Senza l'inchiesta ' Mondo di mezzo' la giunta Marino sarebbe stata disarcionata dall'alto, dal segretario dello stesso partito dell'allora sindaco di Roma? Senza quella che i giornalisti ribattezzarono, già subito dopo i 37 arresti del 2 dicembre 2014, ' Mafia capitale', Virginia Raggi sarebbe oggi prima cittadina della Capitale? L'M5S avrebbe raccolto ugualmente la copiosa massa di voti che la ha reso per un po', nel 2018, il primo partito d'Italia e tuttora la principale forza parlamentare?

Sui giornali di ieri campeggiavano articoli impegnati a definire la sentenza della Cassazione che ha cancellato le condanne per associazione mafiosa per i protagonisti dell'inchiesta più esplosiva dell'ultimo decennio ' un passo indietro', un esempio di ' negazionismo'. Moltissimi, a partire dall'ex assessore della giunta Marino Sabella, hanno ricordato che comunque «a Roma la mafia c'è e altre sentenze della Cassazione lo hanno confermato». Un muro a difesa del sostegno acritico che quasi tutti i media e quasi tutte le forze politiche hanno garantito a un'inchiesta che, in realtà, doveva apparire fragile sin dall'inizio.

Sarà bene riassumere l'impianto accusatorio e i suoi limiti. Sulla cooperativa di ex detenuti ' 29 giugno', guidata da Salvatore Buzzi e fortemente connotata a sinistra, grandinano accuse di corruzione, in una rete che coinvolge alcuni dei principali esponenti della politica locale sia di destra che di sinistra. Con Buzzi e i politici inquisiti finisce alla sbarra anche Massimo Carminati, che non è di sinistra ma di estrema destra, ha frequentato negli anni ' 70 e ' 80 i Nar di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ha perso un occhio mentre tentava di passare clandestinamente il confine con la Svizzera, è stato vicino anche alla banda della Magliana e in particolare al suo primo capo storico, Franco Giuseppucci detto ' er Negro'. Carminati è inquisito sia per le vicende di corruzione che coinvolgono la ' 29 giugno' sia come capo di un gruppo di malavitosi che si occupa essenzialemnte del ' recupero crediti' a Roma Nord.

Carminati è il perno dell'inchiesta. E' il solo punto di raccordo tra i due filoni dell'inchiesta. La sua straordinaria ' caratura criminale' viene citata a più riprese nell'ordinanza della procura e non per vezzo. E' proprio questa ' caratura' a consentire la contestazione ai principali imputati dell'art. 416 bis, l'associazione mafiosa. Si tratterebbe infatti di una mafia anomala. Nessun atto di violenza, almeno nel troncone dell'inchiesta che riguarda la corruzione. Nessuna minaccia. Nessuna intimidazione. Nessuna costrizione. L'impianto si basa sul fatto che la sola presenza di Carminati ( e del suo gruppo di picchiatori) garantisce l'esistenza della costrizione e intimidazione in forza del vincolo associativo senza la quale non si potrebbe muovere l'accusa di mafia.

La giunta Marino non è direttamente coinvolta ma il Pd romano, che viene commissariato, sì e pesantemente. L'inchiesta delegittima di fatto la giunta e crea le condizioni per la sua caduta. Il comune è a rischio di sciogli- mento perché inquinato dalla mafia, sorte che colpisce il municipio di Ostia. Con un esercizio un bel po' equilibristico invece lo scioglimento a Roma non viene chiesto. Si potrebbe infatti parlare di mafia ma solo negli anni della precedente giunta Alemanno. Poi si è tornati alla ' semplice' corruzione.

Il problema è che tra le due associazioni, quella dei corrotti del Campidoglio e quella degli esattori di Roma nord non viene evidenziato alcun rapporto, se non la mera presenza di Carminati in entrambi i filoni dell'inchiesta. Né figuravano minacce di sorta, a parte quelle costitute di per sé, secondo l'impianto accusatorio, dalla sola presenza di Carminati. Il 4 giugno 2015 arrivò una nuova raffica di arresti, 44 domiciliari inclusi. Il 31 ottobre dello stesso anno Marino fu costretto alle dimissioni. Il 20 luglio 2017 la condanna in primo grado si concluse con condanne molto pesanti ma con l'assoluzione per il 416 bis. Una sentenza quasi salomonica, o almeno molto diplomatica, che smentiva la procura ma allo stesso tempo la ' risarciva' riconoscendo con le condanne molto dure la gravità dei reati. Il 6 marzo 2018 l'appello, rovesciando la sentenza riguardo all'associazione mafiosa confermò l'accusa. Martedì scorso la Cassazione ha chiuso dopo 5 anni a vicenda escludendo il vincolo mafioso.

Non è una differenza marginale. Certo, altre sentenze hanno stabilito che a Roma esistono formazioni mafiose, sia pure di dimensioni diverse da quelle della mafie storiche come e ' ndrine o Cosa nostra. Ma si tratta di mafie classiche, che operano secondo gli usi di sempre della criminalità organizzata mentre l'impatto dell'ipotesi avanzata dalla procura di Roma mirava proprio a indicare come mafioso uno stile completamente diverso, del tutto privo dei tipici connotati dell'agire mafioso. Il precedente avrebbe permesso di estendere l'accusa di associazione mafiosa, con tutto quel che ciò comporta in termini di carcere duro e pene elevatissime, più o meno all'infinito.

E' anche vero che gli imputati restano condannati con pene che dovrà essere un nuovo processo d'appello a comminare. Però fingere che questo sia equivalente o quasi all'associazione mafiosa è risibile. Senza il 416 bis il processo è derubricato a una vicenda di corruzione come moltissime altre da un lato, a una banda di piccoli malviventi senza neppure un reato di sangue addebitato dall'altro.

Non c'è niente di male o di strano, in sé, nell'ipotizzare un capo d'accusa che viene poi smentito nei tre gradi di giudizio. Il problema si pone quando una vicenda modifica, in attesa del terzo grado di giudizio, la storia di una città e di un Paese, per non parlare della vita di chi questi anni li ha passati in regime di carcere duro. Proprio il non porsi problemi di questo tipo, in nome della lotta alla mafia, o alla corruzione, o all'evasione fiscale o a qualsiasi altra emergenza passi il convento in un momento dato, è la tragedia introdotta dal giustizialismo