Pochi giorni dopo il lockdown dei primi di marzo, ho sentito il mio amico che si occupa della comunicazione del Cdc di Atlanta, negli Stati Uniti. Mi chiedeva aggiornamenti sulla situazione in Italia prima che la pandemia scoppiasse anche lì da loro. Gli ho raccontato delle restrizioni che siamo costretti a subire a cominciare dal “distanziamento sociale”. Il mio amico ha aspettato qualche giorno e poi mi ha scritto: "I don’t like the term “social distancing.  I prefer physical distancing. Social bonds are more important than ever at times like this.". Aveva ragione. Ricordate Nanni Moretti? “Le parole sono importanti”, soprattutto in questi giorni, e c'è un abisso tra la formula “distanziamento sociale” e quella di “distanziamento fisico”. Il distanziamento fisico è quello che serve per contrastare il diffondersi dell'epidemia mentre  il distanziamento sociale non solo non va promosso ma va contrastato, arginato, combattuto per non lasciare che la paura del contagio si trasformi nella paura degli altri. Anche perché la pericolosa malattia del “distanziamento sociale” rischia di infettare e travolgere i nostri diritti, le nostre libertà in modo permanente. Prendete la legge che prevede la reclusione da 5 mesi a 3 anni per chi è positivo ad un virus ed esce di casa per farsi una passeggiata, anche se da solo e con guanti e mascherina. E’ chiaro che si tratta di una legge illiberale, dettata dalla paura e dall’emotività. Essere positivo non è un crimine. E tanto meno è un crimine essere malato. Così come un cittadino, una persona Hiv positiva può far l’amore col preservativo senza per questo rischiare la galera - né la salute del proprio partner - allo stesso modo una persona positiva al Coronavirus potrebbe andarsene in giro da solo con mascherina e guanti senza per questo far del male a qualcuno. Questa legge - frutto della tempesta emotiva che stiamo vivendo - è semplicemente irrazionale e oltre a essere sbagliata e inutile è pericolosa, crea un precedente giuridico e una pericolosissima assuefazione illiberale tra la popolazione. Domani, passata l’emergenza, ma rimaste le leggi speciali, ci vorrà poco a estendere ad altre categorie. Magari alle persone con difficoltà psichiche che potranno essere costrette a casa perché potenzialmente pericolosi. Oppure ai migranti, ai rom… Perché quando si rompe un argine, l’ondata, prima o poi, travolge tutti noi. «Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare». Martin Niemöller (1892-1984)