«Sono quattro volte che ci vediamo... stavolta una risposta dovrà pure arrivare». A sentire un parlamentare di maggioranza impegnato nella superpartita della giustizia, il vertice di oggi sulla prescrizione non avrà tempi supplementari. O si trova un accordo oppure ognuno per la propria strada, a costo di collisioni fatali. Appuntamento anticipato: ore 18.30 a Palazzo Chigi. Da Giuseppe Conte, Nicola Zingaretti dichiara di attendere con «fiducia un compromesso, che il premier si è incaricato di produrre». Saranno il capo del governo o il guardasigilli Bonafede a compiere la prima mossa. Il Pd dovrà dire se vede la puntata, rilancia o lascia il tavolo da poker.

Tutto chiaro? Quasi. L’esito del match di stasera è imprevedibile. Rischia di generare altri enigmi persino in caso di rottura. Potrebbe trasfigurare la legge Costa in una sorta di campo di battaglia esteso: il testo del deputato di FI, che sopprime la prescrizione di Bonafede, arriverà in aula tra poche settimane; ieri è scaduto il termine degli emendamenti, Maurizio Lupi ne ha proposto uno che acquisisce fotostaticamente la proposta di legge del Pd ( ritorno alla riforma Orlando con sospensioni appena più lunghe) e un altro azzurro, Zanettin, introduce la variante della prescrizione grillina congelata per un anno. Le armi sono cariche e i dem già stasera potrebbero cominciare a minacciarne seriamente l’uso. A meno che.

A meno che il guardasigilli non sparigli e dica sì alla proposta di Federico Conte, il deputato e penalista che rappresenta Leu in commissione Giustizia a Montecitorio. Si tratta di un’idea semplice: limitare la riforma Bonafede della prescrizione alle sole sentenze di condanna. «Liberare almeno le sentenze di assoluzione dall’incubo del processo eterno e concentrare tutti gli sforzi per garantire, a chi è condannato, delle fasi d’appello e di legittimità le più celeri possibili», come Conte ha detto in un’intervista al Dubbio.

È un’ipotesi stracarica di sospette incostituzionalità, forse non meno della stessa norma Bonafede. È però un compromesso politico. Brutto, sporco e cattivo quanto si vuole. Ma alla precedente riunione, il 19 dicembre, il ministo ha ascoltato «con attenzione» il deputato di Leu spiegare le ragioni del “lodo”. Certo, Bonafede quella volta ha anche detto che «si rischia una discriminazione incostituzionale rispetto a chi in primo grado è assolto». Eppure si tratta della sola opzione che potrebbe arrivare a concedere e che non sia già stata incenerita dal Pd. Le altre - dalla corsia preferenziale per gli appelli a quella per i risarcimenti ex legge Pinto- non seducono il partito di Zingaretti.

Proprio il segretario ha ribadito ieri che «in un Paese civile bisogna avere dei tempi di processo certi» e umani». Evita toni pre- bellici e, almeno per ora, non si spinge fino a benedire il referendum abrogativo prefigurato dall’Unione Camere penali. Le operazioni militari anti- Bonafede si tradurrebbero in minacce di votare la legge Costa. Non tanto in commissione Giustizia ( il testo arriverebbe in aula anche senza un voto favorevole, basta che non passi l’emendamento soppressivo dei deputati 5 Stelle) quanto appunto nell’emiciclo di Montecitorio.

Ci sarebbe un’ulteriore, suggestiva variabile: visto che FI proverà a incastrare i dem con l’emendamento Lupi ( eletto da Noi con l’Italia ma dal cuore azzurro) che recepisce proprio la controriforma della prescrizione targata Pd, i democratici potrebbero anche votargli contro, ma nel frattempo chiedere l’abbinamento del loro testo ( identico all’emendamento Lupi) in modo da metterlo sulla rampa di lancio per l’aula, anziché sottoporlo allo stillicidio d’un altro paio di mesi di audizioni. Sull’abbinamento, però, dal partito di Zingaretti arrivano solo smentite.

«Sembrava un’ipotesi realistica, poi però non si è visto», sapiega lo stesso Zanettin. Anche Conte di Leu potrebbe chiedere di abbinare alla legge Costa la sua proposta “extended”, che arretra il blocca- prescrizione addirittura al rinvio a giudizio ma introduce la prescrizione della fase processuale se i tempi diventano parossistici. In tutto questo c’è Italia viva, player finora considerato decisivo. In realtà, se pure in aula i renziani votassero la legge Costa, non avrebbero la certezza di mettere 5 Stelle e Pd in minoranza. Ma ci andrebbero vicino, e se nel frattempo l’Emilia- Romagna sarà caduta tra le braccia di Salvini, sarà difficile che ogni singolo parlamentare del democratico risponda delle proprie azioni.