Eprobabile e presumibile che il presidente del consiglio sia sbiancato quando, pochi giorni fa, ha letto le parole di Matteo Renzi, con la specifica che il suo invito a mollare la delega ai servizi segreti non è certo un ultimatum. Solo un amichevole consiglio e del resto la sua lealtà, ben nota, è garantita. Non è ancora il temuto # giuseppistaisereno però ci va a un passo.

Dopo il trionfo estivo, la marcia dell'avvocato Conte all'improvviso segna in realtà il passo. Appena nominato il nuovo presidente del Copasir Conte ha preso carta e penna per confermare la sua disponibilità a riferire sul Russiagate, versante nostrano, non appena il comitato di controllo parlamentare sui servizi deciderà di audirlo. Il ri- premier avrebbe scritto quella missiva a chiunque fosse stato eletto presidente del Copasir. Ma certo avrebbe preferito che non si trattasse di Raffaele Volpi e in generale di un leghista. In materia di Russiagate Salvini ha con l'inquilino di palazzo Chigi un conto aperto e ci sono pochi dubbi sul fatto che coglierà l'occasione per saldarlo.

Alla fine quell'unico voto di maggioranza ( su cinque commissari) necessario per incoronare il leghista è arrivato. Anche il tentativo di coinvolgere Mattarella, facendogli arrivare quasi una esplicita richiesta di “coprire” con il suo ombrello il premier è andato a vuoto. Non solo dal Colle non è partita alcuna dichiarazione, né formale né informale, in questo senso, ma lo staff di Mattarella ha fatto sapere ai collaboratori di Conte che l'ipotesi era del tutto fuori dalla realtà.

Per la verità Volpi non pare ansioso di convocare Conte per chiedere delucidazioni sugli incontri del 15 agosto e del 27 settembre tra il ministro della giustizia americano Barr, il direttore del Dis Vecchione e i vertici dei servizi segreti italiani. In parte, forse, dipende, dalle esitazioni di Salvini nel prendere di petto una questione che inevitabilmente rinfocolerà le polemiche su Savoini e la trattativa ( fallita) con i russi. Ma in parte anche maggiore la tentazione di rinviare è dovuta all'auspicio che sul ruolo di Conte continuino a uscire indiscrezioni e rivelazioni destinate a rendere la sua posizione sempre più fragile.

In effetti il premier ha iniziato per la prima volta a considerare l'ipotesi di seguire, almeno in apparenza il “consiglio” di Renzi, chiamando proprio Vecchione a palazzo Chigi come “consigliere” sui servizi e forse affidandogli la stessa delega. Ma Vecchione è considerato uomo del medesimo Conte, dunque difficilmente il falso movimento basterà a fermare l'assedio non solo dei leghisti, dall'esterno della maggioranza, ma anche dei renziani dall'interno. E forse degli stessi pentastellati.

Il guaio grosso è proprio il crescente scetticismo dell'M5S. Nel Movimento la tempesta è ormai troppo violenta per riuscire a nasconderla. Le votazioni sui nuovi capigruppo che continuano ad andare a vuoto. L'insofferenza crescente dei parlamentari nei confronti di Di Maio. La latitanza in aula al momento del voto sulla Nadef, passato solo per tre voti e dunque a un cm dalla crisi di governo. Ma se a palazzo Chigi subentrasse, in primavera, un leader dei 5S presumibilmente i mal di pancia di acquieterebbero, anche se non potrebbe che trattarsi proprio di Di Maio.

C'è un ulteriore elemento che indebolisce la posizione di Conte. Nel suo precedente governo la sponda di Bruxelles era lui e non poteva che essere lui, dal momento che Tria, ministro tecnico dell'Economia, non era abbastanza forte. Ora però al Mef c'è Gualtieri, che non è un tecnico, ha le spalle coperte dal secondo partito di maggioranza, il Pd, e che a Bruxelles e Strasburgo si muove con dimestichezza infinitamente superiore a quella del parvenu di palazzo Chigi.

La politica italiana è troppo incerta e tuttora esposta a colpi di scena per autorizzare previsioni o piani a medio termine. I mesi che vanno da qui alla primavera, in un quadro così fragile, sono un'eternità.

Ma è un fatto che nei palazzi della politica si moltiplichino le voci su una manovra già in fase di avanzata preparazione per rovesciare l' “avvocato del popolo” e sostituirlo con Luigi Di Maio. Al cui posto, a quel punto, subentrerebbe Renzi, che ormai da settimane gioca apertamente di sponda con il leader dei 5S. Tutto è ancora vago e incerto. Peseranno sia il corso della legge di bilancio che, soprattutto, le elezioni regionali in calendario da qui alla primavera, con l'Emilia al primissimo posto. Ma per “giuseppi” il tempo di stare sereno potrebbe essere vicino.