Dal 26 marzo su Rai1 per 4 serate, il medical drama parla nuovamente italiano grazie a Lux Vide in collaborazione con Rai Fiction. Arriva DOC, serie TV con protagonista Luca Argentero nei panni del dottor Andrea Fanti, freddo ma efficiente primario di un policlinico che in seguito ad un incidente, perde la memoria dei suoi ultimi 12 anni di vita. Tratto dalla storia vera del medico Pierdante Piccioni, la serie diretta da Jan Michelini, trova accanto ad Argentero, Matilde Gioli, l’amore del presente di Fanti, che si trova improvvisamente a dover fare i conti con un uomo i cui ricordi sono fermi ad una vita passata. Matilde Gioli, dalla sua casa di Milano ci incontra virtualmente per raccontare il lavoro sulla serie che vede protagonisti quei medici che sono diventati ora più che mai i nostri nuovi supereroi. Ci descrive il suo personaggio in DOC? Il mio ruolo è quello di Giulia Giordano, medico del Policlinico Ambrosiano, un ospedale fittizio,   e assistente del primario Andrea Fanti, interpretato da Luca Argentero con cui, negli ultimi tempi poco prima della tragedia, aveva iniziato una relazione. Diciamo che al di là dei sentimenti e dell’attrazione fisica, lei è anche innamorata di lui come medico e mentore e da lui ha adottato e un modo di fare medicina. La particolarità del mio personaggio è che quando lui si sveglierà, avrà dimenticato una grossa porzione della sua vita, i suoi ultimi 12 anni ed avrà quindi rimosso completamente Giulia. Lei dovrà ricominciare tutto da capo perchè sa perfettamente cos’è erano loro due prima. DOC arriva in un momento particolare dove la nostra attenzione va tutta ai medici. D’altro canto però la gente potrebbe non aver voglia di vedere una serie ambientata in ospedale. Che ne pensa? Avrebbe preferito che l’avessero posticipata o la trova attuale?  Sicuramente è attuale come argomento, io son d’accordo che vada in onda come era stato programmato e in un momento di stravolgimento di nostre vite, il fatto di seguire una sorta di normalità può anche aiutare. Credo che sicuramente ci saranno persone che non avranno cosi tanta voglia di ritornare dentro un ospedale, noi però, fortunatamente, non parliamo di virus e di argomenti caldi di questi giorni ma parliamo, con grande speranza  di malattie spiacevoli e medici che cercano di fare tutto quello che possono, notte e giorno, per riuscire a trovare una soluzione e salvare il paziente.Nella serie la morte la chiamiamo la Stronza, e cerchiamo in tutti di non dargliela vinta. Il tutto è alleggerito dalle storie personali dei medici e anche dalle storie d’amore e io credo che non appesantirà le persone a casa anche chi ha avuto esperienze brutte. Parlando di medici, la serie sottolinea un cambio di atteggiamento del primario e del suo personaggio, da zero a totale empatia. Quanto da artista e persona sposa questa parola, ora che è entrata nel mondo medico? È importantissimo e tra l’altro sono una grande fan dell’empatia anche per gli studi che ho fatto di filosofia della scienza e neuroscienza. Il percorso che fa Andrea Fanti e tutto il suo reparto è di un grandissimo percorso dialettico con l'empatia. Lui inizialmente lui aveva deciso per tragedie personali di non essere più empatico con i pazienti, di non lasciarsi coinvolgere. Questo nuovo Andrea più diretto e con meno filtri farà si che torni invece un atteggiamento empatico verso i pazienti che risulterà essere quello vincente. Questo è un bel percorso che faranno anche le persone a casa con noi perché poi l’empatia è alla base di tutto, anche del rapporto tra lo spettatore e noi attori. DOC segna un ritorno italiano al cosiddetto Medical drama. Visto il paragone difficile con le serie americane, questo genere è stato un po’ abbandonato dal nostro paese, come mai secondo lei? I progetti precedenti italiani del passato non ce li ho ben presenti. Se posso immaginare il problema forse era la credibilità degli attori come medici e dell’ospedale come ospedale vero. C’è un equilibrio molto sottile tra il cercare di rispettare la realtà della medicina che è molto specifica però riuscire a raccontarla con i tempi della TV.  Questa è la sfida. Se si riesce a trovare questo equilibrio, gli episodi possono essere vincenti. Non so come reagirà il pubblico ma io mi metto sempre dal punto di vista dello spettatore e speriamo di esserci riusciti con DOC. Quali sono i suoi medical drama preferiti? La appassionano di più le questioni personali oppure quelle mediche? Il medical drama che ho amato di più è sempre stato ER - medici in prima linea anche se guardo con piacere anche Grey’s Anatomy e Doctor House, per esempio. Quello che mi appassiona di queste serie è un po’ il mix delle due cose, mi piace vedere come di fronte a un lavoro così impegnativo e frenetico queste persone debbano gestire le loro faccende personali. Trovo affascinante vedere la trasformazione tra il momento, per esempio in cui si è magari in sala medici a piangere per qualcosa di personale al  dover improvvisamente correre a salvare una vita e diventare operativo. In questo momento bisognerebbe puntare solo sulle news o è importante invece avere anche momenti più leggeri?  Sono d’accordo che ci siano dei momenti più leggeri per non entrare in quei loop di paranoia anche perchè purtroppo, oltre alle news, ci sono anche tanti programmi dove si parla del virus senza essere particolarmente qualificati ed il rischio è che si faccia una grande confusione. Sono importantissimi i messaggi della protezione civile, del Presidente Conte, dei sindaci, io sono per lasciare delle parentesi più leggere e non dico dimenticarsi della situazione ma alleggerire i pensieri credo che faccia bene a tutti quanti senza sottovalutare quello che sta accadendo. Come sta vivendo la quarantena? Considerando che il lavoro di attrice ad un certo punto è piombato nella mia vita ma prima avevo tanti altri interessi, ho la fortuna di poter anche in questi momenti di stop, portare avanti le mie passioni come per esempio quello che studiavo prima, tipo le neuroscienze oppure dedicarmi al riposo. Prima che scoppiasse questa terribile situazione ero sul set dalla mattina alla sera e seppur felicissima di esserci, avevo degli orari impegnativi e sto approfittando per rallentare un po’ il ritmo e devo dire che in parte è piacevole. Quello che mi pesa un po’, da animale sociale, è stare in casa da sola ma con le videochiamate sono sempre in contatto con la mia famiglia e i miei amici e sto cercando di viverla nel modo più leggero possibile.  Provo infatti un enorme rispetto per chi è negli avamposti e sul campo a farsi un mazzo tanto quindi devo solo pensare a come passare il tempo e direi che è un grande lusso in questo momento. I