Riuscirà mai Roma a dotarsi di poteri speciali in quanto Capitale? E’ da tempo immemorabile che la questione agita il mondo politico ed accademico. Dibattiti a iosa, proposte di legge finite in fondo ai cassetti, grida manzoniane sui mali dell’Urbe e sulla sua ingovernabilità, tra rinvigoriti interessi e sconcertanti oblii. Eppure si tratta di questione capitale, in tutti i sensi. Lo è per la città eterna, il cui degrado è evidente; lo è per la nazione intera che agli occhi del mondo offre una immagine della sua Capitale mortificante e vergognosa.

Ora, l’Osservatorio parlamentare per Roma, organismo bipartisan, vuole approfittare del 150esimo di Roma Capitale del Regno e poi della Repubblica per fornire alla città, oltre alle rievocazioni storiche, una legge che la doti, finalmente, dei poteri e delle funzioni che competono al suo rango. Ci riusciranno? C’ è da augurarselo. Certo, se volgiamo lo sguardo alle altre capitali europee, da Parigi a Berlino, da Londra a Madrid e Vienna, tutte, dico tutte, godono di un regime speciale. Con attribuzioni amministrative proprie.

Alcune hanno persino poteri legislativi che le rendono entità substatali. Roma, invece, dopo essere stata inserita in Costituzione, al tempo del governo Berlusconi, con la qualifica di “Capitale della Repubblica”, ha visto circoscrivere la pur necessaria menzione nella Carta fondamentale a poche altre minime attribuzioni. Minuzie amministrative che nulla hanno a vedere con la qualità di Capitale conferitole dal rango costituzionale.

Né è migliorata la situazione dopo la costituzione della Città metropolitana, che vede il Sindaco di Roma nella duplice veste di sindaco della Capitale e presidente della città metropolitana, coincidente con la vecchia Provincia. Con una dotazione finanziaria insufficiente a garantire i servizi e le infrastrutture necessarie, l’attuale città metropolitana è lontana anni luce dai modelli metropolitani esistenti nel resto d’Europa. Berlino, tanto per citare una capitale fra le più moderne, dopo la riunificazione della Germania, ha allargato la sua sfera di azione sull’area circostante del Brandeburgo, creando un’ area metropolitana efficiente e moderna. Il termine “area”, non a caso, è stato preferito al nome “città”.

L’area implica un ambito geografico ed economico- sociale nel quale imbastire una pianificazione strategica in grado di creare sviluppo, migliorare la mobilità, superare le diseconomie e puntare alla omogeneità e maggiore qualità dei servizi. Nel contempo, la capitale Berlino è stata dotata di un regime differenziato. Cosa, quest’ultima, che è avvenuta, sia pure in forme diverse, in tutte le altre capitali. In Inghilterra è stato creato nel 1999 un nuovo ente per il governo dell’area della Grande Londra: un modello introdotto dal Greater London Autorithy Act, con il precipuo scopo di evitare sovrapposizioni di competenze e rendere più agile la macchina burocratica.

Allo stato attuale, la Grande Londra costituisce un’entità territoriale separata, equiparabile alle otto regioni del Regno Unito e dotata di un proprio ordinamento specifico. La Francia, con una legge del giugno 2010, ha istituito il Grand Paris, ossia una nuova entità territoriale definita come un progetto di sviluppo sostenibile di interesse nazionale. Madrid gode di una speciale autonomia e di poteri legislativi nell’ ambito metropolitano della Comunidad.

E Roma? Qui è tutto in alto mare. Anche se, il fatto stesso di vivere a Roma, comporta alcuni benefici che conferiscono alla città- capitale una carattere proprio. E’ quel che riverbera nelle bellezze artistiche, nei musei, nei teatri, nei giardini, nei parchi archeologici, in uno straordinario e unico patrimonio storico, nella universalità della sua dimensione. In quell’unicum simbolo dell’unità dello Stato- comunità e sede del Vaticano.

Una unità che racchiude un mondo complesso e articolato. Nella capitale risiedono gli organi costituzionali dello Stato, le supreme magistrature, gli apparati centrali delle pubbliche amministrazioni ( Ministeri ed Enti pubblici), uffici e strutture amministrative di associazioni, ordini professionali, sindacati, partiti politici. Tutti organismi che sviluppano molteplici attività, spesso in collegamento con lo Stato. La Capitale è sede delle rappresentanze diplomatiche di tutto il mondo e ospita istituzioni internazionali come la FAO. D’altra parte, Roma, con i suoi quasi 3 milioni di abitanti, è comunque una comunità locale al pari di qualunque comune, con le medesime esigenze e aspettative.

Stando alla attuale formulazione dell’art. 114, comma 3 della Costituzione ( Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento), la menzionata “specialità” dovrebbe essere garantita e regolata dalla legge ordinaria. E questo è un limite che deriva dalla stessa formulazione costituzionale. Se la Capitale deve avere, come è giusto che sia, competenze legislative, queste ultime non possono che derivare da una disciplina costituzionale. La stessa ipotesi, caldeggiata da taluni, di trasformare Roma- capitale in Regione, riproporrebbe la medesima condizione, con annessa la necessità di dare alla nuova regione uno statuto di rango costituzionale, non essendo sufficiente il riferimento alla Regione Lazio.

Allora, se si vuol far presto e iniziare a modificare l’attuale assetto, converrebbe dare attuazione all’ordinamento di Roma Capitale in due tempi diversi, raccogliendo la tesi di parte della dottrina: introdurre nell’immediato una legge ordinaria, nel rispetto del dettato costituzionale e, successivamente, agire sul versante costituzionale per mettere a regime il complesso sistema. L’idea di fondo è quella di creare una Regione speciale e una Provincia speciale per dare forza a Roma Capitale.

Un modello, peraltro, già esistente nella Costituzione: quello delle Province autonome di Trento e Bolzano, inserite nella Regione speciale trentina. Quell’idea mantiene intatta la sua attualità. Si tratta, in sostanza, di creare uno status speciale per Roma Capitale che costituisca una nuova e diversa identità che superi lo stesso Comune e dia un senso all’area metropolitana, senza mortificare la Regione. L’idea che un Lazio senza Roma possa avere servizi migliori, disporre di maggiori risorse, progredire nella crescita del reddito, appare francamente insensata. Il rischio di un reciproco danno sarebbe troppo alto, tanto per il Lazio quanto per Roma.