Chiara Gribaudo può essere definita a buon diritto una pioniera dell’equo compenso. Nei giorni caldi della battaglia condotta da Andrea Orlando e dal Cnf al Senato, nell’autunno 2017, era stata lei, deputata pd, a firmare l’emendamento decisivo, che aveva reinserito le norme a tutela dei professionisti nel decreto fiscale da cui erano state espulse. È di nuovo lei, sempre da parlamentare dem, a presidiare ora con pochi altri il tema del lavoro intellettuale sottopagato. «Ma non c’è alcun bisogno di prevedere in legge di Bilancio un fondo a copertura dei compensi dovuti dalla Pa per gli incarichi professionali», spiega, interpellata dal Dubbio, con un incipit che parrebbe spiazzante.

«L’equo compenso è un diritto. Punto. Va riconosciuto come tale. Anche da parte delle pubbliche amministrazioni. I bandi a zero euro sono illegali». Dare una disponibilità finanziaria specifica a Regioni, Comuni e a ministeri come il Mef, sempre ingolositi dalla “gratuità” dell’opera professionale, «vorrebbe dire tradurre in una delimitazione quantitativa una condotta precisamente ordinata dalla legge. Non è proprio il caso», secondo Gribaudo. Casomai, assicura, «andrà rafforzata la legge del 2017 in modo che gli enti non debbano solo “garantire il principio“ dell’equo compenso, ma siano esplicitamente vincolati alle norme già tassative per i cosiddetti committenti forti».

È esattamente la posizione del Cnf. Ed è stata espressa dalla massima istituzione forense al tavolo tecnico aperto a via Arenula dal ministrio della Giustizia Alfonso Bonafede con tutte le professioni. Si tratta di una modifica destinata a far parte del provvedimento che, nelle intenzioni del guardasigilli, dovrà appunto “blindare” il diritto dei professionisti a un compenso equo. «Vorrei che il confronto si estendesse a tutte le categorie, anche non ordinistiche», aggiunge Gribaudo, «la legge di fatto lo impone. Intanto in Manovra, più che quantizzare un diritto non violabile, è necessario assicurare anche ai professionisti misure quali l’assegno unico e gli sgravi fiscali.

Ecco, su questo serve una previsione specifica. Sul diritto all’equo compenso, ricordo che il premier Conte ha assunto un impegno all’atto di insediarsi. Avrebbe poco senso pretendere da ogni singolo ente pubblico di questo Paese che ci dica per quali importi ha in mente di affidare incarichi a professionisti esterni. Meglio che sia il legislatore a ricordare a ciascun ente l’unica cosa certa: l’obbligo costituzionale a retribuire in modo dignitoso chiunque lavori».