La giunta per le autorizzazioni voterà sulla richiesta a carico di Salvini il 20 gennaio. La giostra impazzita si è fermata tornando al punto di partenza: un esito che accentua, se possibile, il carattere assurdo dell'intera vicenda. Ieri è stata un'altra giornata sulle montagne russe, e stavolta le polemiche hanno preso di mira la stessa presidente del Senato Casellati, per aver deciso di partecipare al voto della giunta per il regolamento, determinando così il passaggio dell'odg della minoranza che chiedeva di derogare da una regola che appena una mezz'ora prima era stata dichiarata ' perentoria'.

La vicenda, come tutto in questa assurda storia, è complessa e di difficile comprensione al di fuori delle alchimie tecniche del Palazzo. Dopo una serie di rimpalli durata giorni, la decisione era stata affidata alla giunta per il regolamento del Senato, nella quale l'opposizione di centrodestra era sino a ieri mattina in netta maggioranza. Da mesi la maggioranza chiedeva pertanto alla presidente Casellati di integrare la giunta con due nuovi ingressi, essendo per prassi abituale cercare di rispecchiare anche nella giunta la composizione e i rapporti di forza dell'aula. Chiamata a esprimersi in via consultiva, la giunta si era pronunciata contro l'integrazione e la presidente aveva lasciato la questione in sospeso.

Ieri, anche per evitare le polemiche che sarebbero inevitabilmente sorte se una scelta così combattuta fosse stata affidata a una giunta in mano all'opposizione, la Casellati ha deciso di far entrare in giunta la presidente del Misto Loredana De Petris ( LeU) e quella delle autonomie Julia Unterberger. In questo modo maggioranza e opposizione si sono trovate in parità. Il quesito posto dall'opposizione chiedeva se si la regola per cui il verdetto della giunta deve arrivare entro 30 giorni dalla richiesta di autorizzazione a procedere ha caratteri di perentorietà oppure, come sin qui era stato, di ordinarietà. Proprio la maggioranza aveva infatti impugnato l' ' ordinarietà' della regola per sostenere la possibilità di rinviare il voto. In giunta, però, i rappresentanti della maggioranza di governo si sono invece espressi a favore della perentorietà. Non che fosse intervenuto un cambiamento d'opinione. I gruppi di maggioranza avevano semplicemente consultato il calendario: dal momento che i 30 giorni ' perentori' scadevano alla mezzanotte di ieri, la seduta della giunta per le autorizzazioni non si sarebbe potuta tenere e la parola sarebbe passata direttamente all'aula a metà febbraio, dunque dopo le elezioni in Emilia- Romagna. Una gara di furbizie e di astuzie di piccolo cabotaggio alla quale l'opposizione non si è sottratta, ponendo subito ai voti la richiesta di derogare dalla perentorietà appena sancita.

La presidente Casellati ha scelto di votare, cosa inusuale per i presidenti delle camere, nella convinzione che per una norma appena sancita come perentoria fosse opportuno intervenire con una norma transitoria. La maggioranza la ha di conseguenza accusata in aula di essere venuta meno al proprio ruolo di terzietà, scegliendo a sorpresa di votare. In realtà si tratta di un'accusa molto esagerata, tanto più se si tiene conto del fatto che la giunta per le autorizzazioni era stata convocata per il 20 gennaio invece che per il 17, all'unanimità, per consentire a due rappresentanti dell'opposizione in missione negli Usa, Grasso di LeU e Giarrusso del M5S, di partecipare al voto.

La denuncia di una istituzione di garanzia come è la presidenza del Senato per un caso simile, nel quale le manovre tattiche si sono sprecate, dimostra quanto alta sia la tensione alle porte del voto in Emilia Romagna. Del resto, dagli spalti dell'opposizione, Salvini suona la stessa musica accusando un'altra istituzione di garanzia, la Corte costituzionale di essere ' una sacca di resistenza del vecchio sistema'. Il caso del Senato è però reso ancora più esasperato dalla futilità dell'oggetto del contendere. La bussola della maggioranza è stata infatti solo il cercare di evitare che il voto certamente favorevole all'autorizzazione contro Salvini arrivasse prima delle elezioni in Emilia- Romagna. E non è detto che sia finita. Pd e 5Stelle meditano di disertare la commissione il 20 gennaio. In questo caso l’autorizzazione verrebbe respinta salvo poi cambiare il verdetto in aula a urne chiuse. Ma certo sarebbe davvero assurdo per la maggioranza di aver sì permesso il salvataggio di Salvini ma solo per affossarlo dopo senza ammettere che l’unico problema è i voto del 26 gennaio. Il fatto che sia arrivati a tanto per una simile preoccupazione dovrebbe essere, per i partiti della maggioranza, più che inquietante.

Rivela infatti la convinzione che la maggioranza degli elettori stiano in realtà con Salvini, in particolare sul fronte dell'immigrazione, e siano quindi pronti a rispondere positivamente alla propaganda che certamente lo dipingerà come un martire.