Cespugli alti mezzo metro, ruggine che sta finendo di divorare le porte delle celle. Tutto intorno, palazzine diventate ormai dei ruderi e segnali di pericolo. Insomma se il governo non interviene, con i soldi già stanziati, sta letteralmente crollando un pezzo di memoria del Paese. Parliamo dell’ex carcere nell’isola di Santo Stefano - territorio di Ventotene, provincia di Latina - dove venivano reclusi banditi e dissidenti politici fin dall’epoca borbonica.

Tanti i detenuti eccellenti a Santo Stefano. Dall’anarchico Gaetano Bresci che non ne uscì vivo perché si suicidò, a Sandro Pertini che fortunatamente se ne andò dopo 14 mesi solo perché ebbe la fortuna di ammalarsi. In quel carcere, per ben 36 anni, fu recluso anche Sante Pollastri. Quest’ultimo, insieme a Costante Girardengo, è protagonista della famosa canzone di Francesco De Gregori “Il bandito e il campione”. Canzone che peraltro secondo molte ricostruzioni storiche enfatizza il reale rapporto che i due abitanti di Novi Ligure ebbero. Oggi, se De Gregori non avesse scritto quella canzone, Sante Pollastri sarebbe quasi dimenticato. Negli anni venti avrebbe infiammato le cronache dei giornali se il regime fascista non avesse imposto più di una censura sulle sue gesta. Figura in bilico tra mito e realtà, Sante, secondo racconti popolari, divenne bandito per vendicare l’onta subita dalla sorella, stuprata da un carabiniere, e per sfamare la famiglia poverissima. Sante Pollastri, durante il fascismo, era anche un anarchico. D’altronde aveva soltanto 14 anni quando a Novi Ligure cominciava a circolare il giornale anarchico Gli Scamiciati: la cittadina piemontese divenne uno dei centri più attivi di tutta Italia nella lotta antimilitarista contro la prima guerra mondiale. Sante, cresciuto in un ambiente fortemente libertario, anche se militante anarchico non era, ebbe comunque già in odio l'autorità e lo Stato. Ed è per questo che preferirà disertare quando sarà chiamato al fronte. Non è ben chiaro quando si sia avvicinato all'anarchia, tuttavia - secondo una versione l'appellativo di anarchico se lo sarebbe guadagnato quando, uscendo da un bar, una sera del 1922, avrebbe sputato una caramella amara al rabarbaro. Questa sarebbe caduta vicino agli stivali di due carabinieri, i quali, interpretandola come una sfida, l'avrebbero selvaggiamente aggredito.

Resta il fatto che, come alcuni anarchici di allora, coltivava la sua idea con una pratica fuori legge: compiendo rapine. Sì, Sante era un bandito. Per il fascismo divenne una vera e propria spina nel fianco, tanto da definirlo il nemico pubblico numero uno. Più volte gli uomini del regime, servizi segreti compresi, arrivarono a un soffio dal catturarlo, ma Sante sembrava imprendibile, così scaltro da farsi credere morto, salvo poi ricomparire Oltralpe e riprendere la sua attività a mani basse.

Nello stesso tempo aveva la passione per il ciclismo ed era fan del campione Costante Girardengo, suo compaesano e più grande di nove anni. Quest'ultimo vinse tantissime gare in Italia. Nel 1923, l’ideatore e organizzatore del Tour de France, Henri Desgrange, dichiarò che per essere davvero il più forte, Girardengo avrebbe dovuto vincere anche all'estero. Il campione italiano rispose con una lettera alla Gazzetta dello Sport: «Invito tutti i corridori del mondo a incontrarsi con me in una corsa a cronometro di 300 chilometri. Ad esempio sul percorso Milano- Sanremo. Se si ritiene che le strade italiane mi siano favorevoli, accetto anche di correre su strade in suolo neutro». All'inizio nessuno accettò, poi si organizzò per il Natale del 1923 una gara, al velodromo d’inverno di Parigi, tra lui e Henri Pélissier, il francese più forte di quegli anni. E fu lì che Sante il bandito, ricercato dalle autorità fasciste, ebbe la possibilità di incontrare Girardengo mentre stava per apprestarsi a partecipare alla gara. In quella gara Girardengo vinse.

Si narra che Sante venne riconosciuto prima di tutti dal massaggiatore Biagio Cavanna, quello che sarà insieme a Fausto Coppi in tutta la sua incredibile carriera, anche lui di Novi Ligure. Lo riconobbe da un fischio. Di sentire qualcuno fischiare, in un velodromo, capita talmente spesso che non c’è neanche da farci caso. Però quel fischio Cavanna lo conosceva. Perché? Era particolare. Quel fischio si chiamava “cifulò”, ed era prerogativa dei novesi. A quei tempi, se uno di Novi voleva farsi riconoscere da un compaesano in “terra straniera”, faceva appunto il “cifulò”. Il massaggiatore non ci mise molto a capire chi era il novese a Parigi. Sante e Girardengo pare che si fossero incontrati proprio lì, ma un incontro fugace, giusto un saluto. D’altronde come dice la canzone di De Gregori, parliamo di «una storia d'altri tempi, di prima del motore. Quando si correva per rabbia o per amore. Ma fra rabbia ed amore, il distacco già cresce».

Ma proprio lì, a Parigi, Pollastri venne preso dai gendarmi mentre era alla stazione metropolitana parigina della Nation. Estradato in Italia venne rinchiuso nel famigerato carcere di Santo Stefano per scontare l'ergastolo. Per Sante sarebbero seguiti decenni di giorni identici l'uno all'altro e sempre con la percezione di essere visto perennemente dal secondino. D'altronde quella è la funzione della struttura carceraria che si rifaceva al Panopticon ideato dal filosofo e giurista Jeremy Bentham. Come se non bastasse, Sante doveva vivere come ulteriore punizione cinque anni di ' segregazione cellulare' in un cubicolo sotterraneo provvisto di lettino da contenzione e un buco per urinare e defecare. Rimase in quel carcere per decenni, perfino quando sbarcarono gli americani e raggiunsero anche il penitenziario di Santo Stefano liberando diversi detenuti politici, comunisti compresi. Sante era un anarchico, ma anche un bandito: quindi era considerato un delinquente comune e non un detenuto politico. Rimase lì. Poi fu trasferito nel carcere di Parma. A sua insaputa, una suora inoltrò la richiesta di grazia per lui. Se ne occupò anche un giurista francese che inviò diversi rapporti, raccontando di come Sante si fosse comportato bene durante la prigionia, tanto da aver salvato un agente penitenziario durante una rivolta dei detenuti.

Ma fondamentale fu la testimonianza a suo favore del campione di ciclismo Costante Girardengo. Alla fine Sante Pollastri venne graziato nel 1959 dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Quando uscì dal carcere di Parma, era provatissimo e invecchiato visto che aveva trascorso metà della vita in un indicibile penitenziario. Aveva comunque voglia di lavorare per rifarsi una vita, «anche se alla mia età e col mio passato non sarà facile», come dichiarò all’unico giornalista che lo aspettava fuori dal portone. Alla fine il lavorò lo trovò. Assieme al fratello Luciano si dedicò alla vendita di articoli di merceria. Si ricostruì una vita facendo l’ambulante. Girava, naturalmente in bicicletta, con il cestino pieno di cianfrusaglie, e la gente gliele comprava perché in quel modo poteva dargli una mano e perché tutti, in paese, hanno sempre pensato che diventò un bandito per vendicarsi di un carabiniere che le stuprò la sorella. Sante visse così gli ultimi anni della sua vita nel suo paese di origine, a Novi Ligure. Muore nel 1979, un anno dopo la morte della sua compagna più giovane. Ma anche un anno dopo la morte del campione Costante Girardengo.