Dalle intercettazioni diffuse sull’arresto di Antonello Nicosia è spuntato il nome di Michele Capano, avvocato e consigliere generale del Partito Radicale, già tesoriere di Radicali Italiani. Nonostante non sia indagato, il Fatto Quotidiano ha scatenato su di lui un attacco feroce, insinuando che possa essere un avvocato che “favorisce un mafioso” e collegando questo “fiancheggiamento” alla storica attività dei radicali per i diritti dei detenuti.

Avvocato, quali erano i suoi rapporti con Nicosia?

L’ho conosciuto quando tra il 2016 e il 2017 aveva organizzato in Sicilia alcune proiezioni del docu- film di Crespi su Tortora e aveva chiesto a Radicali Italiani di mandare qualcuno per i dibattiti. E io andai, quale membro del comitato. Da lì, attorno al comune interesse per le tematiche ‘ penitenziarie’, si è avvicinato a noi. Dico subito che, nel doveroso rispetto e nella naturale attenzione verso l’inchiesta in corso, ho chiesto alla Procura di Palermo di essere ascoltato per dare ogni chiarimento.

Che idea si è fatto del circo mediatico che si è scatenato sulla vicenda?

C’è da tempo un tentativo di mettere in discussione il diritto costituzionale alla difesa per coloro che abbiano commesso crimini efferati di stampo mafioso. Ma su questo si è espressa la Consulta ritenendo illegittimo limitare i colloqui tra avvocati e detenuti al 41bis; e oggi nuove “speranze” vengono dalle sentenze Cedu e Corte Costituzionale sull’ergastolo ostativo, a seguito delle quali si sono levati progetti eversivi di ribaltamento, non meglio chiariti, delle decisioni giudiziarie.

Ma l’attacco è soprattutto a voi radicali, “lobby garantista” dietro la quale “spesso si celano collusioni”.

Noi radicali consideriamo il 41 bis un regime di tortura, e non c’entra nulla il papello di Riina su questa nostra valutazione “storica”: non è accettabile solo un’ora al mese di colloquio coi familiari separati da un vetro, senza la possibilità di dare una carezza dopo 25 anni di carcere alla propria moglie. Noi siamo lo Stato, loro i criminali. Il problema non è chi sono loro ma chi vogliamo essere noi per combatterli.

Diventare come loro vuol dire certificare la loro “vittoria definitiva”.

Lei è stato preso di mira perché legale di Filippo Gattadauro, cognato del boss Matteo Messina Denaro.

La condizione illegale degli “internati” al 41 bis presso la “casa di lavoro” del carcere di Tolmezzo è denunciata anche dal collegio del Garante dei detenuti in un rapporto del settembre 2019 visibile sul loro sito e trasmesso al Parlamento.

Sono amici dei mafiosi e dei camorristi anche loro? Non credo. All’ interno del “limbo” giuridico in cui si trovano gli internati, accade poi, come ho evidenziato proprio sul Dubbio mesi or sono, che al di fuori di ogni regola codificata si presentino funzionari dello Stato ad offrire milioni di euro per “informazioni utili” ( come se chi è da dieci anni al 41 bis potesse fornirle). Un fatto gravissimo che nessun altro giornale ha ripreso. Sicuramente c’è grande insofferenza che queste realtà della nostra povera Repubblica abbiano una speranza di essere conosciute. Il problema di molti non è quello degli avvocati collusi, ma degli avvocati “tout court”: “certa gente” deve marcire in carcere senza diritto di essere difesa. Da “radicale avvocato” ( come diceva Marco Pannella ndr.), a costoro dico che non mollerò, e non molleremo. Non si facciano illusioni.