Joaquin Guzman Loera, messicano, meglio conosciuto come “El Chapo”, uno dei più potenti e sanguinari boss del narcotraffico. Il sessantaduenne creatore e capo del cartello di Sinaloa, equiparato al celebre signore della droga colombiano Pablo Escobar Gaviria, sta scontando 10 aergastoli negli Stati Uniti, una storia criminale giunta al capolinea ma che continua a rivelare altre vicende capaci di terremotare interi paesi del Latinoamerica.

E' il caso dell'inchiesta portata avanti dal procuratore di New York Jason Richman che ha accusato l'attuale presidente dell'Honduras Juan Orlando Hernandez di aver intascato milioni di dollari in tangenti provenienti dai patrimoni sterminati di diversi “narcos”, tra questi anche e soprattutto “El Chapo”.

A fungere da tramite tra Juan Guzman e Hernandez sarebbe stato il fratello di quest'ultimo. Si tratta dell'ex deputato Juan Antonio ' Tony' Hernàndez Alvarado, arrestato nel novembre 2018 a Miami durante un'operazione antidroga.

“Tony” Alvarado, che si trova in una prigione Usa, è accusato di traffico internazionale di droga, possesso di armi da fuoco, dichiarazioni false e sarebbe coinvolto in almeno due omicidi tra il 2011 e il 2013. Rischia da un minimo di 5 anni fino all'ergastolo.

L'accusa, nel processo a suo carico in corso a New York, sostiene che «l'imputato è stato protetto dal presidente, ha ricevuto milioni di dollari da personaggi come Chapo Guzmàn, il quale ha consegnato personalmente un milione di dollari all'imputato per suo fratello».

Hernandez ha respinto tutte le accuse definendole «false al cento per cento, assurde e ridicole. Meno serie di Alice nel Paese delle Meraviglie». In ogni modo sarà difficile provare la sua innocenza vista la carriera criminale del fratello che per Richman «faceva parte di un'organizzazione sponsorizzata dallo Stato che distribuiva la cocaina negli Stati Uniti per anni e che i sindaci, i deputati, i militari, i capi di polizia lo proteggevano».