Sarebbe dovuto uscire di prigione il prossimo 22 settembre ma non accadrà. Julian Assange dovrà rimanere nella prigione inglese di Belmarsh, lì attenderà l'udienza e il dibattimento sulla sua eventuale estradizione negli Stati Uniti che si terrà a febbraio.

E' stato il tribunale di Westminister a prendere la decisione sulla mancata scarcerazione, secondo i giudici tutto deriva dalla “storia di fuga” che ha segnato la vita di Assange dal 2012, anno nel quale si rifugiò nell'ambasciata ecuadoriana per sfuggire alle accuse che riguardavano una presunta violenza sessuale compiuta in Svezia ma mai dimostrata dai magistrati.

Il timore del fondatore di Wilileaks era quello di essere in realtà condotto negli Stati Uniti dove rischia fino a cinque anni di prigione per divulgazione di segreti governativi. Donald Trump in tal senso farebbe carte false per ottenere il suo scalpo, magari in piena campagna elettorale.

Il segretario agli Interni Sajid Javid ha già firmato i documenti per il trasferimento alla giustizia statunitense di Assange nel giugno scorso, nel frattempo il 48enne giornalista australiano catturato nella sede diplomatica del paese sudamericano ad aprile è stato condannato a cinquanta settimane di carcere, pena che sta attualmente scontando.

Il giudice distrettuale Vanessa Baraitser ha motivato il divieto di uscita molto chiaramente, rivolgendosi ad Assange ieri in collegamento video ha comunicato: «lei è stato convocato perchè la sua pena detentiva sta per terminare. Quando ciò accade il suo stato di custodia passa da prigioniero recluso a quello di persona che sta affrontando una decisione sull'estradizione. Pertanto ho dato al suo avvocato la possibilità di presentare domanda di cauzione ma ha rifiutato di farlo. Forse non sorprendentemente alla luce della sua storia di fughe rispetto i procedimenti giudiziari». Secondo quanto riportano le cronache, ad Assange è stato chiesto se avesse ben compreso cosa stesse succedendo, l'uomo è parso perplesso a avrebbe risposto: «Non proprio. Sono sicuro che gli avvocati me lo spiegheranno».

Non si tratta di una circostanza di poco conto visto che prima della decisione finale sull'estradizione, si svolgeranno altre due audizioni preliminari il prossimo ottobre.

Probabilmente, secondo i giudici, è in questo lasso di tempo che Assange potrebbe tentare una nuova fuga.

Una convinzione ribadita sempre dalla Baratiser: «Dal mio punto di vista ho il fondato motivo che se la liberassi scapperebbe di nuovo».

Una volta estradato negli Usa per Assange si aprirebbe una battaglia giudiziaria difficilissima, è accusato infatti di aver commesso ben 18 reati tra i quali l'uso improprio di tecnologia informatica e la pubblicazione di informazioni riservate riguardanti la difesa e la sicurezza nazionale americana. Per il Dipartimento di Giustizia di Washington avrebbe collaborato attivamente con Chelsea Manning, l'ex analista di intelligence dell'esercito americano con la quale avrebbe divulgato documenti classificati.