Ci sono margini di miglioramento, notevoli. Così le istituzioni dell’avvocatura scelgono di intervenire sul decreto fiscale e sulla Manovra con un ampio documento di osservazioni, in cui rinnovano proposte da tempo sollecitate al legislatore e ne presentano nuove in accordo con i contenuti dei provvedimenti per il 2020. Al secondo campo va ascritta per esempio la richiesta di differimento del periodo di prima applicazione degli Isa, gli indici sintetici di affidabilità divenuti motivo di disagio per tutte le categorie professionali. Rispetto invece alla norma che prevede di sanzionare gli esercenti che rifiutano i pagamenti elettronici, gli avvocati chiariscono che, nel campo della libera professione, «la tipologia di pagamento è per lo più effettuata tramite bonifico bancario» e pertanto la richiesta che avanzano alla politica è di «escludere la sanzione quando si utilizza quest’ultima forma di pagamento».

A predisporre il documento sono Consiglio nazionale forense, Cassa forense e Organismo congressuale forense. Si tratta di un lavoro congiunto, attorno al quale nel corso della settimana si sono confrontati il presidente del Cnf Andrea Mascherin, il coordinatore di Ocf Giovanni Malinconico e il presidente della Cassa Nunzio Luciano. In tutto sono 11 le proposte di modifica al decreto fiscale per il 2020, ora all’esame della Camera, e alla legge di Bilancio, per la quale ancora ieri l’esecutivo ha ipotizzato modifiche, che a questo punto assumeranno la forma di emendamenti governativi da proporre in commissione. È d’altronde lo stesso percorso che potrebbero seguire gli interventi sollecitati da Cnf, Cassa forense e Ocf, rivolti all’interesse dell’avvocatura ma anche dei liberi professionsti in generale. Tanto che una delle prime questioni richiamate nel documento diffuso ieri è la necessità di rimodulare i criteri di determinazione della Tari per tutti gli studi professionali. Un lavoro approfondito riguarda, naturalmente, gli interventi attesi in modo specifico dal ceto forense, a cominciare dalla possibilità di detrarre le spese legali fino all’incremento dei fondi per il patrocinio a spese dello Stato, «in linea con il diritto di difesa sancito dall’articolo 24 della Costituzione». Richieste modifiche anche per semplificare gli adempimenti per gli studi professionali, estendere i vantaggi del regime forfettario al 15 per cento anche a professionisti e imprese che operano in forma associata e definire misure di sostegno della attività di Cassa forense. Di seguito, ecco il dettaglio di alcune delle osservazioni avanzate congiuntamente da Cnf, Cassa forense e Ocf.

LE DISPARITÀ SULLA TARI

istituti di credito. «L’attuale disciplina per la determi- , fanno notare gli organismi forensi, «prevede una immotivata disparità di trattamento e fra istituti bancari e studi professionali. A fronte di un volume di rifiuti pressoché identico, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, il coefficiente potenziale di produzione dei rifiuti degli studi professionali» individuato nelle relative tabelle «è pari ad oltre il doppio».

DETRARRE LE SPESE LEGALI

Si tratta di una sollecitazione rivolta al Parlamento già in occasione della Manovra per il 2018 e che riguarda, precisamente, la detraibilità delle «pese legali sostenute per la difesa in un procedimento giudiziale ovvero per l’assistenza stragiudiziale, certificate dalla fattura del difensore, con espressa indicazione della causale e dell’avvenuto pagamento». Riguardo alle «spese nel procedimento penale», Cnf, Cassa foremnse e Ocf chiedono che si possano detrarre integralmente. Come ricorda il documento dell’avvocatura, «la detrazione delle spese legali per il cittadino, al pari di quella prevista per le spese sanitarie, risponde a un’esigenza di equità e di giustizia reale e concreta. Il diritto di difesa, infatti, è garantito a livello costituzionale dall’art. 24, al pari del diritto alla salute, e ricomprende necessariamente l’assistenza tecnica e professionale prestata dall’Avvocato. Si tratta di soddisfare non solo un diritto costituzionalmente garantito, ma anche un interesse generale, quello all’amministrazione della giustizia». Nello specifico si chiede dunque di prevedere la detraibilità delle spese legali «al pari di quelle sanitarie», vale a dire con il «limite del 22 per cento». Riguardo alla richiesta di detrarre integralmente le spese in campo penale, si ricorda che in quell’ambito «l’attività difensiva ha un costo che ricade sempre sull’indagato e/ o imputato, sebbene l’assistenza tecnica sia obbligatoria e non gratuita, salvo l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato».

DEDURRE LE SPESE PROFESSIONALI

Si tratta dei costi sostenuti non solo dall’avvocato ma da ogni professionista, dei quali l’emendamento propone di ampliare la deducibilità quando sono «strumetali all’esercizio della professione». In particolare di «quelle sostenute per vitto e alloggio ( dal 75% al 100%), quelle per le spese di rappresentanza ( dal 2% al 4%), nonché di quelle per l’aggiornamento professionale ( eliminando il tetto massimo introdotto con l’art. 9 L. 81/ 2017)». Secondo Cnf, Cassa forense e Ocf, «occorre porre rimedio a una situazione di squilibrio che si crea quando il professionista sostiene una spesa, che non può dedurre, determinando così l’ampliamento dell’imponibile, al quale tuttavia non corrisponde una effettiva capacità contributiva.

Si tratta di un costo irragionevolmente tassato dall’ordinamento, al pari di un compenso percepito dal professionista». Nel caso delle spese di rappresentanza, segnalano poi le istituzioni forensi, «il limite risulta inferiore rispetto a quello riconosciuto agli imprenditori».

PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

L’avvocatura chiede «l’incremento dei fondi» per il patrocinio a spese dello Stato e modifiche del Testo unico per le spese di giustizia «a costo zero» e anzi «con ricadute di semplificazione delle procedure a carico degli organi pubblici ( che eviterebbero liquidazione ed eventuale azione di regresso) ed effetti di risparmio diretto e indiretto, quale la modifica dell’art. 133» relativo al pagamento in favore dello Stato.