Un altro addio in casa 5 Stelle. Non si ferma l’emorragia di parlamentari in fuga dal partito di Luigi Di Maio. Ieri è toccato al senatore Luigi Di Marzio annunciare in Aula il suo trasloco verso il gruppo Misto. Prima finito ingiustamente nell’elenco dei furbetti del rimborso ( il senatore ha pubblicato su Facebook le copie dei bonifici eseguiti), poi isolato per aver firmato la richiesta di referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, l’ormai ex grillino ha scelto di voltare le spalle al Movimento.

«Di fronte a un’epurazione di fatto, della quale non posso che dover prendere atto», dichiara a Palazzo Madama, «per fugare qualsiasi dubbio in merito, formalizzo in questa sede la mia decisione di aderire al Gruppo Misto, formazione certamente inidonea a favorire qualsivoglia eventuale desiderio della reiterazione di un’esperienza rivelatasi finora deludente, anche a causa del sostanziale disinteresse ad accogliere qualsivoglia contributo ulteriore rispetto a quello di dover pigiare pulsanti».

È il pesante atto d’accusa pronunciato in pubblica assise dal senatore nei confronti del suo vecchio partito. La decisione di lasciare sarebbe diretta conseguenza degli attacchi ricevuti per aver sottoscritto la richiesta di referendum sulla riduzione dei parlamentari. Una norma, spiega Di Marzio, votata «solo per disciplina», pur condividendo le perplessità «manifestate da studiosi» e «le critiche di quanti hanno argomentato che l’obiettivo del risparmio, invocato a sua giustificazione, avrebbe potuto ottenersi con procedura incomparabilmente più snella e senza dover incidere sul dettato costituzionale», aggiunge, prima di congedarsi.

Ma il suo non sarà l’ultimo addio. So che altri «usciranno a breve», conferma l’ex deputato M5S oggi vicino all’ex ministro Lorenzo Fioramonti. Tra i quasi certi “fuggiaschi” figura Michele Giarrusso - finito sotto la lente d’ingrandimento dei probi viri per non aver versato neanche un euro nelle casse del partito nel 2019 - che avrebbe già bussato alle porte del Misto per sondarne la disponibilità all’accoglienza. Di Maio continua a perdere pezzi e leadership, mentre il suo partito si sgretola.

Tutti guardano agli Stati generali di marzo per mostrare le proprie carte, ma prima bisognerà comunque affrontare una campagna elettorale tutta in salita anche grazie alle spaccature interne al mondo pentastellato. E ieri, un gruppo di militanti calabresi ha scritto una lettera per chiedere l’espulsione di Nicola Morra che il giorno prima aveva malamente scaricato l’aspirante governatore del M5S, Francesco Aiello, per una parentela con un presunto boss di ’ ndrangheta ucciso nel 2014.

La richiesta d’espulsione è arrivata con «una mail anonima da un indirizzo» protonmail « spesso usato per diffondere fake news senza poter risalire all’autore», sminuiscono dallo staff di Morra. Ma anonima non è la presa di posizione contro il presidente della commissione parlamentare Antimafia di Laura Ferrara, eurodeputata calabrese del M5S. «Francesco Aiello è il candidato alla presidenza della Regione Calabria della coalizione civica del Movimento 5 Stelle. Chi prende le distanze da lui, le prende dal Movimento 5 Stelle e non voterà M5S il prossimo 26 gennaio», scrive piccata su Facebook.

Il senatore Nicola Morra «non dovrebbe usare il proprio ruolo e la visibilità che quella carica gli attribuisce, per portare avanti lotte intestine e distruggere il Movimento 5 Stelle in Calabria», aggiunge Ferrara. «Non ci sono indagini a carico del professore Aiello, né precedenti penali. E se si vuole porre la questione sul piano dell’opportunità, non si possono fare valutazioni, in politica come nella vita, applicando la proprietà transitiva». Restare nel M5S è sempre più faticoso.