Non è una pandemia, ed è l’Organizzazione Mondiale della Sanità a rilevarlo, perchè le zone rosse, i tamponi, la temperatura presa negli aeroporti a centinaia di migliaia di viaggiatori, le quarantene individuali e collettive servono appunto a bloccare il diffondersi del contagio. Non è nemmeno una “peste nera” perché, se è vero che non esiste un vaccino e nemmeno un protocollo da cure, si tratta pur sempre di una variante della Sars, tanto che l’impiego di farmaci antivirali nella stragrande maggioranza dei casi sta funzionando. Non si tratta di uno di quei mali che possono deviare il corso della storia dell’umanità, come furono per secoli peste e colera e cent’anni fa la spagnola - epidemie che han mietuto milioni di vittime- perché viviamo nel XXI secolo, in Occidente abbiamo mezzi e capacità per arginare il contagio, e soprattutto - con buona pace dei millenaristi no- vax- conosciamo e riconosciamo le capacità della scienza. Che i rischi siano assai ridotti lo dicono - e sin da subito- i numeri: contagiati e vittime del coronavirus di parecchio sotto il migliaio, rapportati a una popolazione di 60milioni e passa di persone. E la tendenza, confermata di giorno in giorno, è il numero dei guariti che aumenta. Eppure la paura dilaga. E questa è davvero una storia molto italiana. Una storia nella quale la politica ha fatto da “Angelo Sterminatore”, paralizzando come nel famoso film di Luis Bunuel un intero Paese. Intendiamoci: bene ha fatto il governo a seguire prontamente le indicazioni della comunità scientifica per delimitare il contagio dando piena trasparenza alle sue decisioni. Questo è quel che accade in democrazia: non sapremo mai davvero quando o come il coronavirus è partito in Cina, non sapremo mai se davvero il numero di contagiati e deceduti lí è quello che viene comunicato, come non sappiamo cosa accade in Russia, in Cambogia, in Vietnam o in gran parte delle dittature a cominciare da quelle africane. Ma la forza della trasparenza si è dissolta nella debolezza in cui versa l’intera politica italiana, governo compreso e nonostante le best practice di governo. L’epicentro della malattia è al Nord, nelle regioni governate dalla Lega come il Veneto o da forza- leghisti come la Lombardia di Fontana. E al di là della sceneggiata via Facebook ( che è come dire in mondovisione) del massimo rappresentante della terra che è motore economico di tutto il Paese che con mosse fantozziane si cala in volto una mascherina anti- virus, restano le grida manzoniane “sospendiamo Schengen”, alziamo i muri, mandiamo a casa il governo, militarizziamo il territorio, mutate poi nel volger di una mezza settimana nell’esatto contrario. Mentre emergono, della tanto celebrata sanità delle regioni a trazione leghista episodi inquietanti come quello accaduto a Padova, con i ricercatori della locale università che avevano messo a punto un test per individuare rapidamente il coronavirus nella popolazione, bloccati a metà febbraio dal direttore della sanità della Regione ( ruoli di nomina politica, come sappiamo) al grido di “qui decido io”. Al Nord si è passati nel volger di un mattino dal “tutto chiuso” all’ aprite tutto, sono i ceti produttivi che ce lo chiedono... agitando uno strumento che la Lega, e Matteo Salvini in particolare, ben conoscono: la paura. Che nasce nel disorientamento, nell’incertezza, nei messaggi confusi. Nella caccia al cinese salvo trovarsi rapidamente nella realtà rovesciata: adesso, per Israele come per la Basilicata, i cinesi sono i lombardo- veneti.

C’è una politica che imprigiona i cittadini - italiani, stavolta- e usa un’epidemia per inseguire le proprie e più velleitarie illusioni, siano esse un inesistente “governissimo” o uno slittamento del referendum o delle elezioni anticipate. Una politica di opposizione a prescindere, anche interna allo stesso governo, che serve solo a tenere gli italiani paralizzati da un fantasma, la propria paura.