Nove misure cautelari nell'ambito dell'inchiesta bis riguardante i report «ammorbiditi» sulle condizioni dei viadotti gestiti da Autostrade. Un’indagine partita dopo il crollo del ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018, che aveva portato all'iscrizione nel registro degli indagati di 15 persone tra dirigenti e tecnici di Aspi e Spea. Secondo le indagini, le relazioni sullo stato dei viadotti controllati sarebbero state edulcorate. Per l'accusa, in certi casi, i report erano quasi routinari e quindi non corrispondenti al vero stato dei viadotti. La circostanza era emersa nel corso degli interrogatori dei testimoni durante le indagini sul crollo del Morandi. In particolare, i tecnici di Spea avevano raccontato agli inquirenti che i report «talvolta erano stati cambiati dopo le riunioni con il supervisore Maurizio Ceneri mentre in altri casi era stato Ceneri stesso a modificarli senza consultarsi con gli altri».

Ieri sono stati eseguiti tre arresti e sei interdittive. Ai domiciliari sono finiti Massimiliano Giacobbi ( Spea), Gianni Marrone ( direzione VIII tronco) e Lucio Torricelli Ferretti ( direzione VIII tronco). Le misure interdittive - si tratta di sospensione dai pubblici servizi per 12 mesi - riguardano invece tecnici e funzionari di Spea e Aspi: Maurizio Ceneri, Andrea Indovino, Luigi Vastola, Gaetano Di Mundo, Francesco D’Antona e Angelo Salcuni.

Le indagini hanno fatto emergere gravi indizi di colpevolezza in ordine ad atti pubblici redatti da pubblici ufficiali ed afferenti alle attività di controllo sui viadotti Pecetti ( A26) e Paolillo ( A16), reiterati anche successivamente al crollo del Ponte Morandi. In alcuni casi si sarebbe trattato di falsificazioni e omissioni concordate, finalizzate ad occultare agli ispettori del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti elementi rilevanti sulla condizione dei manufatti ed il loro stato di conservazione, in occasioni di attività ispettive e nell’ambito della vigilanza ministeriale, che avrebbero comportato una verifica globale dell’opera ed altre misure precauzionali. Secondo quanto si legge nell’ordinanza del gip Nutini, nell’agosto 2018 il dipendente Spea, Costa ( impiegato tecnico nell’ufficio Collaudi e Controlli Non Distruttivi) diretto dall’ingegner Maurizio Ceneri, «constata la rottura di uno dei cavi del ponte, da individuare “con grande probabilità” in uno di quelli centrali da 12 trefoli». Un dato finito in un report che lo stesso Costa, successivamente, scopre esser stato «arbitrariamente modificato senza esserne messo al corrente - si legge nell’ordinanza - L’autore delle modifiche è lo stesso Ceneri che firmò la relazione in cui veniva indicata la rottura di un altro cavo, composto non da 12 ma da 8 trefoli, che recava quindi una perdita di precompressione inferiore rispetto a quella stimata da Costa». La relazione, ricostruisce il gip, venne utilizzata come parametro per consentire i trasporti eccezionali. I report erano stati redatti a settembre e ottobre, a indagini legate al crollo di ponte Morandi, in corso.

Andrea Indovino qualche dubbio sulla stabilità del viadotto Pecetti la espresse, soprattutto quando - si legge nell’ordinanza - si trovò a redigere la relazione. Era convinto che non vi fossero le condizioni per autorizzare il trasporto eccezionale e manifestò le proprie perplessità apertamente sin da quando gli venne assegnato il compito di redigere la relazione. Dopo la tragedia del ponte Morandi, lo stesso aggiungeva che «Non è possibile una superficialità così spinta dopo il 14 agosto, cioè - diceva al telefono con la responsabile della sorveglianza del’Utsa di Genova - vuol dire che la gente coinvolta non ha capito veramente un ca.. o», «ma proprio eticamente», peraltro concludendo, «però, che prima di dire no secco, perché poi alla fine ti chiedono nuovamente il perché... prima di dire no secco mi sembra corretto esplorare tutte le possibilità in modo razionale», e dunque - sottolinea il Gip - non rinunciando, nonostante le premesse, a soddisfare le richieste che sono state formulate in relazione ad un cliente tanto importante» .