«Staccate i wi- fi degli smartphone, non riesco a seguire la lezione universitaria via Skype!!!». È l’urlo di molti studenti costretti in casa, davanti allo schermo del pc, che diligentemente si collegano con i loro professori per continuare la didattica. Se nello stesso appartamento convivono un papà e una mamma e magari un fratello o una sorella in smart- working i problemi aumentano. La connessione rallenta, il volume delle lezioni via Skype interferisce con gli altri smart- worker o con le videoconferenze via Zoom. Ecco allora che ci si avvicina con il portatile al modem, alla stregua di moderni rabdomanti, per intercettare un segnale almeno accettabile.
Anche in questo caso c’è chi fa valere antiche gerarchie patriarcali. Il padre collegato direttamente con il cavo lan, a sottolineare di essere il capofamiglia, la moglie con il pc in cucina che, tra un sughetto e un arrosto, continua a lavorare alle pratiche del suo ufficio, il figlio o la figlia maggiore, tra un whatsapp e un sms con il capoufficio, pone quesiti agli interlocutori per capire come poter andare avanti.
Ma su tutti c’è lo studente. Lui prima del coronavirus era perennemente connesso, multitasking, sempre online con i suoi amici, scaricava un film o un brano musicale e contemporaneamente era in chat in qualunque posto di casa. Anche in bagno. Oggi ha bisogno di silenzio, spesso di due pc e li ha collegati al modem con lunghissimi cavi lan, acquistati su Amazon prima degli ultimi divieti, che svolazzano per casa o sono stesi a terra, con tanto di biglietti minatori “non toccare”. Fa segni poco intellegibili, chiede silenzio, ma non disdegna il toast e il caffè che la mamma gli passa, eludendo l’occhio della webcam. Dopo i primi giorni di smarrimento e disorganizzazione il ritmo giusto è stato trovato grazie anche a una sorta di regolamento casalingo che scandisce tempi e modi della agognata connessione.
La casa, fino a qualche mese fa, occupata solo dal gatto è piena di gente che impreca, di persone che vagano con le cuffie, parlano con vari interlocutori. Ognuno si è creato il proprio mondo virtuale tra le mura domestiche. Hanno atteggiamenti simili ai capi delle grandi potenze, in procinto di assumere decisioni fondamentali per il futuro dell’umanità. In effetti stanno facendo solo le normali attività che, prima del Covid- 19, svolgevano in scioltezza nei loro uffici, nelle aule universitarie e al bar con gli amici. Poi ci si ritrova tutti a tavola. Evviva lo smart- working ha i suoi lati positivi. Ma non è così. Lo studente ha lezione dalle 12 alle 15, la figlia finisce alle 14 e il papà ha la pausa pranzo dalle 13 alle 14. Quindi si mangia da soli, ma stando tutti sotto lo stesso tetto. Il postprandiale riprende allo stesso modo, ma con meno intensità. Il dipende pubblico alle 14 stacca e si stende distrutto sul divano, lo studente alle 16 ha finito e vuole rilassarsi con la musica da sentire non in cuffia ma ad alto volume, la mamma aspetta le news delle 19: 00 in tv e il papà cerca di continuare a lavorare. Con una connessione migliore? No, perché si sono riattivati tutti i wi- fi di casa e l’on demand televisivo. Il tutto fino alla cena: questa volta tutti insieme. Si fa per dire. Partono le suonerie degli smartphone, i commenti ai post della giornata, le catene di amici e parenti. Ma i video sono troppo “pesanti” è spesso si bloccano. Qualcuno opta per un’obsoleta telefonata, ma parliamo di over 60 guardati con sufficienza.
Altro che “ultimo miglio”, qui non siamo neanche al “quarto miglio”, dove fa bella mostra di sé la Villa dei Quintili a ridosso della regina viarum. I romani sì che sapevano costruire le strade, belle dritte, senza intoppi e indistruttibili. Sulle moderne infrastrutture, sia reali che virtuali, è meglio stendere un velo pietoso.
Il Covid- 19 e la ricerca della connessione perduta
«Staccate i wi- fi degli smartphone, non riesco a seguire la lezione universitaria via Skype!!!». È l’urlo di molti studenti costretti in casa, davanti allo schermo del pc, che diligentemente si collegano con i loro professori per continuare la didattica. Se nello stesso appartamento convivono un papà e una mamma e magari un fratello o una sorella in smart- working i problemi aumentano. La connessione rallenta, il volume delle lezioni via Skype interferisce con gli altri smart- worker o con le videoconferenze via Zoom. Ecco allora che ci si avvicina con il portatile al modem, alla stregua di moderni rabdomanti, per intercettare un segnale almeno accettabile.
Anche in questo caso c’è chi fa valere antiche gerarchie patriarcali. Il padre collegato direttamente con il cavo lan, a sottolineare di essere il capofamiglia, la moglie con il pc in cucina che, tra un sughetto e un arrosto, continua a lavorare alle pratiche del suo ufficio, il figlio o la figlia maggiore, tra un whatsapp e un sms con il capoufficio, pone quesiti agli interlocutori per capire come poter andare avanti.
Ma su tutti c’è lo studente. Lui prima del coronavirus era perennemente connesso, multitasking, sempre online con i suoi amici, scaricava un film o un brano musicale e contemporaneamente era in chat in qualunque posto di casa. Anche in bagno. Oggi ha bisogno di silenzio, spesso di due pc e li ha collegati al modem con lunghissimi cavi lan, acquistati su Amazon prima degli ultimi divieti, che svolazzano per casa o sono stesi a terra, con tanto di biglietti minatori “non toccare”. Fa segni poco intellegibili, chiede silenzio, ma non disdegna il toast e il caffè che la mamma gli passa, eludendo l’occhio della webcam. Dopo i primi giorni di smarrimento e disorganizzazione il ritmo giusto è stato trovato grazie anche a una sorta di regolamento casalingo che scandisce tempi e modi della agognata connessione.
La casa, fino a qualche mese fa, occupata solo dal gatto è piena di gente che impreca, di persone che vagano con le cuffie, parlano con vari interlocutori. Ognuno si è creato il proprio mondo virtuale tra le mura domestiche. Hanno atteggiamenti simili ai capi delle grandi potenze, in procinto di assumere decisioni fondamentali per il futuro dell’umanità. In effetti stanno facendo solo le normali attività che, prima del Covid- 19, svolgevano in scioltezza nei loro uffici, nelle aule universitarie e al bar con gli amici. Poi ci si ritrova tutti a tavola. Evviva lo smart- working ha i suoi lati positivi. Ma non è così. Lo studente ha lezione dalle 12 alle 15, la figlia finisce alle 14 e il papà ha la pausa pranzo dalle 13 alle 14. Quindi si mangia da soli, ma stando tutti sotto lo stesso tetto. Il postprandiale riprende allo stesso modo, ma con meno intensità. Il dipende pubblico alle 14 stacca e si stende distrutto sul divano, lo studente alle 16 ha finito e vuole rilassarsi con la musica da sentire non in cuffia ma ad alto volume, la mamma aspetta le news delle 19: 00 in tv e il papà cerca di continuare a lavorare. Con una connessione migliore? No, perché si sono riattivati tutti i wi- fi di casa e l’on demand televisivo. Il tutto fino alla cena: questa volta tutti insieme. Si fa per dire. Partono le suonerie degli smartphone, i commenti ai post della giornata, le catene di amici e parenti. Ma i video sono troppo “pesanti” è spesso si bloccano. Qualcuno opta per un’obsoleta telefonata, ma parliamo di over 60 guardati con sufficienza.
Altro che “ultimo miglio”, qui non siamo neanche al “quarto miglio”, dove fa bella mostra di sé la Villa dei Quintili a ridosso della regina viarum. I romani sì che sapevano costruire le strade, belle dritte, senza intoppi e indistruttibili. Sulle moderne infrastrutture, sia reali che virtuali, è meglio stendere un velo pietoso.
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