La delegittimazione morale e intellettuale dell’avversario è sempre stata una brutta caratteristica della nostra political culture ma, in genere, si cerca di non oltrepassare ( troppo) le frontiere del buon gusto e della sobrietà. Non si chiede, per carità, il rispetto dell’avversario ma di non massacrarlo di botte ( per ora solo virtuali) fino a renderlo irriconoscibile. E, soprattutto, di non affibbiargli le ‘ pecore nere’ della famiglia, facendole passare come quinte colonne in partibus fidelium. Chi non ricorda «le brigate rosse sono nere» ? E quale cittadino di buon senso non è trasalito assistendo in tv alle cerimonie in ricordo dell’abbattimento del Muro di Berlino - l’ Antifaschistischer Schutzwall - in cui sembrava quasi che le sue macerie fossero crollate sui sovranisti di allora ( amanti dei muri e del “respingimento”) e non su una odiosa dittatura comunista?

Va detto, però, che in fatto di faziosità ideologica nessuno aveva ancora toccato le vette di Michele Serra, le cui riflessioni sul caso Liliana Segre ( Il normale paese dell’odio) sono state pubblicate su la Repubblica l’ 8 novembre u. s. non nella pagina delle opinioni - in cui deliri e partigianerie sono tollerati - ma addirittura come editoriale. L’articolo di Serra è così bilioso che, per liquidarlo, basterebbe citarne il crescendo rossiniano della seconda parte. Vi leggiamo che «inorridire di fronte alla deportazione degli ebrei, a questo punto della storia italiana, rischia di diventare appena un segmento, tra i tanti, del ' politicamente corretto». Non si sa quali siano gli obiettivi polemici dell’editorialista ma ormai siamo abituati alle “denunce contro ignoti”: alte cariche della Repubblica, non perdono occasione per stigmatizzare quanti vogliono riscrivere la storia del ventennio fascista, senza mai fare nomi ( né potrebbero farli dal momento che da noi non ci sono storici negazionisti e solo definendo la storiografia revisionista come “la giustificazione storica e morale del fascismo” - lo fece anni fa, sul‘ Corriere della Sera, uno dei più prestigiosi autori di Laterza - si può mettere sotto i denti qualcosa da masticare).

E’ nel prosieguo dell’articolo, però, che Serra indica chiaramente i suoi bersagli polemici. La citazione, pur lunga, è obbligatoria giacché rimarrà certamente nella storia dell’inquisizione ‘ repubblicana’, come esempio di falsificazione ideologica: «Nessuno è così stupido, e neanche così ottimista, da non capire che il ripudio dell'antifascismo da parte della destra italiana, da Berlusconi in poi, non poteva che avere conseguenze devastanti. L'antifascismo è consustanziale alla democrazia europea: addirittura alla nascita dell'Europa. Non lo è perché così ci piace pensare, così ci piace dire. Lo è perché così la Storia ha stabilito: la distruzione del nazifascismo, la Bestia che scatenò la Guerra, è la condizione stessa della rinascita dei popoli europei. Tanto per capire meglio che cosa significa ' sovranismo': distruzione dell'Europa ovvero della democrazia. La destra italiana non è più antifascista da tempo. Senza rendersi conto che questo significa, per lei stessa, perdere orientamento, perdere identità, perdere autonomia. Insomma perdere se stessa».

Non m’interessa la filosofia politica di Michele Serra, né la sua promozione dell’aggettivo antifascista a sostantivo ( sostantivo è solo la democrazia liberale, tanto antifascista quanto anticomunista!). A fare inorridire me, questa volta, è la condanna assoluta, senza appello di «quei parlamentari rimasti con il culo - ma la volgarità non sta solo a destra? - sulla poltrona di fronte a Liliana Segre» . Personalmente non mi sarei astenuto sull’istituzione della Commissione Segre, avrei votato contro e basta, ma il punto è un altro: c’erano delle ragioni fondate in quell’astensione? Gli editoriali sul Messaggero di un giurista come Carlo Nordio ( Commissione Segre/ Il Tribunale del Bene un pericolo da evitare e del sociologo, 1 novembre) e di un sociologo come Luca Ricolfi ( Oltre il caso Segre/ Commissione strabica, pregiudica le libertà, 2 novembre) erano una difesa del ‘ Capitano’? Non vorrei essere equivocato: non m’interessa dimostrare che Nordio e Ricolfi hanno ragione e Serra & companeros indignados torto.

Quello che trovo ripugnante è l’eticizzazione totalitaria del discorso politico: se su una tesi si pianta la bandiera del Bene, non c’è più confronto ma solo ricorso autorizzato alla violenza. Se si stabilisce l’equazione nazionalismo- sovranismo- nazismo ( e magari con l’aggiunta di ‘ euroscetticismo’) sul teatro della politica democratica cala un pesante sipario, giacché ai criminali ( «estremisti e curvaioli» ) non c’è niente da dire: non sono avversari politici ma farabutti da consegnare alla giustizia o, in mancanza di reati perseguibili, alla gogna dell’opinione pubblica benpensante.