Già i nostri saggi nonni ci insegnavano che bisogna trarre da ogni male un bene. Indubbiamente, uno dei “beni” emersi nell’ambito della tragedia del coronavirus che ha colpito il Paese è il recupero e la valorizzazione del “principio di competenza”. Dopo la sbornia dell nuovo dilettantismo, ” uno vale uno”, del ripudio di ogni élite, anche professionale, dopo fenomeni come quello del no vax, ora anche gli alfieri e i non pochi seguaci di queste degenerazioni seguono le voci, i pareri, le indicazioni dei virologi, degli epidemiologi e il Governo e il Paese si affidano ai suggerimenti che provengono dalla comunità scientifica di riferimento, incardinata in un comitato tecnico scientifico di consulenza al governo.

Se così vanno le cose per gli aspetti scientifici, meno equilibrata mi sembra la risposta al coronavirus per quanto attiene agli aspetti istituzionali. A parte qualche fenomeno di sovrapposizione o conflitto di competenze fra governo centrale e regioni, credo di poter dire che si stia ponendo un serio problema di rapporto tra Governo e Parlamento. È chiaro che in una condizione di pandemia serva tempestività di azione e si rafforzi il ruolo del governo, e in esso quello del Presidente del Consiglio, ma dal 23 febbraio al 25 marzo, in pratica in un mese, sono stati presentati sette decreti legge e ben otto decreti del Presidente del Consiglio, più vari atti governativi di fonte minore. A parte i possibili aspetti di incostituzionalità su cui è intervenuto su queste pagine con argomentazioni suggestive Claudio Zucchelli, ciò che mi interessa rilevare è che il Parlamento non regge proprio il ritmo del Governo, tant’è che solo uno dei sette decreti legge è stato convertito, e se ne preannunciano altri.

Ebbene, tanto più in condizioni di emergenza, una democrazia ha bisogno sì di un governo forte ma, visto poi che si incide su libertà fondamentali dei cittadini, non ha meno bisogno di un Parlamento forte e attivo, che si pronunci con tempestività sui decreti legge del Governo “in presenza” ( altrochè voto a distanza) come ben ha evidenziato Vincenzo Lippolis da queste colonne. E può sforzarsi di essere tale, di fronte alla sfida cui è chiamato, anche il Parlamento di questa legislatura, che pur soffre dei vizi di origine propri della legge elettorale e di un a dir poco strano sistema di selezione delle candidature.

Mi sembra, quindi, necessario che, con uno sforzo adeguato, il Parlamento, pur a ranghi parzialmente ridotti come prevedono gli accorgimenti assunti causa coronavirus, debba recuperare il terreno sin qui perduto e tornare ad essere a pieno titolo la casa comune dei cittadini. Come scriveva Niccolò Macchiavelli “quando c’è la volontà politica non esistono difficoltà tecniche che impediscono di risolvere il problema”.