Caro Direttore anche la Cisl aveva subito espresso le sue forti perplessita’ sulla “plastic tax”, una imposta ideata solo per fare cassa, senza una vera strategia ambientale, che mettera’ in difficoltà diverse filiere produttive, dalla plastica, all’agroalimentare. Rivedere questa misura e’ un fatto giusto. Noi riteniamo che debba essere messo all’ordine del giorno in maniera seria il tema dello sviluppo sostenibile e di un’economia che deve diventare circolare, dopo troppi anni che un’economia lineare consuma risorse naturali e continua a produrre tonnellate di rifiuti e sprechi di ogni genere.
Se come più volte sottolineato da alcuni esponenti del governo, la Plastic tax aveva l’obiettivo di limitare il consumo di materie potenzialmente dannose per l’ambiente e favorire la transizione verso l’economia circolare, gli stessi esponenti dimenticano che la transizione ha bisogno di consenso; qui il ruolo del sindacato e di tutte le parti sociali, è fondamentale ed insostituibile per favorire la consapevolezza ed il coinvolgimento dei cittadini e dei lavoratori verso obiettivi che comportano un profondo cambio di stili di vita.
All’interno di questo percorso occorre ricordare che uno degli strumenti “quotidiani” di impegno e coinvolgimento è rappresentato dalla raccolta differenziata, della plastica e di altri materiali, che doveva portare ad una riduzione della Tari. Pochissime città hanno diminuito la Tari, e coloro che quotidianamente differenziano i rifiuti e cercano di produrne di meno hanno visto vanificati i loro sforzi. La raccolta differenziata, che ha anche un importante valore educativo, va premiata e va sostenuto e valorizzato chi la fa.
L’Italia ha esempi di eccellenza mondiale nell’organizzazione della raccolta e nel riciclo dei materiali, basti pensare ai consorzi Corepla e Conai, ma l’impegno verso l’ambiente di molte imprese, dei lavoratori e dei cittadini non è ancora stato premiato come si doveva fare. Altra questione legata ad una raccolta organizzata dei rifiuti è quella della impiantistica. I pur necessari termovalorizzatori, rappresentano comunque la fine del ciclo della gestione dei rifiuti. Questi ultimi ormai sono considerati ovunque una ricchezza, ma in Italia facciamo fatica ad attrezzarci con gli impianti di trattamento che consentirebbero di rimetterli sul mercato come materie prime seconde, rigenerandole e dandogli nuovo valore, fino a quando non rimane solo che portarle al termovalizzatore, recuperando comunque energia elettrica e vapore, e riducendo, come prevedono le direttive europee, al di sotto del 10% la massa da portare in discarica che rappresenta la soluzione di gran lunga peggiore.
La vicenda del cosiddetto End of Waste è emblematica del ritardo del nostro paese. Un ciclo industriale di trattamento, riciclo e ( termo) valorizzazione dei rifiuti oltre ai numerosi positivi aspetti economici avrebbe una forte valenza occupazionale, specialmente al sud che è particolarmente sprovvisto di impianti, evitando un “turismo” dei rifiuti che provoca ulteriore inquinamento oltre allo spreco di risorse.
La mancanza di chiare scelte è però l’ovvio risultato di una assenza di strategia di politica industriale ed energetica. Non basta declamare quotidianamente che siamo la seconda potenza industriale europea, bisogna essere coerenti con politiche di tutela e di stimolo del settore manifatturiero, in modo tale che le imprese italiane migliorino la loro efficienza e competitività, a cominciare proprio dagli impatti ambientali, con la riduzione dei consumi energetici e degli scarti di lavorazione. Il nostro partner, competitor e termine di paragone, la solita Germania, ha esplicitato con chiarezza che il suo impegno su Industria 4.0 ha l’obiettivo di mantenere e migliorare la sua leadership nel settore manifatturiero. Non ci sentiremmo in colpa se l’Italia volesse conquistare la leadership nella economia circolare e mettesse in atto coerentemente tutte le misure necessarie all’interno del previsto Green Deal.
Su questa complessa partita il sindacato e la Cisl in particolare, così come sta facendo la Confederazione europea dei sindacati, chiede il pieno coinvolgimento nei processi decisionali, perché occorre accompagnare le persone, sia come lavoratori che come semplici cittadini affinché la transizione sia giusta oltre che inevitabile.
Non plastic tax ma trattamento dei rifiuti: per l’ambiente l’obiettivo è l’economia circolare
Caro Direttore anche la Cisl aveva subito espresso le sue forti perplessita’ sulla “plastic tax”, una imposta ideata solo per fare cassa, senza una vera strategia ambientale, che mettera’ in difficoltà diverse filiere produttive, dalla plastica, all’agroalimentare. Rivedere questa misura e’ un fatto giusto. Noi riteniamo che debba essere messo all’ordine del giorno in maniera seria il tema dello sviluppo sostenibile e di un’economia che deve diventare circolare, dopo troppi anni che un’economia lineare consuma risorse naturali e continua a produrre tonnellate di rifiuti e sprechi di ogni genere.
Se come più volte sottolineato da alcuni esponenti del governo, la Plastic tax aveva l’obiettivo di limitare il consumo di materie potenzialmente dannose per l’ambiente e favorire la transizione verso l’economia circolare, gli stessi esponenti dimenticano che la transizione ha bisogno di consenso; qui il ruolo del sindacato e di tutte le parti sociali, è fondamentale ed insostituibile per favorire la consapevolezza ed il coinvolgimento dei cittadini e dei lavoratori verso obiettivi che comportano un profondo cambio di stili di vita.
All’interno di questo percorso occorre ricordare che uno degli strumenti “quotidiani” di impegno e coinvolgimento è rappresentato dalla raccolta differenziata, della plastica e di altri materiali, che doveva portare ad una riduzione della Tari. Pochissime città hanno diminuito la Tari, e coloro che quotidianamente differenziano i rifiuti e cercano di produrne di meno hanno visto vanificati i loro sforzi. La raccolta differenziata, che ha anche un importante valore educativo, va premiata e va sostenuto e valorizzato chi la fa.
L’Italia ha esempi di eccellenza mondiale nell’organizzazione della raccolta e nel riciclo dei materiali, basti pensare ai consorzi Corepla e Conai, ma l’impegno verso l’ambiente di molte imprese, dei lavoratori e dei cittadini non è ancora stato premiato come si doveva fare. Altra questione legata ad una raccolta organizzata dei rifiuti è quella della impiantistica. I pur necessari termovalorizzatori, rappresentano comunque la fine del ciclo della gestione dei rifiuti. Questi ultimi ormai sono considerati ovunque una ricchezza, ma in Italia facciamo fatica ad attrezzarci con gli impianti di trattamento che consentirebbero di rimetterli sul mercato come materie prime seconde, rigenerandole e dandogli nuovo valore, fino a quando non rimane solo che portarle al termovalizzatore, recuperando comunque energia elettrica e vapore, e riducendo, come prevedono le direttive europee, al di sotto del 10% la massa da portare in discarica che rappresenta la soluzione di gran lunga peggiore.
La vicenda del cosiddetto End of Waste è emblematica del ritardo del nostro paese. Un ciclo industriale di trattamento, riciclo e ( termo) valorizzazione dei rifiuti oltre ai numerosi positivi aspetti economici avrebbe una forte valenza occupazionale, specialmente al sud che è particolarmente sprovvisto di impianti, evitando un “turismo” dei rifiuti che provoca ulteriore inquinamento oltre allo spreco di risorse.
La mancanza di chiare scelte è però l’ovvio risultato di una assenza di strategia di politica industriale ed energetica. Non basta declamare quotidianamente che siamo la seconda potenza industriale europea, bisogna essere coerenti con politiche di tutela e di stimolo del settore manifatturiero, in modo tale che le imprese italiane migliorino la loro efficienza e competitività, a cominciare proprio dagli impatti ambientali, con la riduzione dei consumi energetici e degli scarti di lavorazione. Il nostro partner, competitor e termine di paragone, la solita Germania, ha esplicitato con chiarezza che il suo impegno su Industria 4.0 ha l’obiettivo di mantenere e migliorare la sua leadership nel settore manifatturiero. Non ci sentiremmo in colpa se l’Italia volesse conquistare la leadership nella economia circolare e mettesse in atto coerentemente tutte le misure necessarie all’interno del previsto Green Deal.
Su questa complessa partita il sindacato e la Cisl in particolare, così come sta facendo la Confederazione europea dei sindacati, chiede il pieno coinvolgimento nei processi decisionali, perché occorre accompagnare le persone, sia come lavoratori che come semplici cittadini affinché la transizione sia giusta oltre che inevitabile.
* segretario confederale Cisl
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