempi di pandemia, quando spesso gli scienziati – i virologi, in questo caso – vengono accusati di inefficienza e invitati a produrre “in fretta” il rimedio contro il coronavirus. In realtà, se si conosce un po’ la storia del pensiero scientifico, è facile appurare che gli scienziati hanno sempre discusso tra loro proponendo teorie divergenti o addirittura contrapposte. I risultati nascono, per l’appunto, dalle discussioni e dal confronto critico, e mai velocemente, bensì con una certa lentezza dovuta alla necessità di sottoporre le teorie alla verifica empirica.Ed è quanto sta accadendo anche ora. La conoscenza scientifica nasce dal dibattito o, addirittura, dalla confusione. Pretendere che gli scienziati “si sbrighino” significa ignorare l’Abc della scienza, dove la fretta è sempre cattiva consigliera. So bene che questi ragionamenti possono sembrare astratti in un momento in cui si attende il vaccino che ponga finalmente termine alle nostre sofferenze. Eppure è solo dal confronto tra opinioni diverse che può nascere il rimedio, poiché tale confronto conduce sempre, in ultima analisi, a scartare le teorie inadatte.Si noti, inoltre, un fatto molto curioso. A criticare gli scienziati sono spesso coloro, come gli anti-vaccinisti, che revocano in dubbio la validità della scienza invocando il ricorso a presunti rimedi “alternativi”, rivelatisi in seguito bufale belle e buone. Il vaccino arriverà, anche se non abbiamo indicazioni certe sui tempi. Ma credere che la scienza sia basata su certezze assolute e sulla velocità dei tempi della scoperta dimostra soltanto una grande ignoranza delle origini e dello sviluppo della scienza moderna. In conclusione, occorre sempre rammentare che lo spirito scientifico è per sua natura critico e anti-dogmatico. Chi trascura questo fatto dimostra di non aver capito che è preferibile combattere contro onde tempestose piuttosto che affondare con il proprio carico di certezze solo presunte.
La scienza non può mai essere il regno della certezza: per ottenere risultati occorrono tempo e confronti
“Immaginiamo dei marinai che, in mare aperto, stiano modificando la loro goffa imbarcazione da una forma circolare a una più affusolata. Per trasformare lo scafo della loro nave essi fanno uso di travi alla deriva assieme a travi della vecchia struttura. Ma non possono mettere la nave in bacino per ricostruirla da capo. Durante il loro lavoro stanno sulla vecchia struttura e lottano contro violenti fortunali e onde tempestose. Questo è il destino degli scienziati”.
La metafora è molto suggestiva e si deve Otto Neurath, economista e sociologo che fu, negli anni ’20 del secolo scorso, uno dei fondatori del Circolo di Vienna. Tale Circolo è la fucina del neopositivismo logico, e cioè di quella corrente di pensiero che considera la riflessione sul metodo scientifico il compito principale – per non dire l’unico – della filosofia.Partendo dal presupposto che la scienza, grazie agli enormi successi conseguiti negli ultimi secoli, è ormai diventata il paradigma del sapere, i neopositivisti rovesciarono i termini del dibattito filosofico tradizionale tacciando di “insensatezza” tutti gli asserti che non sono, in forma immediata o mediata, riconducibili all’ambito delle scienze empiriche e naturali.
Neurath, pur essendo uno dei fondatori del movimento, rappresenta anche l’esempio più significativo di trasgressione della “ortodossia” dell’empirismo logico. Proveniva infatti, a differenza degli altri membri del Circolo (tutti matematici o fisici, oltreché filosofi) dal filone delle scienze storico-sociali. Il fatto non è di poco conto. Il neopositivismo si caratterizza in primo luogo per il tentativo di “ridurre” ogni modello di spiegazione a quello vigente nelle scienze empirico-naturali, e in particolare nella fisica. Di conseguenza tutte le altre discipline, e soprattutto quelle storico-sociali, a esso debbono uniformarsi se davvero intendono porsi come scienze a tutti gli effetti.
Il fatto è che Neurath, pur facendo parte a pieno titolo del movimento, riuscì ben presto a intravedere con chiarezza tutti i presupposti che avrebbero poi condotto alla sua crisi. Si rese conto, infatti, che i problemi epistemologici delle scienze naturali e di quelle sociali devono sì essere inquadrati in una prospettiva unitaria che faccia ampio ricorso a tesi di carattere convenzionale e tralasci qualsiasi tentazione di assolutezza. La scienza, adottando un simile punto di vista, è certamente una costruzione unitaria, ma non nel senso voluto dal Manifesto del Circolo di Vienna. La riduzione del metodo scientifico a quello della fisica non può fornire risultati positivi perché trascura del tutto la dimensione storico-sociologica dell’impresa scientifica.Simili considerazioni sono molto utili anche oggi, in tempi di pandemia, quando spesso gli scienziati – i virologi, in questo caso – vengono accusati di inefficienza e invitati a produrre “in fretta” il rimedio contro il coronavirus. In realtà, se si conosce un po’ la storia del pensiero scientifico, è facile appurare che gli scienziati hanno sempre discusso tra loro proponendo teorie divergenti o addirittura contrapposte. I risultati nascono, per l’appunto, dalle discussioni e dal confronto critico, e mai velocemente, bensì con una certa lentezza dovuta alla necessità di sottoporre le teorie alla verifica empirica.Ed è quanto sta accadendo anche ora. La conoscenza scientifica nasce dal dibattito o, addirittura, dalla confusione. Pretendere che gli scienziati “si sbrighino” significa ignorare l’Abc della scienza, dove la fretta è sempre cattiva consigliera. So bene che questi ragionamenti possono sembrare astratti in un momento in cui si attende il vaccino che ponga finalmente termine alle nostre sofferenze. Eppure è solo dal confronto tra opinioni diverse che può nascere il rimedio, poiché tale confronto conduce sempre, in ultima analisi, a scartare le teorie inadatte.Si noti, inoltre, un fatto molto curioso. A criticare gli scienziati sono spesso coloro, come gli anti-vaccinisti, che revocano in dubbio la validità della scienza invocando il ricorso a presunti rimedi “alternativi”, rivelatisi in seguito bufale belle e buone. Il vaccino arriverà, anche se non abbiamo indicazioni certe sui tempi. Ma credere che la scienza sia basata su certezze assolute e sulla velocità dei tempi della scoperta dimostra soltanto una grande ignoranza delle origini e dello sviluppo della scienza moderna. In conclusione, occorre sempre rammentare che lo spirito scientifico è per sua natura critico e anti-dogmatico. Chi trascura questo fatto dimostra di non aver capito che è preferibile combattere contro onde tempestose piuttosto che affondare con il proprio carico di certezze solo presunte.
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