C’è un convitato di pietra nella crisi politica che si sta delineando, destinato a condizionare e forse determinare il riassesto dopo il terremoto. E' la crisi economica che ormai tutti nel palazzo danno se non proprio per certa per molto più che probabile. E' la carta su cui conta Renzi, ma non è affatto detto, invece, che giochi a favore della sua ipotesi di governo istituzionale, possibilmente presieduto da Mario Draghi in persona come trampolino di lancio verso il Colle.

L'agenda dei prossimi giorni è già scritta. Mercoledì Renzi e Conte si incontreranno e il leader di Iv ha già scritto ieri su Fb che «o si troverà una mediazione sulle nostre proposte oppure, se saranno respinte, faremo un passo indietro». In realtà, salvo miracoli, l'esito del confronto non potrà che essere negativo. Le proposte di Renzi, elezione diretta del premier ( revisione profonda del reddito di cittadinanza, sblocco dei cantieri, svolta garantista) sono del tutto irricevibili per i 5S.

Subito dopo, venerdì, Conte si presenterà in Parlamento per la conta. Non chiederà la fiducia: presenterà una risoluzione, centrata su un'agenda economica per il prossimo triennio che, nonostante i fragorosi annunci, sarà molto vaga dal momento che un'intesa su un programma economico preciso e impegnativo nella maggioranza non c'è. Renzi dovrà decidere che fare e quasi certamente non appoggerà la risoluzione che però dovrebbe passare comunque anche al Senato. La paura delle elezioni spingerà infatti alcuni senatori dell'opposizione a disertare l'aula nella speranza di evitare così l'esplosione.

Ma l'importante saranno i numeri. Se infatti ci sarà una maggioranza relativa e non assoluta, cioè se i sì saranno meno di 161, Conte non potrà che trarre le conseguenze rassegnando le dimissioni. I ' responsabili', se ci sono, usciranno allo scoperto al momento del voto sulla risoluzione o più probabilmente se e quando si proverà a dar vita a un Conte ter.

Ma quella pattuglia di frontalieri c'è davvero o no? Per ora in realtà no. I dc di Forza Italia vogliono in realtà autonomizzarsi e dar vita a un loro gruppo dal quale, sperano, nascerà un nuovo partito cattolico centrista. I forzisti vicini all'area di Mara Carfagna, a loro volta, non sosterranno il governo prima della crisi. Potrebbero subentrare in una nuova maggioranza ma probabilmente chiedendo un ricambio a palazzo Chigi. Ma la disponibilità del M5S ad accettare una maggioranza con gli ex berlusconiani è a dir poco molto in forse e in caso di defenestrazione di Conte il loro pollice verso è assicurato. In questo caso dunque si procederebbe al buio, dal momento che votare subito è impossibile e anche farcela per giugno non sarebbe facile. Mattarella dovrebbe dunque indicare un governo- ponte per arrivare fino a giugno o fino a settembre. Non è escluso che 161 voti in qualche modo spuntino fuori. Il governo potrebbe andare avanti ancora per un po', ma in agonia. Per Renzi sarebbe la soluzione migliore. Conte si trascinerebbe fino a giugno poi travolto da una temperie economica che non si può certo fronteggiare con una maggioranza ridotta all'osso e raccogliticcia, il leader di Iv tornerebbe a proporre la sua formula: un governo istituzionale con un programma molto ambizioso di riforme istituzionali ed economiche.

In entrambi i casi, sia che si tratti di far proseguire oltre tempo massimo il governo che comunque Mattarella dovrà indicare se il governo cadrà venerdì prossimo, sia che la sfida sia invece dare il colpo di grazia e sostituire il governo Conte bis in giugno, l'asso che Renzi pensa di poter calare è proprio la crisi economica. Sarà in nome della crisi, dell'emergenza e della necessità di evitare il disastro che insisterà per non calare il sipario sulla legislatura e si sa che nessun argomento è altrettanto convincente. Quel che oggi pare impossibile potrebbe rivelarsi a portata di mano in giugno o settembre, se i dati dell'economia saranno davvero negativi e molto minacciosi.

Proprio lo spettro della crisi potrebbe però rivolgersi contro il leader di Iv. Nel Pd, infatti, monta ogni giorno di più la preoccupazione per le posizioni non di Renzi ma dei 5S. La rigidità del Movimento sulle scelte economiche è nota ma altro è dovere convivere con i loro blocchi in fasi positive o comunque non preoccupanti, altro doverlo fare con una crisi alle porte. Per questo nel Pd sta crescendo la tentazione di cogliere l'occasione offerta, forse incautamente, da Renzi, per arrivare alle elezioni in settembre, evitando così la responsabilità di dover affrontare una difficile fase economica con maggioranza ridotta all'osso, impastoiata dai dogmi dei 5S e bersagliata, oltre che dalla destra, anche da Renzi.