C’è forte preoccupazione all’interno di alcune Residenze Sanitarie assistite ( Rsa) per gli anziani dove il contagio aumenta a dismisura. Basti pensare al tragico bilancio della Rsa don Mori di Stagno Lombardo, nel cremonese, dove sono morti, nel giro di un mese, 21 anziani su 70 ospiti. Per questo motivo, il sindaco Roberto Mariani ha scritto all’Asst di Cremona chiedendo tamponi per personale e ospiti. Non si sa se i decessi siano legati al Coronavirus ma il dato «ha messo in allarme tutti. Per questo motivo – ha spiegato – ho deciso di inoltrare la richiesta». Anche il consigliere regionale del Pd Matteo Piloni ha chiesto non solo di autorizzare i tamponi per il personale delle Rsa, ma anche di «utilizzare le strutture ospedaliere dismesse per accogliere i pazienti» dimessi per Coronavirus.

Una situazione difficile per gli operatori sanitari, oramai allo stremo. A Trento, ad esempio, si stanno estendendo diversi focolai e le assenze di operatori socio- sanitari per malattia o positività ai tamponi arrivano in alcune strutture anche al 50%. Da qui la richiesta alla Provincia dell’Ordine delle professioni infermieristiche, di dispositivi di protezione e dotazioni infermieristiche sicure. Il personale è costretto a turni prolungati con carichi assistenziali ed emotivi elevatissimi. «Siamo professionisti – ha spiegato in una nota il presidente dell'ordine Daniel Pedrotti -, stiamo dando il massimo e di più e continueremo a farlo, ma pretendiamo di lavorare in sicurezza».

Di tutto questa situazione se ne sta occupando, ovviamente, il Garante nazionale delle persone private della libertà, perché rientra tra i suoi compiti. Si tratta di una figura di garanzia che copre le diverse aree di intervento: tutte connotate dalla privazione della libertà. Quindi non solo i detenuti. Difficile non considerare privative della libertà strutture come gli hotspot, dove le persone sono ristrette per fini identificativi. Così come è difficile non vedere la privazione della libertà di una persona anziana o disabile che, entrata un tempo volontariamente in una struttura di tipo residenziale, abbia poi perso la capacità legale e i propri riferimenti parentali o assistenziali e sia nel concreto affidata in tutto alla struttura stessa. Così come è di vitale importanza che il Garante si occupi anche della quarantena, altra limitazione della libertà per evidenti motivi emergenziali. Proprio in momenti come questi una figura di garanzia deve vigilare sui diritti essenziali dell’uomo privato della libertà. Non è un caso che qualche giorno fa – fa sapere i Garante Mauro Palma nel bollettino-, l’associazione per la prevenzione della tortura di Ginevra ha svolto una riunione in video- conferenza con 29 partecipanti, la maggior parte rappresentanti di Meccanismi nazionali di prevenzione ( Npm) europei, avente come oggetto l’impatto delle misure prese per contenere il virus ( a livello regionale o nazionale) e le sfide che la situazione pone per le attività di monitoraggio.

Ma ritorniamo alla questione delle Rsa. L’autorità del Garante fa sapere che, secondo la sua banca dati realizzata per la geolocalizzazione delle strutture sul territorio italiano, le Rsa sono 4.629, di cui 2.651 al Nord, 668 al Centro, 493 al Sud e 817 nelle Isole. Solo in Lombardia, la regione più colpita dalla pandemia, le Rsa sono 689. Seguono il Piemonte con 616 strutture, l’Emilia- Romagna con 565 e il Veneto con 324. Al centro Italia è la Toscana, con 315 strutture, ad avere il primo posto per numero di Rsa, mentre nel Sud la Puglia è la regione nella quale si registra la presenza più elevata.

Inoltre, il Garante rileva che il rischio di diffusione del Covid- 19 nelle strutture socioassistenziali e sanitarie residenziali, per minori e adulti è particolarmente elevato. Basti pensare che il totale di posti letto in queste strutture è pari a 340.593. Solo al Nord sono 226.516, al Centro 45.124, al Sud 36.562 e infine nelle Isole 32.391. Il Garante ha inviato un questionario finalizzato ad acquisire informazioni sulla gestione di eventuali casi di sospetto o conferma di positività al Covid- 19 e adottare strategie di rafforzamento dei programmi di prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza.