I decreti sicurezza vanno superati. Lo dice il Pd, ne è convinta Italia Viva e anche il Movimento 5 Stelle ha ormai accettato l’idea. La “fase due” del governo Conte potrebbe dunque partire da qui, cancellando i provvedimenti più connotanti del salvinismo a Palazzo Chigi. «Dobbiamo assumere l'occasione per dare un'altra visione della sicurezza», dice il vice segretario del Pd, Andrea Orlando. «I decreti sicurezza di Salvini hanno creato semmai più clandestini e sul piano dell'integrazione anziché passi avanti hanno fatto fare passi indietro», aggiunge, gettando le poi le basi anche per la revisione degli accordi con Libia sui migranti targati governo Gentiloni: «Crediamo siano necessarie modifiche, e il ministro degli Esteri si sta attivando in tal senso», annuncia Orlando. La correzione dei decreti sicurezza, del resto, faceva parte delle cinque condizioni poste da Zingaretti a fine agosto per accettare di sedersi al tavolo delle trattative con i grillini e dar vita al nuovo esecutivo.

Se la posizione dem era dunque abbastanza chiara fin dal primo momento, diverso è sempre stato l’atteggiamento del Movimento, che quei provvedimenti aveva approvato insieme al precedente alleato.

E nonostante il dibattito pentastellato in merito alle revisioni sia ancora molto acceso, il reggente Vito Crimi prova a indicare la linea. I decreti sicurezza «sono da modificare, lo abbiamo detto più volte, a partire dalle richieste che vengono dal Presidente della Repubblica», dice sicuro il viceministro dell’Interno, andando incontro alle richieste dem. «Questo è il punto di partenza, tutto il resto è ancora da discutere, anche in Parlamento». Anche in Parlamento, certo, ma soprattutto tra gli eletti M5S, divisi tra mille sensibilità e alle prese con un vuoto di potere interno, foraggiatore di caos. I grillini aspettano gli Stati generali, rinviati a data da destinarsi, per fare chiarezza e trovare un equilibrio, ma gli alleati non hanno più intenzione di tergiversare su una questione così dirimente. E Crimi accetta di fare un primo passo, perché tutti i partiti della maggioranza pressano in quella direzione. «Quelli del Movimento 5 Stelle hanno votato la fiducia a quei provvedimenti e li hanno approvati», commenta tra i denti il leghista Giancarlo Giorgetti. «Se ora la pensano diversamente, per stare attaccati al potere, e votano il contrario di quello che pensa la maggioranza del popolo italiano, facciano pure. Tanto, prima o poi le elezioni arriveranno», è il monito del Carroccio.

Il consiglio di Giorgetti potrebbe far breccia tra alcuni parlamentari pentastellati, ma per tenere in vita il governo Conte i vertici 5S sanno che dovranno concedere più di qualcosa sui decreti Salvini. Perché se Zingaretti e compagni accettano il terreno di partenza offerto da Crimi ( modifica sulla base dei rilievi del Colle), Italia viva assume le sembianze di Leu e chiede una sorta di abrogazione totale dei provvedimenti.

«Bisogna avere un po’ più di coraggio», dichiara Maria Elena Boschi, infilandosi nelle contraddizioni della maggioranza. «Noi abbiamo votato contro i decreti sicurezza, non solo perché li riteniamo incostituzionali in quanto violano diritti umani, ma anche perché hanno inciso negativamente soprattutto sui minori», spiega l’ex ministra renziana per le Riforme costituzionali. Dunque «vanno cambiati, secondo me non basta limitarsi ai correttivi suggeriti dal presidente della Repubblica: bisogna intervenire sul sistema di integrazione», rilancia Boschi, ricordando che il sistema precedenti di integrazione, pur con i suoi limiti, era diventato un «modello importante». Per questo la capogruppo alla Camera di Italia viva si augura che «la modifica dei decreti sicurezza sia uno dei primi punti nell’agenda di governo».

I renziani, dunque, fanno asse con la sinistra e mandano in tilt i delicati equilibri di maggioranza. I grillini temono colpi di mano, o «fughe in avanti», per dirla alla Carlo Sibilia, ma i dem, consapevoli dei nuovi rapporti di forza non possono fare passi indietro: devono offrire un segnale ai propri militanti e al proprio elettorato che in Emilia Romagna ha ricominciato a mobilitarsi in nome dell’antisalvinismo. E alcuni esponenti dem, come gli eurodeputati Pietro Bartolo e Pierfrancesco Majorino, insieme alla “Coraggiosa” Elly Schlein, hanno prodotto un documento per chiedere un radicale cambio di rotta sui temi dell’immigrazione. È lungo un elenco di cose da fare con urgenza che in parte sconfessa persino la storia dei governi Pd: «La cancellazione dei decreti Salvini, il superamento della Bossi- Fini, il potenziamento dell’accoglienza diffusa, il rilancio di Sprar, un grande piano nazionale per la piena integrazione, il sostegno al soccorso in mare, la nuova gestione dei flussi contro qualsiasi illegalità, l’annullamento del memorandum con la Libia», si legge sul documento. «Tutto ciò deve e può essere il cuore di una nuova pagina da scrivere immediatamente attraverso il nostro Paese», scrive chi, come Elly Schlein, ha contribuito alla riscossa emiliana, risultando prima degli eletti con una lista autonoma ma a sostegno di Bonaccini.

Sono questi gli ingredienti che Zingaretti porterà al tavolo delle trattative col Movimento 5 Stelle per superare i decreti Salvini, provvedimenti che, persino secondo il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, critica nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Pur riconoscendo al legislatore la competenza sulle politiche migratorie, «purché nel quadro di compatibilità con le norme costituzionali e pattizie», Salvi aggiunge: «Se di sicurezza si parla, è bene che sia valutato l’effetto criminogeno e di insicurezza che discende dalla mancanza di politiche razionali per l’ingresso legale nel Paese e per l’inserimento sociale pieno di coloro che vi si trovano».