L’Ocse prevede una crescita globale dimezzata, e siamo solo all’inizio. Il nostro Paese ha cominciato il decennio già in affanno per le politiche sbagliate fatte negli ultimi anni, con un divario tra Nord e Sud crescente, e si prepara a ridimensionare ancora il nostro futuro, passando da una crescita ridicola alla recessione.

In caso di pandemia prolungata, sempre secondo Ocse, un’azienda su dieci in Italia è a rischio default, sono decine di migliaia i posti di lavoro a rischio: costruzioni, comunicazioni, trasporti e turismo. In quest’ultimo settore, che è tra i fiori all’occhiello della nostra economia, andiamo verso il disastro: contribuisce al Pil per il

I13% e occupa ben il 14,7% dei lavoratori italiani. Lo fa frequentemente con contratti stagionali, a breve periodo, sfruttando al massimo la flessibilità consentita dalle leggi in vigore e rischia di trasformarsi - tra disdette, quantene e annullamenti di voli - in una grande fabbrica di disoccupati. Saranno i principali sacrificati dai loro datori di lavoro in quanto “spesa comprimibile” a differenza di altri costi come affitti, bollette o tasse.

Il Covid19, secondo gli scienziati, non fa più distinzioni tra giovani e anziani, tra nord e sud, ma certamente farà ancora più male - economicamente - a chi non è un lavoratore dipendente, ma un autonomo. Non solo. Colpisce - assai antidemocraticamente - di più chi ha contratti brevi e precari rispetto ai garantiti: un lavoratore statale potrà contare su permessi, congedi, forse sul telelavoro incentivato, le partite iva no, i “riders”, giusto per fare un altro esempio, ancor di meno. Facevano parte della categoria dei precari anche molti lavoratori pubblici del settore sanitario. Dopo anni di immobilismo nelle assunzioni o di tagli, che li ha spazzati via o li ha lasciati nel limbo, il Coronavirus ora costringe a doppi turni e straordinari centinaia di medici e infermieri perché, come denunciato dall’Ordine dei medici, mancano quasi 7500 medici tra medicina d'emergenza, medicina interna, anestesia, rianimazione e terapia intensiva. Non parliamo solo del “solito” Sud trascurato, ma di tutto il Paese. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le Regioni “epicentro”, da sole contano 1491 medici in meno rispetto a quanti ne servirebbero. Alcune Regioni che se lo potevano permettere, soprattutto la Lombardia, sono corse ai ripari assumendo “in emergenza” decine di infermieri e medici, ma la pandemia si diffonde nel resto d’Italia e altrove non ci saranno le stesse possibilità. Alle partite Iva, ai disoccupati dei prossimi mesi, il governo vorrebbe riservare, a quando si apprende, poche briciole: un’indennità mensile pari ad 500 euro per un massimo di tre mesi, per giunta unicamente ai lavoratori che vivono all’interno delle “zone rosse”. Meno di quanto guadagna una babysitter che, con le scuole chiuse dall’oggi al domani, sono diventate ricercatissime. Peccato che questo governo, che oggi promette di aiutare le famiglie ad assumerne una, abbia cancellato con il Decreto Dignità il sistema dei voucher e ancora, più recentemente, li ha stralciati dall’ultima Manovra. Servirebbero anche in agricoltura, che è un altro settore che sta già soffrendo e continuerà a soffrire per questa emergenza sanitaria mondiale.

Ne’ la flessibilità, ne’ le misure assistenziali - temporanee - saranno sufficienti per preservare posti di lavoro o immaginare l’Italia che verrà dopo il Coronavirus. Per farlo bisogna fermare il panico e salvare quel poco di credibilità internazionale rimasta al nostro Paese per riaprire le frontiere che si sono chiuse. Iniziamo a cancellare quell’immagine dell’Italia come “malato d’Europa” che abbiamo restituito al mondo. Servirà a preservare almeno una quota di turismo, ma anche sostenere le aziende - piccole e grandi - che avranno settimane di “buco” nei bilanci e aiutarle a resistere fino a “dopo”. Abbattimento della pressione fiscale e riduzione del costo lordo del lavoro più che mai sono gli strumenti per sopravvivere, ma anche per ripartire. Usiamoli, subito.