Io non riesco a convincere nessuno, tenetelo ben presente. Se una persona vuole cambiare idea, vuole fare altre cose, può farlo».

Beppe Grillo torna a Roma per ricompattare i gruppi parlamentari, dopo la fuoriuscita di tre senatori sul Mes, ma dichiara la sua impotenza davanti ad altri eventuali cambi di casacca. Il Garante prova a schivare le domande dei giornalisti con uno dei suoi numeri: una mascherina in volto per proteggersi dai «virus» provenienti dai microfoni.

Il fondatore del Movimento dice però di non essere arrivato nella Capitale per rassicurare qualche parlamentare, «sono qui per conoscere», aggiunge. «Tanta gente non l’ho mai vista né conosciuta». Poco prima di riparare all’Hotel forum, dove spunta anche Davide Casaleggio, Grillo trova il tempo anche per una stretta di mano col presidente del consiglio Giuseppe Conte al tempio di Adriano dove è in corso la presentazione del Piano nazionale per l’innovazione. Alla stampa il comico concede giusto qualche battuta sulle sardine - «un movimeno igienico sanitario» che chiede «un po’ di pulizia - e nulla più.

Scappa verso Palazzo Madama, dove è in programma un incontro con i senatori per fare il punto della situazione. E la situazione è tutt’altro che serena, soprattutto dopo gli ultimi abbandoni.

Ma qualcuno punta il dito contro chi ha scelto di rimanere pur esprimendo posizioni e voti contrari alle indicazioni del Gruppo. È il caso di Gianluigi Paragone, oppositore del Mes e della legge di Bilancio, considerato tropo vicino alle posizioni leghiste. A uscire allo scoperto contro l’ex direttore della “Padania” è il vice capogruppo M5S alla Camera, Riccardo Ricciardi.

«Il senatore Gianluigi Paragone, sin dal post voto delle elezioni europee, si è allontanato dalle posizioni del M5S, e si è avvicinato sempre di più a quelle dell’opposizione», dice in una nota. «Dai nostri iscritti abbiamo ricevuto il mandato chiaro di sostenere questo esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Paragone non rispetta né loro, né tutti gli altri portavoce in Parlamento», argomenta Riccardi, che accusa il collega di partito per le continue «provocazioni».

A questo punto «perché non si dimette? Sia coerente, almeno per una volta e, come aveva annunciato di fare quest’estate, lasci il Parlamento», attacca Riccardi. Ma nel Movimeto ognuno resta sempre al suo posto.