Anche la fidanzata di Luca Sacchi, il giovane ucciso la notte tra il 23 e il 24 ottobre davanti ad un pub della Capitale, era parte della compravendita di droga finita in tragedia. Ed è per questo che per Anastasiya Kylemnyk è scattato l’obbligo di firma, nel nuovo troncone dell’inchiesta sulla morte del personal trainer che ieri ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per cinque persone. Due di loro, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, sono già detenuti per l’omicidio del giovane, mentre sono stati ammanettati all’alba anche Giovanni Princi, amico d’infanzia di Luca, Armando e Marcello De Propris, padre e figlio, beccati in casa con un chilo di droga. Princi avrebbe partecipato alla compravendita di marijuana dalla quale è scaturito il delitto, mentre i De Propris avrebbero fornito l’arma che ha ucciso il giovane.

Secondo il gip Costantino De Robbio la dinamica del delitto è chiara: l’iniziale progetto di vendere a Princi e Anastasiya 15 kg di marijuana, al prezzo di 70mila euro, si è trasformato presto in un tentativo di rapina, terminato in tragedia. La svolta è arrivata ascoltando le conversazioni di un’altra indagine per droga, che coinvolge alcuni dei protagonisti della vicenda Sacchi e grazie alle testimonianze dei testimoni, che hanno visto l’aggressione a colpi di mazza ai danni di Anastasiya e poi l’esplosione del colpo mortale. Per il giudice lo zaino della donna, al cui interno si trovavano mazzette di banconote da 20 e 50 euro per un totale di 70mila euro, «era ciò che evidentemente costituiva il fine a cui tutta la loro azione (di Del Grosso e Pirino, ndr) era stata preordinata».

Il destino di Luca è cambiato quando Del Grosso, dopo aver incontrato Anastasiya e Princi poco distante dal luogo del delitto per contrattare l’affare, ha visto nella zaino della donna tutti quei soldi. Così ha cambiato strategia, chiedendo a colui che doveva fornirgli la droga, ovvero Marcello De Propris, qualcosa «con la quale tornare dagli acquirenti e levargli tutti i soldi, senza dunque dover dare lo stupefacente in cambio», ovvero la pistola poi usata per l’omicidio. Un’arma che era in possesso, secondo l’impianto accusatorio, del padre del giovane, Armando De Propris. Per il gip, Anastasiya ha dunque un ruolo centrale nell’acquisto dello stupefacente, 15 kg di marijuana, secondo le intercettazioni, destinati a Princi e al gruppo dell’Appio Tuscolano.

Dopo il delitto, appuntano i magistrati, Del Grosso era intenzionato a scappare in Brasile, come confidato dallo stesso al datore di lavoro, al quale aveva confessato di aver sparato senza intenzione di colpire la vittima. Ma per il giudice è impossibile immaginare che l’arma potesse servire come mero deterrente: «la pistola - si legge nell’ordinanza - non è stata utilizzata nei confronti di Anastasiya per convincerla a consegnare lo zaino, ma è stata estratta solo quando Del Grosso ha visto che la resistenza di Sacchi stava per impedire la riuscita del piano».

Duro il giudizio su Princi e Anastasiya, «pienamente inseriti nel circuito della compravendita di stupefacenti». E la donna avrebbe gestito «con freddezza e professionalità» l’incarico «di detenzione del denaro e di partecipazione alla delicata fase dello scambio». Non ci sono elementi, stando quanto riferito nel corso della conferenza stampa dagli inquirenti, per ritenere che Luca abbia svolto un ruolo nella trattativa per la droga. «Non abbiamo mai avuto dubbi su nostro figlio, lui non c'entra assolutamente nulla con il mondo della droga - ha commentato la famiglia Sacchi, tramite gli avvocati Armida Decina e Paolo Salice -. Anastasiya ci ha mentito su quanto avvenuto quella tragica sera e adesso è chiaro il motivo del suo strano allontanamento. Se ha sbagliato è giusto che paghi».