Sarò rozzo. Almeno quanto è rozzo il ragionamento che porterà, fra qualche ora, l’Aula di Montecitorio a ridurre i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. “Taglio” lo definiscono dall’alto della loro cultura istituzionale i giuristi della Casaleggio & Associati. Ma sarebbe più giusto definirla un’amputazione senza anestesia. Ad ogni modo si tratta della più drastica e scriteriata manomissione del nostro sistema istituzionale, sostenuta da un solo argomento: basta con le poltrone, ‘ Basta con la Casta’. Come se la Casta fosse questione di numeri e non di privilegi. Quando per risparmiare, a titolo d’esempio, si poteva incidere sulle indennità e i benefit dei parlamentari.
Ma vuoi mettere l’effetto che fa annunciare che è fatta, e cantare che “il nemico è vinto, è battuto”. Becchime per i polli. E chissenefrega della dell’articolazione della democrazia e del pluralismo e della tutela delle minoranze e della adeguata rappresentanza delle diverse aree del Paese. Il film già visto per il reddito di cittadinanza e l’abolizione della povertà. Si affacceranno nuovamente al balcone per festeggiare la sconfitta della Casta quando, in realtà, l’avranno soltanto sostituita con una nuova e più ristretta élite.
E dispiace leggere di insigni giuristi che in questo sfregio alla Costituzione vedono la possibilità di una miglior selezione del ceto politico, finalmente scelto su basi etiche e di maggior rappresentatività e competenza. Succederà esattamente il contrario. Un ceto politico che cercherà soltanto di autotutelarsi e riprodursi. D’altronde, non s’improvvisa una classe dirigente con le geometrie istituzionali. Servono lunghi processi storici ed economici, condizioni sociali e culturali per far emergere quadri adeguati. Discorso che vale anche in direzione opposta: il populismo imperante, da Trump a Bolsonaro, ne è una riprova.
Del resto, la proposta in questione si nutre della stessa logica di chi vorrebbe introdurre il vincolo di mandato per deputati e senatori. Ricordate i frizzi e i lazzi di quando Berlusconi pretendeva che, per mettersi al riparo dei franchi tiratori, fossero soltanto i capigruppo a votare nelle aule parlamentari. Qui è anche peggio! Si vorrebbe che a decidere sia uno soltanto, il capo partito. Che, magari dietro la sua scrivania, a capo di una società privata, deciderà poi in base a sue personalissime valutazioni cosa è bene e cosa è male per il Paese. Altro che pieni poteri. La democrazia rinsecchirebbe in una sola stagione e non so quale termine scoverebbe oggi Marco Pannella per denunciare una tale deriva partitocratica.
Di certo, c’è che il culto della democrazia ( anche quando la si vorrebbe diretta) è davvero ben poca cosa per gran parte degli attuali esponenti politici. E dispiace che il Pd aggiunga il suo voto favorevole a questa legge di riduzione dei parlamentari, firmata dall’allora ministro Fraccaro, dopo averla contrastata per 14 mesi e votato contro in ben tre precedenti passaggi d’Aula. Per intenderci, tutto è perfettibile. Personalmente ritengo intoccabile soltanto la prima parte della nostra Costituzione. Quella dedicata ai principi fondamentali della nostra Repubblica. Di tutto il resto si può discutere.
E ricordo che di riduzione del numero dei parlamentari e di riforma della struttura dello Stato si parla da più di quarant’anni. In archivio sono disponibili gli atti e i documenti delle Commissioni presiedute da Aldo Bozzi, da Ciriaco De Mica e Nilde Iotti e fino alla bicamerale presieduta da Massimo D’Alema. Un approfondito lavoro di studio e di ricerca. Non l’approssimazione e l’improvvisazione di oggi. Provate a chiedere al primo deputato grillino che incontrate per strada: perché un Senato di 200 membri e non 150 oppure 100 ( che farebbe anche più yankee)? Quello allargherà le braccia, ma non vi darà una risposta compiuta.
Persino la “deforma” immaginata da Matteo Renzi si nutriva almeno di un ragionamento alto e ambizioso: non soltanto la riduzione dei parlamentari, ma diversificare composizione, compiti e funzioni di Camera e Senato. Qui soltanto la propaganda, dietro il vuoto. C’è da sperare che il quorum di oggi ( o domani) a Montecitorio non impedisca un ricorso allo strumento referendario e che la sollevazione indignata di un’intellighentia, rimasta colpevolmente silente nell’ultimo anno, possa rimediare in parte al danno che intanto si sarà prodotto.
Celebrano la vittoria contro le poltrone per sostituirle con una élite più ristretta
Sarò rozzo. Almeno quanto è rozzo il ragionamento che porterà, fra qualche ora, l’Aula di Montecitorio a ridurre i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. “Taglio” lo definiscono dall’alto della loro cultura istituzionale i giuristi della Casaleggio & Associati. Ma sarebbe più giusto definirla un’amputazione senza anestesia. Ad ogni modo si tratta della più drastica e scriteriata manomissione del nostro sistema istituzionale, sostenuta da un solo argomento: basta con le poltrone, ‘ Basta con la Casta’. Come se la Casta fosse questione di numeri e non di privilegi. Quando per risparmiare, a titolo d’esempio, si poteva incidere sulle indennità e i benefit dei parlamentari.
Ma vuoi mettere l’effetto che fa annunciare che è fatta, e cantare che “il nemico è vinto, è battuto”. Becchime per i polli. E chissenefrega della dell’articolazione della democrazia e del pluralismo e della tutela delle minoranze e della adeguata rappresentanza delle diverse aree del Paese. Il film già visto per il reddito di cittadinanza e l’abolizione della povertà. Si affacceranno nuovamente al balcone per festeggiare la sconfitta della Casta quando, in realtà, l’avranno soltanto sostituita con una nuova e più ristretta élite.
E dispiace leggere di insigni giuristi che in questo sfregio alla Costituzione vedono la possibilità di una miglior selezione del ceto politico, finalmente scelto su basi etiche e di maggior rappresentatività e competenza. Succederà esattamente il contrario. Un ceto politico che cercherà soltanto di autotutelarsi e riprodursi. D’altronde, non s’improvvisa una classe dirigente con le geometrie istituzionali. Servono lunghi processi storici ed economici, condizioni sociali e culturali per far emergere quadri adeguati. Discorso che vale anche in direzione opposta: il populismo imperante, da Trump a Bolsonaro, ne è una riprova.
Del resto, la proposta in questione si nutre della stessa logica di chi vorrebbe introdurre il vincolo di mandato per deputati e senatori. Ricordate i frizzi e i lazzi di quando Berlusconi pretendeva che, per mettersi al riparo dei franchi tiratori, fossero soltanto i capigruppo a votare nelle aule parlamentari. Qui è anche peggio! Si vorrebbe che a decidere sia uno soltanto, il capo partito. Che, magari dietro la sua scrivania, a capo di una società privata, deciderà poi in base a sue personalissime valutazioni cosa è bene e cosa è male per il Paese. Altro che pieni poteri. La democrazia rinsecchirebbe in una sola stagione e non so quale termine scoverebbe oggi Marco Pannella per denunciare una tale deriva partitocratica.
Di certo, c’è che il culto della democrazia ( anche quando la si vorrebbe diretta) è davvero ben poca cosa per gran parte degli attuali esponenti politici. E dispiace che il Pd aggiunga il suo voto favorevole a questa legge di riduzione dei parlamentari, firmata dall’allora ministro Fraccaro, dopo averla contrastata per 14 mesi e votato contro in ben tre precedenti passaggi d’Aula. Per intenderci, tutto è perfettibile. Personalmente ritengo intoccabile soltanto la prima parte della nostra Costituzione. Quella dedicata ai principi fondamentali della nostra Repubblica. Di tutto il resto si può discutere.
E ricordo che di riduzione del numero dei parlamentari e di riforma della struttura dello Stato si parla da più di quarant’anni. In archivio sono disponibili gli atti e i documenti delle Commissioni presiedute da Aldo Bozzi, da Ciriaco De Mica e Nilde Iotti e fino alla bicamerale presieduta da Massimo D’Alema. Un approfondito lavoro di studio e di ricerca. Non l’approssimazione e l’improvvisazione di oggi. Provate a chiedere al primo deputato grillino che incontrate per strada: perché un Senato di 200 membri e non 150 oppure 100 ( che farebbe anche più yankee)? Quello allargherà le braccia, ma non vi darà una risposta compiuta.
Persino la “deforma” immaginata da Matteo Renzi si nutriva almeno di un ragionamento alto e ambizioso: non soltanto la riduzione dei parlamentari, ma diversificare composizione, compiti e funzioni di Camera e Senato. Qui soltanto la propaganda, dietro il vuoto. C’è da sperare che il quorum di oggi ( o domani) a Montecitorio non impedisca un ricorso allo strumento referendario e che la sollevazione indignata di un’intellighentia, rimasta colpevolmente silente nell’ultimo anno, possa rimediare in parte al danno che intanto si sarà prodotto.
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