Il carcere napoletano di Poggioreale, oramai conosciuto con l’appellativo “mostro di cemento”, miete l’ennesima vittima. Si tratta di un 40enne pugliese, Sergio Caputo, e si è impiccato giovedì pomeriggio. Lo ha reso noto Samuele Ciambriello, il garante campano dei detenuti. «Ad oggi su 33 suicidi in Italia, ben sei sono campani – ha detto Ciambriello – tre a Poggioreale, uno nel carcere di Secondigliano e poi a Benevento e ad Aversa. Va rafforzato il sistema di prevenzione dei suicidi che è stato varato dal ministero. Bisogna agire con una maggiore formazione specifica per la polizia penitenziaria, bisogna prevenire, intuire il disagio, avere più figure multidisciplinari che agiscono in rete».

L’uomo che si è impiccato, affetto da Aids, era stato trasferimento dal carcere pugliese per ordine e sicurezza. Il Dap lo ha allontanato, quindi, da dove aveva anche processi in corso. Parliamo di una delle tante “girandole dei detenuti”, fenomeno descritto recentemente da Il Dubbio per denunciare i continui trasferimenti da un carcere all’altro che subiscono i detenuti per provvedimenti disciplinari. A Poggioreale era in cella singola, nel padiglione Avellino destro. Secondo il garante «vanno rafforzate le figure sociali nelle carceri, c’è bisogno anche di psichiatri. La sanità regionale deve fare molto di più». La solidarietà spesso c’è, visto che «ad oggi, negli ultimi due anni sono stati sventati oltre 100 suicidi dalla polizia penitenziaria» ma per Ciambriello serve anche altro: «attività trattamentali nel pomeriggio, la presenza di educatori, di commissari. Bisogna elaborare una cultura del carcere e sul carcere, le pene detentive devono essere garantite salvaguardando dignità e assistenza socio sanitaria. Certezza della pena e qualità della pena».

Interviene anche Rita Bernardini del Partito Radicale, ricordando che quello di Poggioreale si tratta di un carcere «dove 2.100 detenuti sono costretti a vivere in 1.400 posti, dove dei 20 educatori ( già pochi) solo 14 sono in servizio, dove gli agenti sono 156 in meno di quelli previsti e dove i dirigenti non forniscono notizie sui detenuti impegnati nelle attività scolastiche e lavorative». Mentre si piange l’ennesima vittima, per un altro suicidio avvenuto sempre nello stesso carcere napoletano si aleggia il sospetto di un omicidio. Parliamo del 29enne Diego Cinque. Quando alle 8.20 del 16 ottobre 2018, viene ritrovato impiccato nel bagno della sua cella, tutti erano convinti che si sia ucciso da solo. E anche il medico legale aveva avallato questa ipotesi.

Ma la versione non convince il fratello Cristian e la sua famiglia. «Appena ho visto il cadavere - ha raccontato Cristian - ho avuto l'impressione che mi volesse comunicare che non si era ucciso. Il suo corpo era contratto, come se avesse preso parte a una colluttazione, come se avesse fatto resistenza. Abbiamo nominato un nostro medico legale e i dettagli che portano a pensare che non si tratti di suicidio sono molti». Infatti, nelle sue conclusioni, il consulente della famiglia Cinque afferma che «(…) una serena e approfondita analisi della lesività riscontrata non consente di escludere l’azione di terzi nel determinismo o nell’attuazione della sospensione del cadavere del Sig. Cinque Diego». In parole povere, esiste la possibilità che qualcuno abbia inscenato l’auto impiccagione dopo averlo ammazzato.

Ma ritorniamo al padiglione dove si è suicidato giovedì Sergio Caputo, “Avellino destro”. Nella recente relazione del garante nazionale delle persone private della libertà, vengono descritte le sue condizioni materiali. La delegazione del Garante ha osservato che nella sezione ci sono ad esempio le stanze numero 12 e 14 dove i fili elettrici erano scoperti, nella stanza numero 12 le pareti erano coperte di pezzi di dentifricio secco, in gran parte dei bagni i soffioni delle docce erano mancanti e sostituiti da una bottiglia plastica. Particolarmente degradato il servizio igienico della stanza numero 10, con il soffitto nero di umidità. Positivo è il dato della possibile fruizione di acqua calda. Nelle stanze non c’è il televisore e mancano gli armadietti per cui i vestiti e i generi alimentari sono appoggiati sul letto o per terra. Ma è l’intero carcere ad avere gravi problemi. Così come evidenziato sempre nella relazione del Garante, ci sono rischi di maltrattamento e alcuni episodi sono sottoposti al vaglio della Procura.