“Focus Cdd”: così si è svolta la giornata di incontro e soprattutto confronto tra il Consiglio Nazionale Forense e i Consigli distrettuali di disciplina di tutta Italia, cui hanno preso parte circa 250 consiglieri di disciplina provenienti da tutti e 26 i distretti. L’evento, che è durato per tutta la giornata, era particolarmente atteso visto l’intervenuto rinnovo della composizione dell’organo disciplinare ed «è stato il primo incontro ufficiale, ma diventerà un appuntamento fisso annuale», ha spiegato la coordinatrice della Commissione Cnf per i rapporti con i Cdd e Giurisdizionale, Patrizia Corona, «con l’intento di un costante aggiornamento per l’organo disciplinare e l’obiettivo di uniformare il più possibile le prassi e le soluzioni procedimentali».

Ad aprire i lavori è intervenuto il presidente del Cnf, Andrea Mascherin, il quale ha sottolineato come «l’avvocatura sia tecnicamente attrezzata nel difficile compito del giudicare nei procedimenti disciplinari, perchè siamo professionisti del diritto e soprattutto non abbiamo schieramenti interni e correnti». Ha poi spiegato come «Il cuore della tenuta dell’avvocatura sono i Consigli distrettuali di disciplina, che devono però intrattenere un rapporto sinergico con i Consigli degli Ordini: serve coscienza culturale, sociale e politica per svolgere al meglio questo ruolo, in modo da garantire soprattutto omogeneità sul territorio».

A seguire, il vicepresidente del Cnf, Giuseppe Picchioni, ha relazionato sul “principio accusatorio nel procedimento disciplinare”, evidenziando come «i principi alla base del procedimento sono quello di atipicità della prova, che non ha alcuna tassatività purchè essa venga assunta legittimamente e nel rispetto del divieto di automatismo sanzionatorio; della non punibilità a priori e della tendenziale idoneità di qualsiasi comportamento che violi le norme ad assurgere a illecito passibile di sanzione».

Alla base del procedimento riformato con la legge del 2012, inoltre, è il fatto che «l’oggetto non è la tutela di una parte lesa, ma dell’immagine stessa della categoria, dunque di un diritto indisponibile e non negoziabile». Si è poi soffermato a sottolineare la diversità di ruoli tra Consigli degli ordini e Consigli distrettuali di disciplina, i primi come custodi dell’Albo ed esecutori delle sanzioni, i secondi come “proprietari” del potere disciplinare: «I Coa fungono solo da innesco per l’azione disciplinare, che invece è di potestà esclusiva dei Cdd».

All’incontro è poi intervenuto con una relazione applauditissima dalla platea il primo presidente emerito della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, il quale ha esposto ai consiglieri di disciplina alcune tecniche di motivazione delle decisioni. Innanzitutto ha sottolineato che il nuovo rito disciplinare dell’avvocatura «è quasi penalistico e si muove a cavallo di due riti, quello inquisitorio e accusatorio, con la presenza del pm e la scansione tra dispositivo e motivazione delle decisioni».

Quanto al merito del ruolo, ha ricordato come «il potere disciplinare è grande e fa male, perchè interviene sulla vita professionale e sulla dignità dei colleghi. Si tratta di una enorme responsabilità, cui corrisponde un dovere: quello della motivazione di ogni decisione». In questo senso, per ogni giudicante «i fari sono la norma e la ragione data del provvedimento preso: se manca la motivazione, si mette in discussione la legittimazione stessa al giudizio degli organi che esercitano questo potere».

Quanto alle tecniche redazionali, Canzio ha richiamato come modello le Sei lezioni americane di Italo Calvino. «Un riferimento che forse appare strano per un giurista, ma nel saggio Calvino indica sei caratteristiche della bella scrittura e io credo che tre si attaglino perfettamente agli operatori del diritto: la leggerezza, l’esattezza e la rapidità».

Queste tre caratteristiche, secondo Canzio, sono indispensabili per il giurista chiamato con la sua decisione a «decifrare una società e una realtà che sono sempre più plurale e complessa, tanto da essere quasi incomprensibile all’esterno». Infine ha enunciato i due limiti di ogni giudice, che sia magistrato o avvocato nelle funzioni disciplinari: «I due fari di giudizio siano sempre l’etica del limite e l’etica del dubbio».

Dopo le relazioni, la giornata di lavori è proseguita con una fase più operativa di question time con i membri della Commissione del Cnf, in cui i consiglieri di Cdd intervenuti hanno potuto confrontarsi con i colleghi e con il Cnf, affrontando nel merito le questioni concrete di difficoltà o di dubbio nei procedimenti disciplinari che sono stati chiamati a giudicare.