Ieri alle 18 ora locale è scaduta la tregua, iniziata il 22 ottobre, nel nord della Siria. L'interruzione dei combattimenti scaturiti dall'operazione “Fronte di pace”, portata avanti dalla Turchia il giorno 9, avrebbe dovuto consentire alle Unità di protezione del popolo curdo ( Ypg) di lasciare l'area lungo il confine turco. 150 ore per ritirarsi come stabilito dall'intesa raggiunta a Sochi da Erdogan e Putin. Al posto dei curdi, militari dell'esercito regolare di Assad e soldati di Mosca.

Un equilibrio altamente instabile che già, ore prima della scadenza della tregua, è stato rotto dai primi scontri tra l'esercito di Ankara, coadiuvate dalle milizie anti Assad, e truppe di Damasco insieme alle Fds ( Forze democratiche curdo arabe). Secondo l'Osservatorio siriano per i Diritti Umani si tratterebbe di violenti scambi di artiglieria registrati nella zona di al- Assadiya e a sud della cittadina di Ras al- Ayn. Il bilancio delle vittime parla di 11 morti complessivi.

Appare così in alto mare la possibilità di un pattugliamento comune russo- turco della “safe zone” di 10 km come stabilito dai colloqui tenutisi sul Mar Nero. Mosca sostiene militarmente Assad e se proseguiranno i combattimenti sarà difficile portare avanti il frutto degli accordi. In ogni caso ieri ad Ankara una delegazione russa stava ancora discutendo del coordinamento con l'esercito di Erdogan.

Intanto l'aviazione russa ha bombardato zone a sud di Idlib, nord Siria, quelle che rientrano nella cosiddetta area di “de- escalation”.

Quì si concentra l'ultima roccaforte delle forze anti regime che, all'indomani dell'offensiva turca, hanno ripreso fiato. Proprio ad Idlib è stato individuato e ucciso dagli statunitensi al- Baghdadi. Washington non esclude nuovi raid contro altri obiettivi in base alle informazioni raccolte sul campo. Le fonti potrebbero essere due uomini catturati durante il raid nel compound di al Baghdadi.

Ma la fonte di intelligence principale potrebbero essere stati proprio i curdi come confermato da Trump il quale ha dichiarato che già a maggio avevano condiviso elementi importanti sulla posizione del “califfo nero”. Per questo motivo il portavoce delle Fds, Moustafa Bali, è tornato nuovamente ad accusare la Turchia di «non aver rilevato come minaccia per la sicurezza la presenza del capo dell'Isis e del portavoce del gruppo a pochi km dal suo confine».

In questo contesto si inseriscono le parole del comandante dei pasdaran iraniani, il generale Ismail Kowsari, che ha approfittato degli scontri incrociati per attaccare gli Usa. «L'Isis è stato creato e sostenuto dagli americani - ha accusato quindi gli americani sapevano bene dove si nascondesse il capo del terrore».