Il processo per i presunti affidi illeciti in Val d’Enza non è ancora iniziato e, anzi, le indagini non sono ancora state chiuse. Ma le prime punizioni sono arrivate. E sono arrivate per chi in quei fatti non è stato mai coinvolto: Simone Purgato e Giuseppe Spadaro, rispettivamente pm e presidente del Tribunale dei minori di Bologna. Ed entrambi, ora, vedono le loro carriere, fino ad oggi specchiatissime, messe a rischio dalla gogna mediatica generata dopo l’inchiesta “Angeli& Demoni”. Il primo, infatti, è stato sottoposto a provvedimento disciplinare. Il secondo, invece, ha visto sfumare davanti ai propri occhi l’ormai sicura nomina a procuratore minorile di Roma. E tutto sembra partire dalla revisione fatta da Spadaro su tutte le cause degli ultimi quattro anni, grazie alla quale aveva smentito l’esistenza di un “sistema Bibbiano”, estrapolando, su cento procedimenti, nove casi sospetti in totale, sette dei quali erano già stati “risolti” dal Tribunale dei minori con il ricongiungimento dei bambini con le rispettive famiglie.

Il procedimento a carico di Purgato. La vicenda riguarda una notizia shock lanciata a luglio: il Tribunale dei Minori, scriveva un giornale locale, era stato avvisato dalla procura di Reggio Emilia che uno degli affidi era illecito e che le relazioni che avrebbero allontanato il minore dai genitori contenevano dei falsi. Ad avvisare il pm Mirko Stifano sarebbe stato il sostituto procuratore di Reggio Emilia Valentina Salvi, titolare dell’inchiesta “Angeli& Demoni”, che gli avrebbe inviato gli atti che avrebbero dimostrato la falsità dei servizi sociali. Una richiesta, riportavano i giornali, caduta nel vuoto, tant’è che il bambino sarebbe comunque finito nel centro “La Cura” di Bibbiano, fino all’esecuzione dell’ordinanza. Notizia categoricamente smentita dal Tribunale: la Procura di Reggio Emilia, giurava in una nota Stifano, che ha anche dato mandato ai propri legali per difendere la propria onorabilità, non avrebbe «mai segnalato falsità poste in essere dai servizi sociali», né «fatto richieste o dato indicazioni di alcun genere perché i decreti del Tribunale dei minori non fossero eseguiti». Tant’è che il bambino è tornato dalla propria famiglia proprio su iniziativa del Tribunale stesso, il 13 maggio, molto prima, dunque, del blitz. Storia chiusa? Nient’affatto: la procura generale della Cassazione ha infatti esercitato l’azione disciplinare nei confronti di Purgato, al quale Salvi avrebbe inviato quel famoso fax. E non per aver ignorato la comunicazione, bensì per aver preteso, con toni non consoni ai rapporti tra magistrati, che il procuratore di Reggio smentisse la notizia. Il tutto senza accertare se quella comunicazione fosse mai avvenuta o meno e senza verificare, dunque, eventuali responsabilità per non aver impedito l’interruzione di gravissimi reati.

Il caso Spadaro. Ma di mezzo ci è andato anche Spadaro, che pure aveva fatto ordine in un Tribunale per anni dominato dal caos. La sua nomina a procuratore doveva arrivare il 13 novembre scorso, dopo quattro voti favorevoli contro i due accordati alla sua concorrente, Giuseppina Latella, procuratore per i minorenni di Reggio Calabria. Ma l’annuncio dell’invio degli ispettori ministeriali negli uffici da lui diretti ha congelato tutto. Gli uomini di via Arenula sono stati spediti lì dal ministro Alfonso Bonafede per verificare eventuali connivenze tra giudici minorili e servizi sociali dei Comuni della Val d’Enza. E dopo l’inchiesta amministrativa - dopo una prima ispezione, dalla quale era emersa la natura di “parte offesa” del Tribunale dei minori - è arrivato uno stop momentaneo alla carriera del magistrato calabrese. Il plenum del Csm, 48 ore dopo l’annuncio di Bonafede, aveva rinviato infatti la delibera in quinta Commissione, per «aspettare l’esito dell’indagine ispettiva, che ha durata di una settimana, negli uffici giudiziari di Bologna». Ma oggi, senza gli esiti di quell’ispezione, le carte in tavola sono cambiate: la quinta Commissione, a fine dicembre, ha infatti ribaltato il giudizio, accordando cinque voti per Latella e uno per Spadaro. E ora la nomina da parte del plenum, per il presidente del Tribunale di Bologna, appare un miraggio.

«Ho un profondo rispetto per le istituzioni e per il Csm. Credo profondamente nelle istituzioni e le rispetto sempre. Specie chi vi appartiene e, sia pure nel suo piccolo, le rappresenta, deve sempre rispettarne le decisioni anche quando non le condivide - ha commentato Spadaro al Dubbio -. La quinta commissione ha inteso ribaltare la precedente votazione perché non ho mai svolto le funzioni requirenti. Ho provato a dimostrare in audizione che la gran parte del lavoro svolto dalle procure minorili è costituito dal settore civile e non da indagini penali, quindi forse in ambito minorile non si applica lo stesso criterio previsto per le procure ordinarie. Ma se il Csm ritiene che non sia così evidentemente ha ragione l’organo di rilevanza costituzionale che deve interpretare ed applicare la circolare in materia di incarichi direttivi e non certo io che sono un semplice magistrato. Il proporsi per un incarico di presidente o di procuratore deve essere una disponibilità di servizio. Così è stato per me: quindi non l’ho vissuta come una sconfitta personale. Hanno indicato una collega valorosissima che evidentemente possedeva maggiori attitudini specifiche direttive cui farò i complimenti quando il plenum deciderà».