Criticità, ma anche aspetti positivi sono emersi nel corso del convegno internazionale dal titolo ' Il monitoraggio dei rimpatri forzati in Italia e in Europa', svoltosi martedì scorso nello Spazio Europa, gestito dall'Ufficio in Italia del Parlamento europeo e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea.

A illustrarlo al convegno è Mauro Palma, Garante nazionale delle persone private della libertà. «Voglio sottolineare – ha spiegato il Garante - gli aspetti positivi dell'interlocuzione sviluppata tra il Garante nazionale e il ministero dell'Interno sul fronte della protezione dei diritti fondamentali nel corso delle operazioni di rimpatrio forzato. C'è collaborazione e sinergia, come è naturale ci sia fra due parti dello stesso sistema. Si deve partire constatazione che nel nostro Paese negli ultimi anni si sono fatti grandi passi avanti su questo tema e che l'Italia in linea generale effettua i rimpatri forzati sostanzialmente in modo corretto». Ci sono comunque aspetti da migliorare nell'ambito di questa interlocuzione. «Il ministero, per esempio, - ha sottolineato Palma- comunica spesso troppo tardi al Garante le informazioni sui rimpatri imminenti. Più in generale, il Garante nazionale esprime preoccupazione per i rimpatri forzati verso l'Egitto, che nel 2019 sono stati ben 363. A questo proposito nota che l'accordo bilaterale per i rimpatri con l'Egitto dovrebbe essere rivisto, perché in tema di situazione dei diritti umani l'Egitto del 2020 non è più quello del 2007, quando l'accordo fu firmato».

Non mancano preoccupazioni sul piano internazionale ed europeo per quanto riguarda, ad esempio, la recente sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo sui respingimenti a Melilla nel caso N. D e N. T contro Spagna. Il Garante prende atto con forte disappunto, pur ovviamente rispettandola, che la sentenza non ha rilevato una violazione da parte della Spagna dell’articolo 4 del Protocollo addizionale n. 4 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dell'articolo 13 della stessa Convenzione. «Inoltre – ha spiegato Palma -, proprio nel momento storico in cui a Frontex vengono assegnati sempre maggiori poteri e risorse, sarebbe importante che i Paesi membri dell'Ue, che rimangono gli unici responsabili di fronte alla Corte di Strasburgo ( dato che l’Unione non è membro del Consiglio d’Europa), si sforzino per espandere la protezione dei diritti fondamentali nelle operazioni di rimpatrio forzato, ad esempio promuovendo la collaborazione con i paesi di destinazione per il monitoraggio post rimpatrio».

Da ricordare che fin dai primi mesi del 2016, l’ufficio del Garante nazionale delle persone private della libertà personale monitora i voli di rimpatrio perché siano rispettati i diritti di chi è coinvolto in queste operazioni. Tre sono le forme di espulsione quando un cittadino straniero soggiorna in maniera irregolare: il ritorno volontario, il rimpatrio con mezzi propri o l’accompagnamento coatto nel paese di origine. I rimpatri forzati avvengono di solito usando dei voli commerciali o con dei voli charter ad hoc, in alcuni casi organizzati da Frontex. I voli charter partono da Roma, da Palermo o da Torino, si tratta di aerei noleggiati dal ministero dell’interno che sono impiegati per questo tipo di operazioni. Il Garante nazionale ha presentato le “Linee guida sui rimpatri forzati”, un volume nel quale sono condensati una serie di standard da rispettare nel corso delle operazioni di rimpatrio forzato, basati su standard internazionali e sui concreti monitoraggi condotti dal Garante, anche a bordo degli aerei fino al Paese di destinazione. Oltre a Palma, hanno partecipato il presidente del Comitato europeo per la prevenzione dei trattamenti inumani e degradanti, Mykola Gnatowskyy, il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati, Giuseppe Brescia, il Direttore centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle frontiere, prefetto Massimo Bontempi e altri interlocutori nazionali e internazionali.