Forse è un doppio bluff, dall'una e dall'altra parte: nella politica italiana non si può ma dire e non sarebbe certo la prima volta. Però tutto lascia pensare che lo showdown tra Renzi e Conte stavolta sia arrivato davvero e che la faccenda possa essere risolta solo in aula, a colpi di voto.

Entrambi, in realtà, si danno da fare da settimane e giorni per arrivare a questo punto e non si tratta di galletti nei quali emozioni e sentimenti hanno avuto la meglio sul calcolo politico. La resa dei conti è inevitabile, al contrario, proprio perché l'incompatibilità reciproca è politica, molto più di quanto non fosse nello scontro venato di risentimenti privati fra lo stesso Conte e Salvini.

In meno di due anni Giuseppe Conte è passato dall'anonimato assoluto al ruolo di premier molto quotato negli indici di popolarità, apprezzato dai vertici istituzionali, conosciuto e considerato affidabile nelle capitali europee. Se arriverà alle elezioni politiche ancora di stanza a palazzo Chigi, il suo percorso è già segnato: darà vita a un partito moderato di centrosinistra, occuperà lo spazio a cui ambisce anche Renzi, verrà riproposto come candidato premier di coalizione. Renzi, se vuole avere qualche chances di successo con la sua Iv, deve sbarazzarsene.

A quella prova, però, ' Giuseppi' deve arrivarci con alle spalle qualche successo o anche solo senza clamorosi insuccessi. Un'esperienza di governo senza lode ma con poca infamia non sarebbe esiziale. Ma un esecutivo paralizzato e immobile, logorato dalla guerriglia renziana smantellerebbe tutti i sogni di gloria dell' ' avvocato del popolo'. Per andare avanti con qualche chance di successo, Conte deve certificare la superfluità dei voti di Iv al Senato, togliere a Renzi il potere di vita o di morte sul governo. L'ordalia può consumarsi solo nell'aula di palazzo Madama. E' lì che Renzi dovrà provare di essere essenziale e Conte, al contrario, dovrà dimostrare di poter restare in sella anche senza l'appoggio del rivale.

Entrambi i contendenti ne sono convinti a soprattutto entrambi ritengono che il duello non possa più aspettare. Renzi perché teme che col tempo la pattuglia di ' responsabili' su cui scommette il premier si ingrossi. Conte perché si rende conto che arrivare al momento della verità dopo le regionali vorrebbe dire, nell'ipotesi per nulla irrealistica di una sconfitta secca del Pd, affrontare la prova in condizioni di massima debolezza. Per tutti e due è meglio cavarsi il dente subito, o comunque presto.

Tra i due però il più deciso a chiudere la partita è l'inquilino di palazzo Chigi, anche perché in quella direzione lo spinge il Pd. Se infatti è vero che nel giro di qualche settimana i ' responsabili' potrebbero aumentare e soprattutto potrebbero risolvere i molti dubbi che al momento li frenano nel soccorrere il governo, è anche vero che rinviando lo scontro con qualche proposta astuta, come la riforma della Costituzione, Renzi manterrebbe quella postazione interna/ esterna alla maggioranza dalla quale ha tutto da guadagnare, tanto più con un mazzo di nomine importanti dietro l'angolo.

Per Conte, invece, accettare lo status quo equivale al condannarsi all'immoblità.

Dunque Conte non solo accetterà ma cercherà lo scontro diretto, mentre Renzi, nonostante i ruggiti, è molto più indeciso. Non è escluso, in fondo, che dall'attuale situazione già assurda, si passi a un ancor più surreale rimpattino, con il premier che cerca di costringere Renzi a una conta alla quale il leader di Iv, pur senza arrendersi, invece sfugge. Ma quando si arriverà al momento della verità, il che prima o poi dovrà necessariamente accadere e sarà probabilmente più prima che poi, entrambi rischiano molto.

I responsabili ci sono ma non sono affatto convinti di sostenere il governo Conte. Di certo preferirebbero di molto appoggiare un nuovo governo, preferibilmente di unità nazionale, come ammette senza perifrasi il loro vero leader al Senato, l'ex direttore del Quotidiano nazionale Andrea Cangini. Per Conte sfidare il pallotoliere dell'aula è un colpo di dadi. Ma Renzi, dal canto suo, non solo non ha alcuna certezza di vincere la conta ma, soprattutto, non è affatto sicuro, anzi, di non pagare il prezzo dell'eventuale successo con le elezioni anticipate, che renderebbero la sua vittoria contro Conte pari a quella di Pirro. Evitare lo showdown finale non è probabilmente più possibile. Rinviarlo di molto neppure. Ma nonostante tutto lo spazio per qualche altra settimana di melina c'è.