Il vertice sulla prescrizione suscita reazioni anche tra gli avvocati. L’Organismo Congressuale Forense, con il coordinatore Giovanni Malinconico, ha commentato che «il Lodo Conte bis sembra voler mediare tra proposizioni inconciliabili, finendo per dar vita a un pasticcio che non solo non risolve i problemi, ma li aggrava». Poi ha aggiunto: «La sensazione spiacevole è che quando si parla di temi delicatissimi come quello della giurisdizione, pur di venire incontro agli istinti dell’elettorato valga tutto. Anche calpestare principi sacrosanti come il diritto al giusto processo e alla durata ragionevole dello stesso». Sul tema, l’Ocf ha proposto un quesito referendario che è stato accolto dalla maggioranza al governo della Regione Sicilia.

Anche Anf, in una nota inviata al Dubbio, ha definito l’accordo a tre della maggioranza «non convincente, perché fa discendere da una condanna o da un’assoluzione non definitive conseguenze determinanti sul piano penale in aperta violazione della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, costituzionalmente garantita. Fare aggiustamenti col bilancino su un tema che è di carattere assolutamente generale non è buona politica, ma solo compromesso che non dà risposte». Il segretario generale dell’associazione, Luigi Pansini, ha aggiunto che avvocati, professori e anche magistrati, «anche in aperto dissenso con l’Anm, hanno criticato in modo puntuale la nuova norma sulla prescrizione», poi ha aggiunto che la soluzione sarebbe quella di «rinviare intanto di un anno l’entrata in vigore della riforma Bonafede sulla prescrizione, e le forze politiche sappiano nel frattempo, alla luce della riforma complessiva del processo penale che il Guardasigilli intende presentare nei prossimi giorni, incidere realmente sul sistema giustizia del nostro Paese». L’auspicio di Pansini è che ci sia uno stop «al tifo da stadio e con il livore mediatico sull’abolizione della prescrizione: è interesse di tutti, a partire da magistrati e avvocati, garantire tempi più rapidi e certi attraverso interventi sull’instaurazione dei processi in modo da rendere superflua la riforma della prescrizione targata Bonafede e non intaccare il principio di civiltà giuridica per il quale, se lo Stato non è riuscito a celebrare un processo in quindici anni, è anche giusto che rinunci alla sua potestà punitiva».

La serata di venerdì è stata teatro di un nuovo scontro tra avvocatura e magistratura sulla prescrizione. Nella trasmissione Piazzapulita su La7, infatti, si sono confrontati il presidente delle Camere penali. Giandomenico Caiazza, e il consigliere del Csm, Piercamillo Davigo.

In quella sede, Caiazza ha ribadito che «Il cittadino non può rimanere imputato o indagato a vita. La potestà punitiva dello Stato ha il dovere di fermarsi quando si è andati oltre i tempi ragionevoli del processo. Un processo penale che dura tempi irragionevoli è di per sè una pena». A lui ha risposto Davigo, sostenendo che «La prescrizione ha preso il posto dell’amnistia.

Perché devo patteggiare se resistendo riesco a non avere alcuna pena?», poi ha ricordato che «il 15 per cento dei ricorsi in Cassazione sono contro sentenze di patteggiamento. Ma c’è un altro Paese al mondo in cui si fa ricorso dopo un patteggiamento? Si fanno i ricorsi perché si punta alla prescrizione», infine ha aggiunto che In Italia «viene proposto un numero di impugnazioni che non ha equivalente in altri Paesi, perché in altri Paesi ci sono sistemi di deterrenza che scoraggiano i ricorsi». La risposta di Caiazza non si è fatta attendere ed è stata netta: «La macchina giudiziaria è ingolfata. L’azione penale è formalmente obbligatoria, di fatto le procure selezionano principi di priorità su quali siano i procedimenti da mandare avanti e quali mettere sul binario morto che arriverà alla prescrizione. Il 60% delle prescrizioni matura prima dell’udienza preliminare, quando gli avvocati non toccano palla, non sanno neanche cosa sta accadendo e non possono determinare nulla».

Il dibattito sulla prescrizione, dunque, rimane infuocato e la posizione dell’avvocatura rimane molto critica rispetto alle attuali posizioni del governo.