C’è un capitolo decisivo nel libro delle riforme costituzionali che maggioranza e governo si apprestano a scrivere. Nella base dell’accordo M5S- Pd, al primo posto - anche temporalmente - figura il via libera definitivo al taglio dei parlamentari, storico cavallo di battaglia pentastellato a cui i Democratici si sono adeguati dopo aver votato no a raffica. Per digerire il boccone, Zingaretti ha chiesto che la misura venisse accompagnata da altri provvedimenti di compensazione, in modo da mantenere l’equilibro istituzionale disegnato nella Carta. E’ in quest’ambito che si colloca la madre di tutte le battaglie: quella della revisione del sistema elettorale. Si può procedere per via ordinaria, pur se c’è chi non rinuncia all’ambizione di un maggioritario di tipo francese, con annessa elezione diretta del capo dello Stato.

Nel florilegio di opportunità in campo, sarebbe davvero sorprendente se venisse messa da parte una riforma che è già pronta, già incardinata nelle Commissioni parlamentari e che ha ricevuto il via libera di praticamente tutte le più alte cariche istituzionali. Si tratta dell’inserimento strutturale in Costituzione della figura dell’avvocato.

Non è un tema di parte, né la velleità egoica di una categoria. Bensì concerne il ruolo sociale dell’avvocato, attiene al suo compito di «promotore della composizione sociale» come ha in più occasioni sottolineato il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin. Anche nelle settimane della crisi, quando sembrava che il Palazzo avesse perso la bussola, e ancora adesso dopo il varo della nuova maggioranza, il Cnf si è speso senza sosta, con un lavoro sotterraneo e continuo, affinché quanto seminato non venisse disperso. Perché inserire l’avvocato in Costituzione significa dare risalto alla tutela dei più deboli e offrire le irrinunciabili garanzie giuridiche perfino a coloro che agli occhi della pubblica opinione si macchiano di delitti così gravi da non meritare alcuna difesa. Se così fosse, si aprirebbe una crepa enorme e inaccettabile nello Stato di diritto.

Non basta. L’avvocato in Costituzione è certificazione di effettiva parità tra accusa e difesa, sicurezza del giusto contraddittorio nei processi, compimento e completezza di quanto già disposto dall’articolo 111 della Carta. Non ci vuole molto. E’ corretto sostenere che la riforma gode di un vasto consenso, politico e sociale. A maggior ragione si tratta di un’occasione da non sprecare.