Ribelli? «Non ci sono ribelli. Nessuna cospirazione, ma l’unico modo per Luigi Di Maio di tenere unito il Movimento è coinvolgere di più il gruppo dei parlamentari, altrimenti c’è chi se ne andrà. Ora non è più come prima, la gente si incontra di più, perchè dopo un anno ci conosciamo, e parliamo. Anche di politica», spiega un parlamentare.

L’aria che si respira in M5S, stando a fonti parlamentari, non sembra volgere proprio verso il sereno. All’indomani della riforma del taglio del numero dei parlamentari, c’è chi non manca di notare che l’ 80% dei deputati ha votato “schifato” per disciplina di partito e non per convinzione. Si punta il dito contro la figura del Parlamento che è già stato troppo svilito, nè regge la questione del risparmio dei costi che non incideranno su quanto entrerà nelle tasche dei cittadini a cui della riduzione degli eletti, alla fine, non importa niente, è ancora il ragionamento.

Insomma, una battaglia di bandiera a cui però, dopo la campagna anti casta, non ci si poteva sottrarre: «Ognuno si è chiesto: devo essere io il primo a metterci la faccia, additato per aver votato contro?», spiega un’altra fonte in Parlamento a cui si è aggiunta la paura di mettere in difficoltà il Movimento qualora ci si fosse sfilati. In ogni caso, c’è chi continua ad osservare, alla quasi vigilia della kermesse di Italia a 5 Stelle, che non c’è chiarezza sulla linea politica e sulle nomine resta il malumore, con decisioni calate dall’alto.

Per esempio sul dl interministeriale che riguarda il rimpatrio dei migranti, perchè non «parlare con i gruppi prima di assumere una decisione? E ancora: il dl imprese che contiene le norme sull’Ilva. Potrebbe aprirsi un nuovo fronte sulle norme relative all’immunità giudiziaria». E c’è anche poi la questione degli emendamenti presentati al Senato che prevedono la trasformazione in ente pubblico dell’associazione italiana alberghi della gioventù. Associazione che ha milioni di debiti viene sottolineato da alcuni malpancisti - e che è sottoposta a procedura fallimentare.

Debiti che, nel caso si arrivasse a farla diventare ente pubblico, andrebbero a carico dello Stato. Una norma fortemente osteggiata, si apprende, da una parte dei grillini. Stasera, intanto, si conosceranno i nomi dei nuovi capigruppo di Camera e Senato, e anche qui non sono mancate polemiche. Si va verso la fumata nera, perché, per essere eletti, serve la maggioranza assoluta dei componenti dei gruppi.

La sfida è in corso ancora in tarda serata: alla Camera le votazioni sono state chiuse alle 18.45, mentre lo spoglio delle schede inizierà mezz’ora dopo il termine dei lavori dell’Aula e dovrebbe essere piuttosto rapido; al Senato - dove la partita è sicuramente più delicata per gli equilibri interni al M5S- si vota fino alle 20 e subito dopo si darà inizio allo spoglio Se venisse confermata la fumata nera, sarà necessario una nuova votazione con un ballottaggio tra i due parlamentari più votati, oggi chiamati a succedere a Francesco D’Uva, eletto questore a Montecitorio, e a Stefano Patuanelli, diventato ministro dello Sviluppo economico. Alla Camera i candidati sono Anna Macina, Francesco Silvestri e Raffaele Trano, mentre al Senato la sfida è tra Danilo Toninelli, Gianluca Perilli, Stefano Lucidi e Marco Pellegrini.

Toninelli, già capogruppo prima di essere “promosso” al ministero delle Infrastrutture nell’esecutivo gialloverde, sarebbe chiamato a tenere a bada i malumori e perciò guardato con diffidenza dai più critici verso i vertici pentastellati. Anche all’attuale vice capogruppo Perilli, “nato” come ortodosso, molti rimproverano di essere diventato troppo filogovernativo. Il corsa per succedere a Patuanelli ci sono poi Lucidi e Pellegrini: il primo, al secondo mandato al Senato, viene considerato un critico seppur dialogante, il secondo, che è alla prima esperienza in Parlamento, ha saputo raccogliere la stima di molti colleghi, ma è difficile che possa spuntarla.