Scrivi elezioni suppletive, leggi comunali di Roma. Nemmeno il candidato deputato del collegio Roma 1, quello che fu di Paolo Gentiloni, lo nasconde: «Questo è il passaggio che porta verso l’elezione del sindaco della Capitale», ha detto Roberto Gualtieri. Lui, ministro dell’Economia del governo Conte 2, romano doc del circolo di piazza Mazzini ma lontano da Roma da anni perchè eurodeputato, è stato scelto dal duo Zingaretti- Franceschini per confermare un seggio già del centrosinistra il 1 marzo. Ma soprattutto per mettere in fila i primi tasselli che portano al maggio 2021, quando la poltrona del Campidoglio tornerà contendibile.

La presentazione organizzata in fretta e furia del suo comitato elettorale ha scelto come luogo propiziatorio la storica sala di via dei Cerchi affacciata su Circo Massimo, presente tutto il Pd romano ma assenti le fila nazionali, come a sottolineare che la competizione non vuol essere un referendum nazionale e che la partita dopo le burrasche sulla scelta del candidato - è la prova del fuoco della Capitale che prova a riorganizzarsi.

Gualtieri arriva sorridente, stringe mani e addirittura attacca da solo i manifesti freschi di stampa: accanto a lui la presidente del primo Municipio, Sabrina Alfonsi ( uno dei nomi papabili prima che spuntasse quello del ministro) e il segretario romano Andrea Casu. E’ toccato all’inquilino di via XX Settembre - che per sua stessa ammissione in questi mesi della Roma di Raggi ha potuto vedere poco, impegnato com’era a scrivere la legge di Bilancio - annunciare che «Roma è stata poco presente nel dibattito nazionale, mentre merita di essere al centro dell’agenda del governo e mi adopererò per fare proprio questo, ma per farlo serve che si impegnino tutti e sono felice cdi essere sostenuto da uno schieramento largo».

Largo ma non larghissimo e soprattutto più ridotto rispetto a quello della maggioranza al governo. Tra i sostenitori formalmente ci sono Azione e Italia Viva, di cui però non c’era traccia alla presentazione del candidato, uscite sconfitte dopo quattro giorni di lunghi coltelli con il Pd: i renziani volevano imporre il nome della giornalista Federica Angeli, ma il tentativo di sgambetto non è piaciuto ai dem capitolini, che hanno tirato fuori dal cappello il classico nome a cui non si può dire di no.

Tra gli avversari, invece, c’è anche il Movimento 5 Stelle. L’alleanza in Parlamento regge, ma nella Capitale la lotta tra Pd e grillini è sempre più dura e la tregua non è stata siglata nemmeno per sostenere un ministro del governo di cui i 5 Stelle hanno la maggioranza. Nessuna possibilità di vittoria ma solo tentativo di disturbo per la candidata Rossella Rendina, anche per i grillini le suppletive saranno il termometro per il futuro. Archiviato sul nascere qualsiasi tentativo di accordo sulla scia del Conte2, il gruppo consiliare del Pd in Comune ( Giulia Tempesta era in prima fila ad applaudire Gualtieri), infatti, sta portando avanti da mesi una dura offensiva contro la sindaca Virginia Raggi, facendo da sponda al governatore Nicola Zingaretti sulla questione dei rifiuti e della nuova discarica.

Impossibile, dunque, trovarsi a metà strada con un candidato comune per delle elezioni che hanno appunto il sapore di una prima conta, con buona pace degli auspici dell’eminenza griga di Governo, Dario Franceschini, che non ha ancora rinunciato all’idea di rendere strutturale l’alleanza coi grillini. Eppure, lo sa bene anche lui, Roma è sempre stata una partita a sè, governata da equilibri che si specchiano nella politica nazionale ma non li ricalcano pedissequamente. Proprio per questo, paradossalmente, il braccio di ferro vinto con Italia Viva alle suppletive è un ottimo primo passo: «E’ una questione di metodo, se oggi ci facciamo imporre la candidata, domani ci troveremo Carlo Calenda candidato sindaco», è il ragionamento di chi a quei tavoli era seduto. Il Pd vuole fare le cose in modo ordinato, invece: nessuna attesa del messia ma ritorno alle orgini, con primarie per il candidato sindaco a novembre.